Il sistema ferroviario: hardware e software

Scritto a febbraio 2013

Questo articolo si occupa delle interazioni tra le infrastrutture ferroviarie e il servizio che vi si svolge, evidenziando il legame tra questi due aspetti, molto più stretto e vincolante di quanto non avvenga in altri tipi di infrastrutture di trasporto.

Viene preso come esempio il percorso di crescita del Servizio Ferroviario Regionale della Lombardia nel corso dell'ultimo decennio: in Lombardia le attivazioni infrastrutturali sono state fatte seguire da un corrispondente aumento di offerta di trasporto, in modo da garantire il pieno sfruttamento delle nuove infrastrutture man mano pronte (Passante, raddoppi, quadruplicamenti) all'interno di un progetto ordinato di servizi ferroviari regionali e suburbani.

Nel considerare il caso lombardo, non si può fare a meno di evidenziare il contesto nazionale che, nel medesimo periodo, ha in genere depotenziato i servizi ferroviari regionali, tagliando corse e chiudendo linee, in pressoché totale assenza di progetti di organizzazione del sistema di trasporto, ottenendo una significativa riduzione dell'efficienza complessiva del sistema.


Una variante lievemente semplificata di questo articolo compare al capitolo 5 "Il sistema ferroviario" del volume "Le infrastrutture del futuro. Idee e proposte per i governi che verranno", pubblicato da Regione Lombardia a febbraio 2013 ( testo completo di 78 pagine, dal sito regionale).


Contenuto:

 


Un gap infrastrutturale?

Si trova in rete un interessante articolo (Paolo Beria, Trasporti guidati dai luoghi comuni, 2011) in cui compare un elenco di "luoghi comuni" su cui, a detta dell'autore, si è fossilizzato il dibattito sui trasporti, impedendo di fatto un approccio oggettivo e ragionato all'argomento. I luoghi comuni comprendono i temi che seguono.

Al di là dell'intento volutamente provocatorio, è evidente un significativo fondo di verità in queste assunzioni. Se ad esempio prendiamo l'esempio di trasporto pubblico oggettivamente di maggior successo di questo decennio, e cioè il sistema ad alta velocità delle Ferrovie dello Stato, ci accorgiamo facilmente che esso è la più chiara smentita del quarto punto. E' ormai assodato che l'Alta Velocità italiana è stata integralmente costruita con risorse pubbliche statali, nonostante nei primi anni '90 fosse stata a lungo divulgata l'idea di un ingente finanziamento privato. Questo ha anche effetti non trascurabili sulla valutazione economica dell'attuale servizio AV, che si sostiene sì senza contributi pubblici, come spesso sottolineano gli operatori, ma limitatamente alla spesa corrente per l'esercizio. La sua stessa esistenza è invece inequivocabilmente legata al (rilevante) costo infrastrutturale sostenuto dallo Stato.

Del resto l'intero sistema-ferrovia è un sistema sussidiato, pressoché ovunque nel mondo. Questo è tutt'altro che un male, visti gli indubbi benefici ambientali, sociali, di sicurezza e di efficienza che esso comporta rispetto ad altri modi di trasporto, ma è cosa da tenere sempre ben presente, perché impone in modo pressante l'onere di valutare con cura sia l'utilizzo delle risorse finanziarie, sia le scelte di programmazione del servizio e delle relative infrastrutture.


Hardware e software

I sistemi di trasporto pubblico possono essere vantaggiosamente descritti ricorrendo alla similitudine dell'hardware e del software. Se consideriamo in particolare le ferrovie, l'hardware è costituito dai binari e dai treni, il software è invece il tipo di servizio che vi si svolge: il numero di corse, la frequenza, le relazioni servite, la velocità; cioè, in un'unica parola, l'orario.

E' evidente che la sola valutazione dell'hardware non permette di giudicare la bontà del servizio ferroviario, e anzi si presta a interpretazioni addirittura fuorvianti. Quando si stava realizzando la linea AV Milano-Torino, nel 2006, si leggeva nei pannelli divulgativi esposti nelle stazioni che la linea "permetterà di collegare le due città con 286 treni al giorno e di raggiungere agevolmente da Torino l'aeroporto internazionale della Malpensa". I 286 treni al giorno corrispondono a un treno ogni 8 minuti (dalle 6 alle 24), cioè un valore che assomiglia molto alla capacità teorica della linea, più che all'idea realistica di un servizio offerto. E infatti la linea venne aperta con appena una decina di treni al giorno, e oggi ne conta solo 40, tra Frecciarossa e .italo, di cui naturalmente nessuno va a Malpensa.

 

Promesse confuse e utilizzo reale

Immagine di un pannello didattico della linea AV, in un'esposizione connessa con le Olimpiadi di Torino, il 23 febbraio 2006. La tratta Torino-Novara è stata aperta a gennaio 2006; la successiva tratta Novara-Milano è stata completata a dicembre 2009.

 

Se queste sono le (poco incoraggianti) premesse, vale la pena di soffermarsi su un caso in cui hardware e software sono andati ragionevolmente in parallelo, creando qualcosa che riteniamo sia un esempio ineguagliato nel panorama italiano. E' questo il caso del Servizio Ferroviario Regionale della Lombardia.


Un progetto che arriva da lontano

Negli anni '80 si comincia a pensare a un nuovo hardware

Nel 1980 arrivano le carrozze a due piani "Casaralta" di modello francese: 150 posti a sedere un po' sacrificati, ma porte ampie e vestiboli spaziosi. E' il primo pezzo di hardware della ferrovia... in attesa di un software ancora di là da venire (e anche di tanto altro hardware, prima di tutto il Passante).

 

Nel decennio 2003-2012 la Lombardia ha potuto godere di una situazione ferroviaria probabilmente irripetibile, in cui si sono rese disponibili infrastrutture che erano in costruzione o in progettazione addirittura dai primi anni '80: il Passante Ferroviario di Milano, i quadruplicamenti e raddoppi delle linee da Milano verso Treviglio, Lecco e Abbiategrasso, la riapertura della linea Saronno-Seregno, vari altri interventi su rete Ferrovienord, oltre naturalmente all'Alta Velocità per Bologna.

In realtà il software per tutto questo hardware era stato progettato anch'esso da lungo tempo: il Piano Regionale dei Trasporti del 1982 disegnava una Lombardia ferroviaria allora all'avanguardia, distinguendo il servizio in comprensoriale, regionale e interpolo, e aveva il suo cardine nel Passante, che in quello stesso anno si cominciava a costruire. Ma proprio i 26 anni occorsi per completarlo avevano impedito di dare reale attuazione al Piano.

Con l'acquisizione delle competenze sul servizio ferroviario, nel 2001, la Regione si è trovata nelle condizioni di poter mettere a frutto l'investimento progettuale e infrastrutturale della generazione precedente. Ciò che nel 1982 venne chiamato servizio comprensoriale è diventato nel frattempo il sistema di Linee S, cioè il servizio suburbano, in cui la sigla riprende le celebri S-Bahn di lingua tedesca. Analogamente i treni interpolo si chiamano oggi RegioExpress ma il significato è del tutto immutato, a confermare la validità del Piano originale.


Oggi quel progetto è arrivato a completamento. A dicembre 2011 è stata inaugurata la linea S13 Milano Passante - Pavia: l'ultima direttrice in uscita da Milano a cui mancava ancora un servizio suburbano. La S13 è stata anche la prima Linea S fortemente richiesta dagli stessi viaggiatori, autentico punto di svolta nella percezione del treno e segno evidente che questa nuova ferrovia comincia ad essere patrimonio comune dei cittadini lombardi, in netta controtendenza con la percezione diffusa nel Paese.

Dal 2012 l'intero servizio ferroviario lombardo offre un orario ordinato e strutturato, secondo le regole delle coincidenze nei nodi di interscambio, del cadenzamento e della simmetria degli orari (un artificio tecnico per far sì che le coincidenze funzionino in entrambe le direzioni, come è necessario affinché possano essere utilizzate).

 

2004-2012: nasce il sistema S

Le linee S dell'area milanese, come erano nate a dicembre 2004, estese verso il quadrante di nord ovest, e come si sono sostanzialmente completate a dicembre 2011 (S13 per Pavia) e dicembre 2012 (S9 prolungata a Saronno).

Un linguaggio comune.

Il simbolo S è presente in buona parte d'Europa, con lo stesso significato di ferrovia suburbana, a cominciare dalle celebri S- Bahn tedesche (la S in campo verde). La Lombardia a dicembre 2004 ha scelto di utilizzare anch'essa la S, disegnandola in un quadrato blu.

 


Mettere a frutto l'infrastruttura

Il progetto lombardo è nato in ambito tecnico, negli uffici della Regione, ma era una chiara proposta politica, cioè disegnava una strategia di sviluppo di lungo periodo, delineando il futuro della ferrovia e mettendo a frutto gli investimenti infrastrutturali che si stavano man mano completando. Le linee S si sono infatti espanse in quasi completo sincronismo con le attivazioni infrastrutturali: ad esempio la S5 è stata prolungata a Treviglio grazie al quadruplicamento della relativa linea, la S9 è arrivata ad Albairate con il raddoppio dei binari e a Saronno con la riapertura della linea da Seregno, la connessione tra Milano Centrale e Milano Bovisa è stata utilizzata per realizzare un nuovo collegamento verso l'aeroporto di Malpensa, e così via.

In tutte queste situazioni il rilascio infrastrutturale ha prodotto un aumento netto di offerta di trasporto: le corse così attivate (oltre 600 nel triennio 2010-12) sono realmente servizi aggiuntivi, che si sommano all'offerta regionale preesistente, la quale a sua volta può essere velocizzata, a vantaggio dei viaggiatori che arrivano da più lontano, grazie al fatto che la tratta suburbana è ora servita dalle nuove Linee S.

 

Lo schema di principio del sistema basato sulla metropolitana, le linee Suburbane e il servizio Regionale. L'aggiunta dei servizi S nel cerchio intermedio permette ai servizi R di saltare le fermate suburbane e quindi di "avvicinare" le località del cerchio esterno, con servizi più veloci dedicati a chi arriva da più lontano.

La frequenza di progetto delle linee S è di un treno ogni 30 minuti tutto il giorno, tutti i giorni. Oggi tale frequenza è presente su S1, S3, S4, S5, S6, S9, S13 mentre S2, S8 ed S11 presentano ancora alcuni "buchi" nelle fasce di morbida.

 


Nel caso della Milano-Torino AV, citato sopra, e in numerosi altri esempi a scala regionale, come il recente Passante di Torino o il raddoppio della Riviera di Ponente, si è spesso osservata una significativa difficoltà del servizio a sfruttare le nuove infrastrutture. In altre parole il numero di corse è cresciuto poco o per niente, dopo l'apertura delle nuove linee, quasi da far pensare che la loro realizzazione fosse fine a se stessa, o al più fosse pensata solo per migliorare la regolarità di marcia, e non per offrire reale mobilità ai cittadini (in una visione ancor più pessimistica, lo scopo principale sembra addirittura quello di "togliere dalla vista" la ferrovia, eliminando ad esempio il fastidio di alcuni passaggi a livello).

E' In questo contesto che assume il giusto rilievo il progetto realizzato in Lombardia, che nel giro di un decennio ha aumentato del 50% l'offerta di trasporto, ma soprattutto l'ha resa assai più fruibile dall'utenza, grazie alla struttura ordinata degli orari, conseguendo un costante aumento di viaggiatori, che può essere esemplificato dalle cifre che seguono:

La maggior parte dei nuovi servizi attivati ha catturato utenza pressoché istantaneamente: il caso più evidente è quello del collegamento Malpensa-Saronno-Milano Centrale (dicembre 2010), che nelle fasce di punta ha saturato i posti disponibili nel giro di un mese; ma, dal lato opposto, è assai significativa la crescita di utenti al di fuori della punta là dove si sono riempite fasce orarie che erano senza treni da decenni (come ad esempio sulle linee S1, S9, S11, S13, ...).

Nel complesso i viaggi totali al giorno in Lombardia sono arrivati intorno a 670.000, a fronte dei circa 400.000 prima dell'avvio del progetto. Il numero dei viaggiatori e la sua variazione appaiono indicatori attendibili del risultato ottenuto, e, nel caso specifico del trasporto pubblico, risultano più significativi dei vari indici di dotazione infrastrutturale (km di rete e relativi indici specifici) che spesso vengono utilizzati nelle statistiche e nei confronti internazionali.


In tutto questo, la decisione di costituire la nuova impresa ferroviaria Trenord, unione di Trenitalia e di LeNORD (2009), è stata un passaggio chiave. Forse non era l'unica possibile, e sicuramente ha fatto rinunciare ad altre strade, quali un esperimento concreto di affidamento del servizio con gara; tuttavia Trenord è stata senza dubbio il fattore chiave per completare il progetto del Servizio Ferroviario Regionale e, prima ancora, per stare agli antipodi di qualunque idea di riduzione dei servizi esistenti, che invece proprio negli stessi anni è diventata la norma per tutte le altre Regioni a statuto ordinario.

Infine, nel costante intreccio tra hardware e software, non va dimenticata un'ulteriore fondamentale parte di hardware, e cioè la flotta di oltre 100 nuovi treni, interamente finanziati dalla Regione (più di 800 milioni di euro) entrati in servizio tra il 2007 e il 2012: di gran lunga il più significativo investimento di materiale rotabile effettuato in Italia negli ultimi due decenni. Se da un lato sosteniamo da sempre la preminenza della progettazione del servizio e dell'orario, dall'altro non abbiamo difficoltà a riconoscere che i risultati ottenuti per i cittadini lombardi vedono in un hardware adeguato - binari e treni - una precondizione assolutamente necessaria.

 

Treni nuovi per adeguarsi a un software nuovo

La linea S4 Milano Cadorna - Seveso - Camnago è nata nel 2004 con frequenza 30 minuti per tutto il giorno, tutti i giorni. Inizialmente si effettuava anche con treni degli anni '50... ma in questo caso l'importante era lanciare il software! L'hardware sarebbe venuto a tempo debito.

La stessa linea S4 è oggi svolta con i nuovi TSR a due piani, ben 78 treni entrati in servizio dal 2007 al 2012.

 


Scelte infrastrutturali e numero di viaggiatori

A dicembre 2012 è stata riaperta la tratta Saronno-Seregno, senza servizio viaggiatori dal 1958 e oggi entrata a far parte della Linea S9; a fine 2014 sarà attivata la ferrovia Mendrisio-Varese, che permetterà di realizzare collegamenti transfrontalieri completamente nuovi tra Varese, Lugano e Como. La realizzazione di nuove ferrovie a scala regionale - lontane dunque dal ricco mercato dei servizi a lunga percorrenza - è certo un evento significativo, che non ha molti eguali in Italia. Nel caso lombardo esse si integrano da subito con l'intero schema di servizi che abbiamo delineato, e questo ne dovrebbe vantaggiosamente massimizzare l'efficacia.

Tuttavia in un ragionamento strategico, si deve purtroppo notare come siano tuttora fermi, spesso neanche programmati, interventi che agiscono su sezioni con un traffico ben maggiore, a volte addirittura su veri "colli di bottiglia". Un esempio chiave è l'uscita dalla stazione di Milano Garibaldi in direzione nord ed est ("Bivio Mirabello"). Due soli binari, su cui transitano giornalmente 310 treni e almeno 55.000 viaggiatori, tra Alta Velocità e regionali: un numero di viaggiatori decisamente elevato, che, per confronto, supera di parecchio quello verosimilmente atteso nei collegamenti di nuova realizzazione appena menzionati. Raddoppiare l'uscita da Garibaldi - peraltro lunga appena 2,5 km - distinguendo il traffico verso nord da quello verso est, farebbe fare un incredibile salto di capacità alla stazione, coinvolgendo tutte le linee dell'area monzese, i collegamenti Milano Centrale - Malpensa e persino i treni AV Torino - Roma, che sempre da questa strozzatura devono passare. Eppure in questo caso sembra all'orizzonte solo un miglioramento del sistema di segnalamento: apprezzabile senz'altro, ma comunque inferiore a quanto meriterebbe la criticità della situazione.


Riteniamo che questa difficoltà a coniugare scelte infrastrutturali e aspettative di traffico sia purtroppo largamente diffusa, e naturalmente anche fuori dalla Lombardia. Ci sembra che essa sia giustificabile solo in parte da una pur presente sindrome NIMBY (cioè "realizziamo pure le infrastrutture ma fuori dal mio giardino"). Molto più semplicemente rimangono al palo le infrastrutture più difficili, quelle che sono davvero tecnicamente sfidanti, anche se cruciali per il servizio.

Si riescono invece a realizzare infrastrutture anche impattanti ma collocate in aree relativamente marginali e dunque per molti versi più "facili", anche se spesso destinate a una condizione di sottoutilizzo: citiamo ad esempio il valico di Tarvisio (ben 45 km di gallerie, su cui è già scomparso tutto il traffico internazionale diurno e transitano non più di una sessantina di treni merci al giorno); la variante di Venafro (6 km di nuova galleria per i 14 treni al giorno della relazione Roma-Campobasso); ma anche le centinaia di kilometri di linee elettrificate nell'ultimo ventennio e spesso percorse quasi esclusivamente da mezzi diesel, o addirittura sostanzialmente chiuse (Piacenza-Cremona).

E alcune dubbiosissime elettrificazioni di ferrovie regionali fanno pensare che il morbo dell'opera inutile sia ben radicato anche a scala locale, non solo presso RFI: la completa rielettrificazione della Ferrovia Centrale Umbra e soprattutto l'elettrificazione parziale dei 10 km fino a Mira Buse della Venezia Mestre - Adria non inducono all'ottimismo (più info).

 

Over-design? Beh, forse sì!

Con il termine overdesign si intende la progettazione e la realizzazione di un'opera totalmente sovradimensionata rispetto alle reali necessità e a quanto richiederebbe il suo utilizzo tipico. Normative eccezionalmente vincolanti fin nei minimi dettagli, una fuorviante e malintesa ricerca della sicurezza, l'assecondamento di ogni istanza locale e, non da ultimo, la triste sensazione che "l'importante è che costi", finiscono con il generare autentici mostri, che assorbono risorse, consumano territorio e generano oscenità.

Tra gli innumerevoli esempi, ci sembra particolarmente d'impatto il caso della linea aerea, che è andata crescendo di peso, dimensioni e numerosità di pali, fino a raggiungere risultati sconcertanti. Pur tenendo conto dell'enfasi causata dal teleobiettivo, l'ingresso della stazione di Peschiera del Garda, rinnovato di recente, non ha bisogno di commenti.

Un altro campo in cui l'overdesign è più una certezza che un dubbio è quello delle barriere antirumore, autentica sciagura di tutte le linee nuove o ristrutturate, in questo caso suffragata da una normativa eccezionalmente pedante nelle sue prescrizioni.

Nel caso in foto, una barriera alta due volte il treno(!) dovrebbe proteggere un modesto parco giochi e una scuola elementare, che si trova oltre la cortina di alberi. E' vero che la linea Cadorna-Bovisa è molto trafficata, ma si tratta di treni regionali, sostanzialmente silenziosi e marcianti ad appena 60 km/h. Del resto, chi ha scattato la foto ha passato cinque anni in quelle aule e può assicurare che il treno era appena percepibile solo dal cortile più vicino ai binari.

Anche su linee con traffico merci (e dunque più rumorose) viene comunque la sensazione che si sia esagerato, e che buona parte dell'astio con cui la popolazione locale guarda i lavori ferroviari sia legato alla "ineluttabile" comparsa di orrende barriere. Ci domandiamo quanto è stato fatto sul fronte opposto - ben più efficace e meno impattante - di eliminare il rumore alla fonte, cioè rendere i treni intrinsecamente più silenziosi.

 

Tornando in Lombardia, un esempio di lavoro efficace, per fortuna, è stato il difficile quadruplicamento della tratta urbana di Ferrovienord, da Milano Cadorna a Bovisa, portato a termine nel 2007, dopo circa 15 anni tra lavori e pause. E anche la terza uscita da Milano Centrale verso Lambrate, realizzata da RFI nel 2010 su aree ferroviarie dismesse, può considerarsi un risultato esemplare, in questo caso quasi un "uovo di Colombo", per la relativa semplicità e rapidità di realizzazione. Essa rimane tuttavia ad oggi l'unico potenziamento infrastrutturale legato all'accesso a Milano da est, cioè a quella parte del nodo che ha dovuto sopportare, negli ultimi cinque anni, l'intera nascita del sistema AV e delle "Frecce" di Trenitalia.


Competitività ed estensione della rete

Un discorso simile, riguardante le scelte localizzative delle nuove infrastrutture, può essere fatto anche per le reti metropolitane, in cui alla difficoltà tecnica si somma il ruolo spesso decisivo degli Enti Locali a cui la programmazione è demandata, e del peso politico che essi riescono ad esprimere. A febbraio 2013 si è aperta la prima tratta della nuova metropolitana M5, tutta all'interno del Comune di Milano (su un tracciato peraltro identico alla tranvia per Cinisello del 2008...). Anche la M5 è un evento significativo, ma fa subito pensare al fatto che nessuno è in grado di fare pronostici sulla realizzazione dei prolungamenti a Vimercate e Paullo di M2 ed M3: prolungamenti che, a differenza della M5, si svolgerebbero in aree sostanzialmente prive di un trasporto pubblico in sede propria, in cui sarebbe dunque massima la competitività della metropolitana rispetto al traffico stradale.

Tutto questo si inquadra in una sostanziale "povertà" dell'infrastruttura su ferro in Italia, a cui persino la Lombardia non sfugge del tutto. Se confrontiamo una carta delle infrastrutture su ferro anteriore al boom automobilistico con una attuale, vediamo un impoverimento quanto mai marcato. A un'intera rete di tranvie interurbane dell'Alto Milanese (quasi tutte in sede propria e dunque nettamente competitive) si sono sostituiti i pochi kilometri interurbani della M2. La stessa tranvia di Bergamo, esempio di meritato successo inaugurato nel 2009, copre in realtà appena il 18% di quella che era l'estensione delle ferrovie delle valli bergamasche (chiuse nel 1966-67); e intorno agli altri capoluoghi lombardi e italiani è addirittura il nulla.

 

La povertà dell'infrastruttura minore

1936: l'anello intermedio.

FERROVIE CONCESSE e TRANVIE INTERURBANE nel 1936: due reti che formano un livello intermedio tra la ferrovia e gli spostamenti a scala locale-urbana.

Oggi: l'anello mancante.

La ferrovia c'è ancora, raddoppiata e quadruplicata. Ma l'anello intermedio è pressoché scomparso: la metropolitana si concentra solo nell'immediata periferia di Milano e il tram di Bergamo - pur essendo un grande successo - rimane un caso unico. Altrove: zero.

 

Questo ci pare il vero problema dell'infrastruttura di trasporto pubblico lombarda e italiana: la pressoché totale mancanza di un "livello intermedio" tra la ferrovia e l'ambito locale/urbano, livello che sia ovviamente in grado di offrire la stessa competitività del treno, e non di perdersi (letteralmente!) in mezzo al traffico privato. Anche se questo articolo tratta prioritariamente di ferrovie, occorrerebbe provare ad affrontare il tema, perché si fa fatica a immaginare altre strade per recuperare quota modale a questo segmento di trasporto pubblico.


Interventi sul territorio e consenso

Tornando alle ferrovie, se si osserva la difficoltà a realizzare infrastrutture nuove, si può pensare di agire sull'esistente, cioè "accontentandosi" di conservare i tracciati originali, di concezione sostanzialmente ottocentesca ma spesso ancora sorprendentemente adeguati alla mobilità attuale. Alcuni risultati importanti sono stati raggiunti, come nei raddoppi citati prima, ma è emblematico un caso recente, di un'opera che riteniamo utile e significativa anche per i cittadini delle località attraversate, e che invece è stata fortemente osteggiata da questi, fino ad arrivare a bloccarla. Si tratta del quadruplicamento del tratto tra Rho e Parabiago, di appena 9 km, sulla linea Milano-Gallarate, intervento tra l'altro già interamente finanziato dallo Stato.

Il Consiglio di Stato ha accolto la tesi contraria all'opera, in quanto la valutazione di impatto ambientale è stata fatta sul progetto preliminare, che prevedeva 3 binari anziché 4, e non è stata ripetuta allorquando, in sede di progetto definitivo, si è scelto di realizzare 4 binari. Il Consiglio di Stato si è espresso tra l'altro con la motivazione che segue (sentenza del 21/12/2012 al ricorso 6959/2012).

"Non può non aversi riguardo alla circostanza che l'opzione del quadruplicamento dei binari era stata addirittura vagliata, ma espressamente esclusa in sede di progetto preliminare, sicché la successiva valutazione avrebbe dovuto quantomeno motivare sul punto: sussiste pertanto il difetto di adeguata motivazione.

Inoltre, tale aggiornamento - pur nella invarianza della scelta localizzativa e pur in seconda sede di valutazione ambientale - non poteva giustificarsi soltanto in relazione alla esigenza di adeguarsi ai programmi regionali per il modello di esercizio, poiché, a rigore, come già rilevato dal primo giudice, il modello di esercizio costituisce un posterius rispetto all'opera e non un prius che può condizionarne l'esito."

Il primo paragrafo citato evidenzia tutte le difficoltà a proporre con chiarezza un progetto coerente; difficoltà che sono state mostrate sia dal gestore dell'infrastruttura, sia dalla stessa Regione: davvero nel progetto preliminare si arrivò a dire che tre binari erano sufficienti e non era possibile realizzarne quattro!

Tuttavia la posizione espressa nel secondo paragrafo appare, al di là di ogni dubbio, fondamentalmente errata e fuorviante. Non è giustificabile realizzare un'infrastruttura di trasporto pubblico ignorando se essa permette o meno di effettuare il servizio che si ritiene necessario per il territorio che si va a collegare. E nel caso specifico, è assodato e tecnicamente dimostrabile che sia possibile aumentare la frequenza dei servizi suburbani, senza degradare i servizi regionali veloci, solo disponendo di quattro binari, non tre. E' chiaro che questa sentenza crea purtroppo un precedente di una visione diametralmente opposta alla nostra; essa sembra proprio suffragare quel timore espresso prima, che cioè la costruzione di ferrovie sia vista prima di tutto come una cosa fine a se stessa. Nel frattempo la realizzazione dei quattro binari tra Rho e Parabiago, inizialmente prevista in tempo per l'Expo del 2015, è ovviamente rimandata a data da destinarsi.


Sicurezza e capacità

Per non appesantire il testo, questo paragrafo è stato inserito in una pagina a sé.

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I costi nascosti

Nel campo delle ferrovie, servizio inevitabilmente sussidiato, vi è sempre uno stretto legame tra l'investimento infrastrutturale e il successivo costo di gestione del servizio. In un contesto economico in cui la "spesa corrente" è vista come l'elemento più negativo del bilancio di un ente pubblico, se questo legame viene sottovalutato, si corre il rischio concreto di inaugurare un'opera senza avere risorse sufficienti per farla funzionare, cioè, nel caso della ferrovia, per farci correre treni.

Nel percorso di crescita del Servizio Ferroviario lombardo si è inevitabilmente fatta anche questa esperienza. Tra il 2006 e il 2008, lo sviluppo del servizio ha conosciuto una fase di stasi, in cui si è stati costretti a rimandare l'attivazione dei nuovi servizi, nonostante le infrastrutture fossero pronte, proprio perché mancava la scelta politica di dedicare una spesa corrente adeguata a pagare i nuovi servizi. Nel caso specifico, la creazione di Trenord, nell'estate 2009, ha rappresentato il punto di svolta per generare quella scelta, e tra i primi potenziamenti attuati nel dicembre successivo c'è stato ad esempio il prolungamento della Linea S5 da Milano a Treviglio, mettendo finalmente a frutto i quattro binari inaugurati due anni prima.

Nel più recente caso della nuova ferrovia Mendrisio-Varese, oggi in costruzione, un apposito accordo internazionale italo-svizzero indica nel dettaglio anche il progetto orario dei nuovi servizi. Benché il progetto sia giustamente costruito in modo modulare, tanto da permettere vari livelli di attivazione, esso non ne nasconde il costo in spesa corrente. Si spera che questo possa togliere qualunque alibi di arrivare all'inaugurazione senza essere consapevoli del vero "costo totale" dell'opera realizzata.


Anche all'interno di una medesima infrastruttura, alcune scelte di dettaglio ne condizionano non solo il costo di realizzazione ma anche quello del successivo esercizio. Un caso classico è quello dell'aggiunta di nuove stazioni, che spesso vengono utilizzate come "misura compensativa" per generare consenso nel territorio attraversato. In Lombardia un caso emblematico è stato il raddoppio della Treviglio-Bergamo (2005), in cui si sono introdotte tre nuove fermate (Arcene, Levate e Stezzano) in aggiunta alla preesistente Verdello. Nella progettazione dell'orario si deve inevitabilmente cercare un compromesso tra il numero di fermate e la velocità del treno. Nel caso citato, le tre fermate aggiuntive avrebbero eccessivamente penalizzato il tempo di viaggio dei cittadini di Bergamo diretti a Milano, negando tra l'altro la loro storica richiesta di un collegamento il più veloce possibile. Si è quindi scelto di introdurre un secondo servizio Bergamo-Treviglio a scala locale, per servire le restanti stazioni. Il compromesso può essere considerato accettabile, perché anche questo servizio ha un'utenza ragionevole, ma è evidente che il suo costo in spesa corrente è conseguenza diretta della scelta infrastrutturale, anche se difficilmente era stato considerato in fase di progettazione.


Che cosa fare

Nel momento in cui queste pagine vengono redatte, si sta cercando di capire quante risorse arriveranno a ciascuna Regione in applicazione del nuovo Fondo unico statale di 4,9 miliardi di euro, istituito dalla Legge di stabilità 2013, che riunisce buona parte delle risorse statali (ma in verità non tutte) destinate al trasporto pubblico locale, ferrovie incluse. Si tratta del diciottesimo provvedimento normativo statale, dal 2010 ad oggi, che disciplina il settore. In questo contesto, confuso e contraddittorio, la larga maggioranza delle Regioni italiane ha deciso di sacrificare la ferrovia, considerata "troppo costosa", e ha tagliato servizi di ogni forma e grado: corse marginali (Puglia, Emilia, Toscana) o addirittura intere linee (Piemonte, un quarto della rete; Abruzzo, Campania), servizi sconfinavano nel territorio di un'altra Regione (Liguria, Campania), relazioni suburbane (Liguria), collegamenti notturni Nord-Sud (lo Stato stesso, responsabile di tali servizi) e così via.

 

Chi cresce, chi taglia

Trend del trasporto regionale in Italia suddiviso per gruppi di Regioni.
Le Regioni sono state raggruppate arbitrariamente in modo da produrre una chiave di lettura significativa nel corso del decennio. Inoltre per semplicità i dati si riferiscono al servizio effettuato sul territorio fisico della Regione, indipendentemente dagli "sconfinamenti" dei servizi a contratto con una Regione verso il territorio di un'altra.

  • Fatta 100 la produzione del 2003, solo tre Regioni e le due province autonome di Trento e Bolzano hanno tenuto un trend costantemente crescente.
  • In sei regioni, a una crescita iniziale è seguita una fase stazionaria e quindi un taglio abbastanza sensibile (massimo per Piemonte e Liguria).
  • Infine ben 10 regioni non hanno mai fatto crescere i servizi (se non in misura impercettibile) e si trovano oggi con una produzione nettamente inferiore a quella che avevano ereditato dallo Stato 10 anni fa!

 

Nel medesimo scenario, in Lombardia si è portato a compimento un progetto di sviluppo che, come abbiamo visto, era nato addirittura negli anni '80, ma aveva dovuto attendere proprio la giusta base infrastrutturale per passare alla realtà. Benché oggi la priorità sia innanzitutto quella di non tornare indietro, il progetto non è tuttavia del tutto concluso. Quello che manca, o che è migliorabile, è ancora una volta un mix di realizzazioni infrastrutturali - alcune certe, altre da far nascere - e di interventi software che le valorizzino.

Possiamo ad esempio citare i seguenti aspetti:

 

Qualche cosa da fare subito

Tracce larghe da stringere

Due esempi di situazioni tutt'altro che rare: una S5 e una S6 partono in ritardo ma fanno in tempo ad arrivare al capolinea addirittura in anticipo!

E' buona pratica progettuale inserire degli allungamenti negli orari dei treni, ma questo va ovviamente fatto con saggezza ed equilibrio. Poter recuperare oltre 20 minuti su una corsa suburbana appare al limite della ragionevolezza e sembra pensato soprattutto per migliorare artificiosamente gli indici di puntualità.

Una revisione dei tempi di percorrenza dovrebbe diventare un utile obiettivo software di breve periodo.

Due mezzi per lo stesso mestiere

Il fotografo, senza alcun trucco, è riuscito a ritrarre un treno Edolo-Brescia insieme a un autoservizio anch'esso diretto a Brescia. Uno sguardo agli orari del treno e del bus è inquietante: ad esempio da Edolo il treno parte alle 7.54, 9.54, 11.54, 13.54, 15.54, 17.54, 19.54. Gli autobus (orari 2013) partono alle 7.40, 9.40, 11.40, 13.40, 15.40, 17.40 e 19.40 ricalcando il percorso del treno almeno per buona parte della valle.

Si parla spesso, anche a sproposito, di treni e bus che svolgono servizi paralleli, ma alcuni appaiono insostenibili e il caso della Valcamonica è uno di questi, anche perché qui l'orario ferroviario è stato significativamente potenziato nel 2009 (un altro caso è la Valtellina, soprattutto tra Tirano e Sondrio).

Anche questo è un problema prettamente software, che non si è voluto affrontare più per incapacità e trascuratezza degli enti regolatori - le Province, nel caso lombardo - che non per insormontabili difficoltà.

 

Alle "cose da fare" elencate sopra si aggiunge naturalmente il continuare a migliorare gli altri aspetti di gestione del servizio, ancora più "software" e solo per semplicità finora non citati: un sistema tariffario comprensibile e orientato a tutti i viaggiatori (non solo ai pendolari), un'informazione efficiente e coordinata, una chiarezza di lettura del servizio nel suo complesso, che va dalla numerazione delle linee, alle mappe, agli orari, a tutta la segnaletica e così via.

Tutti questi obiettivi ci paiono ragionevolmente esenti dai "luoghi comuni" citati all'inizio di questo capitolo, ed il perseguirli ci sembra possa essere un compito possibile per la Lombardia (e anche per le altre Regioni, se solo lo volessero).


Approfondimento


Una variante lievemente semplificata di questo articolo compare al capitolo 5 "Il sistema ferroviario" del volume "Le infrastrutture del futuro. Idee e proposte per i governi che verranno", pubblicato da Regione Lombardia a febbraio 2013 ( testo completo di 78 pagine, dal sito regionale).


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