Il sistema ferroviario: hardware e software

Scritto a marzo 2013

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Approfondimento: Sicurezza e capacità

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Dalla ripetizione segnali all'SCMT, uno sguardo storico

In ferrovia una delle cose più preziose è la "capacità", cioè la disponibilità dell'infrastruttura a far correre un certo numero di treni. Essa è preziosa in quanto è un tipico esempio di bene scarso, oltre che molto costoso: come abbiamo visto nell'articolo principale, realizzare nuove infrastrutture ferroviarie è un processo molto lungo, conflittuale e che richiede ingenti investimenti. E una volta realizzate, il numero di treni che possono transitarvi è relativamente limitato - di norma non oltre 220 al giorno per le linee a due binari e 80 per quelle a un binario - e decresce molto rapidamente al crescere delle differenze di velocità media fra i vari treni.

Naturalmente uno dei vantaggi della ferrovia è l'elevato grado di sicurezza che offre, incomparabilmente superiore a quello del trasporto stradale. E' evidente che in linea di principio il progresso tecnologico dovrebbe consentire di conservare i livelli di sicurezza, andando il più possibile ad aumentare la capacità. In realtà la storia ferroviaria italiana è andata in una direzione un po' più complessa e meno ottimale: sino a tempi molto recenti esisteva un "buco" di sicurezza particolarmente grave: la maggioranza delle linee italiane non disponeva infatti di un sistema di Automatic Train Stop (ATS), cioè di un'apparecchiatura in grado di arrestare automaticamente un treno nel caso in cui si fosse superato per errore un semaforo rosso.

 

Mezza rete senza ripetizione segnali: come è stato possibile?

Milano Rogoredo, incidente del 13 novembre 1978

Il ritaglio di giornale, trovato quasi per caso, descrive un tamponamento avvenuto pressoché certamente per l'indebito superamento di un semaforo rosso, il cosiddetto SPAD (Signal Passed At Danger). Mi è sembrato particolarmente adatto ad apparire qui, perché il giornale stesso indica nella nebbia la causa più verosimile dell'incidente. Evidentemente la linea o la locomotiva (o entrambe) non erano dotate di Ripetizione Segnali in macchina: una tecnologia che, come dice il nome, permette di vedere su un cruscotto in cabina le indicazioni dei successivi semafori.

Pur non essendo del tutto un Automatic Train Stop, la Ripetizione Segnali è di fondamentale aiuto per guidare nella nebbia e rendere gli SPAD decisamente meno probabili. Essa è stata introdotta sulla rete FS solo dalla fine degli anni '60, in sensibile ritardo rispetto alle altre reti europee, dove sistemi simili si erano diffusi sin dagli anni '30, dall'Indusi tedesco al "coccodrillo" francese. In più, a causa della particolare tecnologia utilizzata, in Italia è rimasta limitata a un sottoinsieme di linee principali, quelle dotate di blocco automatico a correnti codificate (di colore verde nella mappa).

In questo modo la ferrovia italiana - tutta la rete secondaria FS e pressoché tutta la rete in concessione - è arrivata agli anni 2000 completamente priva di qualsiasi sistema tecnologico che aiutasse il macchinista a vedere e rispettare i semafori. Questo è il principale motivo per cui sulla rete FS la guida dei treni è sempre stata affidata a una coppia di macchinisti, anziché a uno solo. Tuttavia non è stato sempre vero che due macchinisti potessero garantire la stessa sicurezza di un macchinista assistito da una tecnologia adeguata: l'incidente mostrato su questo giornale ne è purtroppo un esempio.

Nell'ottica di tracciare un bilancio storico su questa parte sottilmente ambigua della ferrovia italiana, si è portati a pensare che sia esistita una specie di tacita accettazione di una reale e anacronistica situazione di pericolo in cambio della garanzia occupazionale di avere due macchinisti per ogni treno. La presenza di due macchinisti è stata difesa incessantemente dalla dirigenza sindacale e dagli stessi lavoratori, fino a tempi recentissimi, mentre la vera battaglia avrebbe dovuto essere quella di ottenere un sistema tecnologico adeguato. Questo mi appare purtroppo un fraintendimento al limite dell'inspiegabile, proprio perché l'impiego di due macchinisti non può essere considerato risolutivo, non certo per "colpa" o negligenza dei lavoratori, ma per la natura oggettiva del rischio (per questo l'esempio della nebbia mi è parso così calzante).

Dal 2009, ormai completato il sistema SCMT/SSC di cui si dirà nel seguito del testo, anche sulla rete FS il macchinista lavora da solo, e questo tema può essere fortunatamente consegnato alla storia. Ritengo tuttavia che, in una corretta visione storica, affrontare l'argomento resti un passaggio doveroso e necessario, sia pure nei termini semplificati di queste pagine.

 

La mancanza di una tecnologia di Automatic Train Stop - con la sola presenza della Ripetizione Segnali tradizionale sulla rete principale - è stata una grave lacuna che le FS hanno colmato solo tra il 2002 e il 2006, grazie a cospicue risorse statali. Il sistema che è stato scelto, denominato SCMT (Sistema Controllo Marcia Treno) ha mostrato una delicata compresenza di luci e ombre. Dal lato positivo, ovviamente, ha elevato in maniera notevole la sicurezza di marcia: l'SCMT è infatti un sistema completo che svolge sia la citata funzione di Automatic Train Stop, sia quella di controllo costante della velocità, rispetto alla velocità massima prevista dai rotabili e dalla linea (incluse deviate, rallentamenti, ecc.).

Guardando però ora i lati negativi, l'SCMT ha dimostrato di imporre forti soggezioni all'esercizio e in particolare alla fluidità della circolazione a causa di molteplici fattori:

L'ultimo punto necessita di qualche parola in più: a differenza della ripetizione segnali, che è trasmessa al treno con continuità, l'SCMT comunica con il treno solo in punti precisi, attraverso delle boe lungo i binari, e quindi non è in grado di reagire istantaneamente al verificarsi di una condizione meno restrittiva (per esempio un segnale che diventa verde). Di conseguenza, là dove non è presenta anche la ripetizione segnali, il treno non può accelerare finché non incontra la boa successiva. Esisterebbe in proposito uno specifico sistema aggiuntivo, il cosiddetto infill, ma la sua diffusione è ad oggi trascurabile.

Esiste inoltre un altro aspetto, per così dire, di filosofia, che al primo sguardo potrebbe sfuggire: l'SCMT non è un sistema di ripetizione segnali, nel senso che, là dove non esiste anche la ripetizione segnali normale, esso non porge alcun aiuto al macchinista, né gli riporta informazioni utili in cabina, se non in misura molto modesta (più dettagli). In sostanza l'SCMT è più un "cane da guardia" contro un'eventuale operazione errata, che non uno strumento collaborativo alla guida: un approccio che a mio avviso non è solo penalizzante nell'esercizio pratico, ma anche fondamentalmente errato in linea teorica.

Infine l'SCMT si è rivelato estremamente costoso, anche a causa dell'iniziale duopolio dei fornitori Alstom e Ansaldo (ad esempio sui TSR si è registrato un costo di 380.000 Euro per treno, pari al 5-7% del prezzo dell'intero treno). Appare purtroppo ragionevole ipotizzare che intorno alla metà degli anni 2000 questo sia stato utilizzato dal monopolista anche come barriera all'ingresso di possibili competitor, soprattutto nel campo merci.

Oggi l'SCMT può fortunatamente contare su una notevole esperienza d'esercizio e su un sensibile "allenamento" del personale di guida, ma ha anche imposto un generale incremento dei tempi di viaggio, palliativo utilizzato per tamponare i difetti elencati (oltre che per aumentare fittiziamente gli indici di puntualità): è facile pensare che si sia trattato di una grande occasione perduta, che sarebbe importante riuscire a recuperare in qualche modo negli anni futuri.


SSC: due sistemi non sono meglio di uno

In parallelo all'SCMT, è stato introdotto l'SSC (Sistema Supporto Condotta): un sistema inizialmente del tutto differente e pensato per le linee minori, di norma diesel, in cui non era conveniente installare l'SCMT proprio per le citate ragioni di costo. Anche l'SSC, come l'SCMT, non è un sistema di ripetizione segnali, ma un ATS semplificato (rispetto all'SCMT), soprattutto nell'ambito del controllo di velocità.

In realtà la storia dell'SSC e dell'attrezzaggio delle linee minori è stata piuttosto tortuosa e per certi versi ancor più critica di quella dell'SCMT. In origine, intorno al 2001, si era pensato di far a meno di qualunque ATS sulle linee in cui la quantità di traffico non giustificava i costi dell'SCMT, e di supplire a tale mancanza imponendo l'uso di sistemi vigilanti, cioè di apparecchi che controllano solo la presenza attiva del macchinista (ad esempio mediante la periodica pressione di un pedale).

I sistemi vigilanti non sono del tutto inutili, come vedremo alla fine con un paio di esempi, ma è evidente che sono un semplice palliativo rispetto a un autentico ATS. In ogni modo, probabilmente anche per la fortissima opposizione del personale al loro uso, i vigilanti sono stati sostituiti da un sistema del tutto nuovo, appunto l'SSC, basato su tecnologia tipo "Telepass", del tutto incompatibile con l'SCMT.

Ben presto ci si è però resi conto che la presenza sulla rete di due sistemi diversi - SCMT ed SSC - era ingestibile dal punto di vista pratico, ed è stata elaborata una nuova versione di SSC (a bordo treno) con un certo grado di compatibilità con l'SCMT (SSC "Baseline 3" o BL3), non senza essere passati attraverso il "consueto" inquietante spreco di risorse, come provo a mostrare nelle prossime figure.

 

SSC ed SCMT: quadro d'insieme

Attrezzaggio SCMT-SSC

La mappa, riferita a fine 2008, mostra l'intera rete ormai attrezzata con SCMT (rete principale) oppure SSC (rete secondaria, di norma solo diesel), più le linee ad Alta Velocità equipaggiate con un terzo sistema, l'ERTMS. Quest'ultimo è anche l'unico unificato europeo: gli altri due sono sistemi "proprietari" della rete italiana (le locomotive policorrente che circolano anche all'estero devono essere dotate della somma di tutti i sistemi in uso nelle varie nazioni). Si nota infine un ridotto numero di linee dotate del doppio sistema SCMT + SSC.

Vedi anche:

 

SSC ed SCMT: fare e disfare

Dettaglio area piemontese

Sono evidenziate dallo sfondo rosa tutte le linee chiuse a giugno 2012: come si vede dalla mappa, si trattava in tutti i casi di linee perfettamente attrezzate con i sistemi di sicurezza, in maggioranza SSC ma anche SCMT. Sistemi che erano sostanzialmente nuovi, installati pochi anni prima, triste segno di una capacità di programmazione delle scelte pressoché nulla (la formale indipendenza tra il gestore della rete e la Regione che ha deciso le chiusure ci pare per tante ragioni un'attenuante piuttosto limitata).

Con lo sfondo giallo sono invece indicate le linee con il doppio attrezzaggio SCMT + SSC. Questa situazione risale al periodo in cui si pensava di installare sui rotabili solo l'uno o l'altro apparato, e il doppio sistema lato terra era necessario sulle linee prevedibilmente percorse sia da rotabili elettrici (SCMT), sia diesel (SSC).

Come poteva ragionevolmente intuirsi sin da subito, questa soluzione era ingestibile: rotabili dotati del solo SSC avrebbero comunque avuto necessità di "sconfinare" sulla rete principale SCMT. Come accennato sopra, è stata quindi introdotta la nuova versione SSC BL3, che legge anche il sistema SCMT e che è oggi l'unico SSC utilizzato sui rotabili. E' evidente che così facendo, il vantaggio del minor costo dell'apparato SSC di bordo è andato alquanto assottigliandosi, dovendosi utilizzare apparecchiature ben più complesse. Inoltre il doppio attrezzaggio SCMT + SSC diventava semplicemente inutile, perché tutti i rotabili SSC ora sapevano leggere anche l'SCMT (il viceversa invece non è mai stato preso in considerazione). Ma purtroppo lo spreco non era ancora finito...

Dettaglio Sicilia 2008

Guardiamo ora la Sicilia del 2008. Lo sfondo giallo indica le linee con il solo SSC o con il doppio attrezzaggio SCMT + SSC. Notiamo che l'SSC è stato installato anche su tutte le linee interne tra Catania, Palermo e Agrigento, che sono interamente elettrificate: situazione alquanto singolare, perché abbiamo detto che l'SSC era pensato di norma per la rete diesel; e infatti nessuna locomotiva elettrica è mai stata dotata di SSC. Che cosa farsene dunque di quell'SSC?

Dettaglio Sicilia 2012

Ecco la situazione quattro anni dopo, e la (triste) risposta. L'SSC, assolutamente inutile, è stato buttato via da qualcosa come 420 km di rete: non solo è sparito il doppio attrezzaggio, ma su tutte le linee interne è stato installato ex novo l'SCMT, l'unico utilizzabile dai rotabili elettrici. Quanto sarà costato tutto questo? Quanto poteva essere evitato con un minimo di lungimiranza?

 

L'SSC, pur utilizzato appunto su linee minori, ha dimostrato all'atto pratico, almeno nel primo periodo, un decadimento delle prestazioni ancora maggiore di quello dell'SCMT, dovuto sostanzialmente agli stessi problemi (nonostante la tecnologia totalmente differente!): approccio iper-cautelativo in termini di velocità e reiterati falsi allarmi. Ad esempio la Pavia-Codogno a fine 2009, in concomitanza con l'attivazione dell'SSC, ha perso ben 25 punti percentuali di puntualità, passando dall'85% al 60%.

 

SSC: un degrado immediato della puntualità

Puntualità della direttrice Pavia-Codogno

Partendo da una situazione sostanzialmente allineata con la media regionale, si vede subito il "crollo" di puntualità nella seconda metà del 2009 - contestuale con l'inizio dell'utilizzo dell'SSC - e un anno abbondante di situazione assolutamente critica, prima di tornare a valori almeno vicini alla media.

 


Le reti regionali

Sulle ferrovie regionali (ex concesse) la mancanza di un Automatic Train Stop è stata ancora più grave perché di norma non erano disponibili nemmeno sistemi più elementari, come la Ripetizione Segnali tradizionale (presente solo sulla Circumvesuviana e su circa un terzo delle Ferrovie Nord Milano). In più, a differenza della rete FS, è sempre stata autorizzata la marcia con un solo macchinista, semplicemente assistito da un'apparecchiatura vigilante (che come abbiamo detto sopra, è solo un palliativo di un vero ATS).

Mentre l'SCMT sulla rete RFI è stato interamente pagato dallo Stato (come peraltro giusto e inevitabile), nessun finanziamento statale è stato mai previsto per attrezzare le reti regionali, che restano pertanto ancora oggi sostanzialmente prive di qualunque ATS. A parte il caso della Merano-Malles, ricostruita già attrezzata con un proprio ATS, l'unica eccezione riguarda la rete Ferrovienord, in cui l'attrezzaggio è stato interamente finanziato da Regione Lombardia per circa 45 M€.

Per garantire la compatibilità con la rete nazionale è stato pressoché inevitabile scegliere l'SCMT per il ramo Milano e l'SSC per il ramo Iseo. Da luglio 2011 l'SCMT è attivo sulla tratta Milano-Saronno-Malpensa, con previsione di estendere il sistema sulle tratte a doppio binario entro il 2013. Qualche incertezza in più esiste per le tratte a semplice binario, in cui l'SCMT normale è poco consono alle caratteristiche del segnalamento FN: si vorrebbe quindi attendere la cosiddetta variante "regional", che però non sembra sarà disponibile in tempi brevi. Sul ramo Iseo l'SSC a inizio 2013 risulta in fase avanzata di installazione ma non ancora attivo. Va osservato che su rete Ferrovienord l'SCMT è stato pressoché esente da tutti i malfunzionamenti (indebite frenature di emergenza) che ne connotano da sempre l'uso sulla rete nazionale.

E' infine da notare che la normativa nazionale ha imposto a tutte le imprese ferroviarie di attrezzare i propri mezzi, come condizione imprescindibile per mettere piede sulla rete RFI, mentre sulle reti regionali si continua a circolare nella sostanziale situazione del passato, cioè senza alcun ATS, ovviamente prigionieri del circolo vizioso "niente finanziamenti - niente attrezzaggio". Due pesi e due misure che possono essere legittimi se guardati dal punto di vista di RFI, decisamente meno se guardati come scelta strategica dello Stato.


Il pericolo nelle pieghe delle situazioni singolari

Ma il tema della sicurezza è assai più complesso e sottile di quanto potrebbe sembrare. Se con il sistema SCMT si è finalmente posto rimedio a una criticità ormai anacronistica, l'esperienza insegna che i rischi più subdoli si annidano purtroppo nelle circostanze marginali, nella gestione delle situazioni degradate, dei guasti e delle eccezioni. Nell'autunno 2009, ben tre treni si sono messi in moto da soli - senza nessuno a bordo - fino ad andare a sbattere contro un altro treno o un ostacolo: a Milano Centrale, a Marone (BS) e a Saluzzo (CN). I tutti e tre i casi le indagini hanno appurato evidenti errori di comportamento del personale, ma questo non abbassa la preoccupazione per un qualche vuoto tecnico e regolamentare, che va oltre la "sensazione di sicurezza" prodotta dall'SCMT.

Ancora più inquietante appare quanto accaduto a Bologna Lavino a luglio 2012, quando un treno è sviato per aver percorso a 120 km/h un itinerario previsto per una velocità di 60: il segnale verde che lo autorizzava (con il pieno consenso dell'SCMT) era il risultato di un collegamento elettrico fittizio, realizzato mentre era in corso la manutenzione dell'impianto.

In tutti i casi citati, miracolosamente, non ci sono stati né morti né feriti gravi, ma proprio per questo essi dovrebbero suonare come campanelli d'allarme, al di là delle assicurazioni formali che si sentono ai convegni sulla "ferrovia più sicura d'Europa", e spingere a riflessioni più approfondite, teoriche e pratiche, sulla complessa interazione tra sicurezza, capacità e prestazioni del sistema ferrovia.

 

Tre incidenti più uno

Milano Centrale, 20/9/2009

La sera del 20 settembre 2009, il treno regionale 20438 da Piacenza, che ha appena terminato la propria corsa a Milano Centrale, si mette in moto da solo e dopo circa 2 km va a sbattere contro il paraurti di un binario tronco. La locomotiva E.464.029 precipita spettacolarmente in un sottostante cortile condominiale e verrà demolita sul posto. A bordo del treno non c'è fortunatamente nessuno, nemmeno il macchinista!

Il singolare incidente sembra dovuto a una serie di concause e di trascuratezze: il macchinista addetto a ricoverare il treno su un binario di sosta dimentica di spegnere l'SCMT sulla carrozza pilota (in testa in arrivo): dimenticanza di per sé banale ma resa decisiva dal seguito degli eventi; si reca quindi sulla locomotiva (in testa verso il binario di sosta) ma, appena il treno parte, l'SCMT rimasto attivo ne comanda la frenatura. A questo punto il macchinista torna verso la pilota, dimenticando però inspiegabilmente la locomotiva in posizione di "trazione" e con l'SCMT della stessa locomotiva intenzionalmente disattivato. Non appena l'SCMT sulla pilota viene spento, il treno sfrena e la locomotiva si riavvia, mentre il macchinista si trova sul marciapiede e non è più in grado di arrestarla, fino al "volo" conclusivo.

Marone (BS), 5/11/2009

Meno di due mesi dopo, la locomotiva diesel D343-1034 di LeNORD è in viaggio lungo la linea della Valcamonica. Mentre è in sosta a Marone per un incrocio, si mette in moto da sola, senza nessuno a bordo, fino a scontrarsi con l'automotrice del treno incrociante, più di 1 km oltre la stazione. Il macchinista dell'automotrice, vedendosi venire incontro la locomotiva, fa in tempo a frenare ed allertare i viaggiatori, di modo che si hanno solo alcuni feriti non gravi.

Anche in questo caso la partenza della locomotiva "da sola" è verosimilmente legata alla inosservanza di basilari norme di comportamento da parte del macchinista, che era sceso dal mezzo in attesa dell'incrocio.

Saluzzo (CN), 14/12/2009

Passa poco più di un mese e un altro treno viaggia da solo per circa 6 km, dallo scalo merci di Verzuolo, fino alla stazione di Saluzzo, dove si scontra con un'automotrice in sosta. Si tratta di un treno merci dell'impresa SBB Cargo Italia, locomotiva D.100 e 13 carri che trasportano rotoli di carta della locale cartiera. I ferrovieri di Saluzzo, avvertiti del treno in arrivo, fanno in tempo a far evacuare l'automotrice, e non si hanno feriti.

Per questo evento è già disponibile sul sito del Ministero la relazione dell'inchiesta; la dinamica è stata differente dai casi precedenti: a Verzuolo, quando il treno si è mosso, il personale era correttamente a bordo ma, accortosi di non riuscire ad arrestare il treno, si è lanciato a terra prima che questo prendesse irrimediabilmente velocità. L'inchiesta ha appurato che "la causa diretta della fuga di rotabili è stata l'impossibilità, da parte del 1° Agente di condotta, di frenare il treno, a causa della mancanza di continuità della Condotta Generale del freno continuo, dovuta, con molta probabilità, al mancato collegamento della condotta tra la locomotiva e il primo carro". A questo si sono però sommate come concause varie gravi trascuratezze del personale coinvolto, che hanno impedito di accorgersi che il freno continuo non era attivo per tutto il convoglio.

Bologna Lavino, 14/7/2012

Alla periferia ovest di Bologna, il treno regionale 2885 Voghera-Rimini sta viaggiando a circa 120 km/h, nel rispetto delle norme e dei segnali. Improvvisamente si trova davanti uno scambio disposto sul ramo deviato, che sarebbe da affrontare a non più di 60 km/h. Il treno deraglia in modo spettacolare, ma anche in questo caso non si hanno feriti gravi: una situazione ancora più fortunata delle precedenti, data la velocità del treno!

L'incidente ha un'eco decisamente modesta sulla stampa generica, che fa fatica a cogliere la preoccupante singolarità degli eventi: se ne parla in modo diffuso solo su alcuni forum ferroviari, dove sembra emergere una situazione di errori materiali ben oltre la soglia di allarme. Al momento dell'incidente alcuni operai del gestore dell'infrastruttura stanno lavorando a un deviatoio guasto. In particolare un operaio fornisce un controllo elettrico fittizio della posizione del deviatoio: in tal modo il sistema che gestisce la circolazione "vede" il deviatoio come se fosse in posizione di corretto tracciato, senza limitazione di velocità, mentre esso è in realtà disposto per il ramo deviato, quello da prendere a 60 km/h. Pertanto, quando il responsabile della circolazione comanda il libero transito per il Regionale (all'oscuro dei lavori che stavano riguardando il deviatoio), il segnale si dispone al verde per il corretto tracciato, e lo stesso SCMT non può che riflettere la (falsa) posizione vista dal sistema.

Che insegnamento trarre?

Tre imprese ferroviarie (Trenitalia, LeNORD, SBB Cargo Italia) e un gestore dell'infrastruttura (RFI), tre incidenti simili e un quarto diverso ma ancora più inquietante. Una varietà di casi in cui l'incidente è avvenuto non soltanto nell'assenza di un sistema di ATP (Marone e Verzuolo) ma anche nelle pieghe quasi paradossali di un SCMT utilizzato male (Milano) e addirittura con SCMT attivo e funzionante (Bologna).

Pare opportuno sottolineare anche un altro aspetto: nei primi due casi del treno che "si muove da solo" (Milano e Marone) sarebbe bastata la tecnologia assolutamente elementare di un sistema vigilante non escludibile per arrestare il treno sfuggito. E' necessario precisare "non escludibile" perché la vicenda dei sistemi vigilanti, tra il 2000 e il 2008, è stata un'altra storia tristemente ambigua: da un lato, l'azienda ha proposto un sistema particolarmente scomodo, in cui, inspiegabilmente, la presenza vigile del macchinista veniva accertata solo mediante la pressione di un pedale (e non mediante la manipolazione di qualunque strumento di guida, come accade normalmente in questi sistemi). Dall'altro lato, il personale ha scatenato una battaglia fortissima contro i vigilanti, imponendo che fossero "escludibili" cioè che si potesse tenerli spenti (salvo in situazioni molto specifiche). La situazione era emersa in particolare nell'estate 2008 nel caso dei TSR della Regione Lombardia, destinati a essere guidati anche da macchinisti Trenitalia sulla linea S5, e che correttamente disponevano di un vigilante attivato da qualunque comando di guida, ma ovviamente non escludibile (in quanto parte integrante dell'apparato di guida). Sui TSR il vigilante è rimasto regolarmente in funzione, ma su tutti gli altri treni? Non sarebbe convenuto a tutti trovare una soluzione semplice ma efficace anche per questo aspetto?

 

Nel corso di questo articolo, abbiamo dunque ripercorso la storia di alcuni fondamentali sistemi di sicurezza, accennando alla loro ambigua assenza, per così tanti anni, e poi alla loro introduzione secondo modalità tutt'altro che ottimali (per gli stessi lavoratori e per l'efficienza complessiva del sistema). In molti casi questo ha fatto venire il dubbio che lo scopo degli interventi non fosse solo quello della sicurezza: abbiamo incontrato sistemi costosissimi e malfunzionanti, tuttora assenti su quasi tutte le reti ex concesse, installati e poi rimossi (come nel caso dell'SSC siciliano), in cui il fattore costo sembrava pensato per complicare la vita di possibili competitor. Infine, aggiungo ora, esistono strumentazioni e regole imposte oggi dall'ANSF, l'Agenzia Nazionale per la Sicurezza Ferroviaria, che appaiono più orientate ad autogiustificarne l'esistenza che non a prevenire reali situazioni di pericolo: da ultimo va citato il controllo centralizzato delle porte delle carrozze (la cosiddetta "lateralizzazione") che non risulta abbia eguali in altri paesi europei e che dall'inizio 2013 ha automaticamente posto "fuori legge" tutti i veicoli, italiani o esteri, che non ne fossero dotati.

Sembrano tutti casi didattici per dire che c'è ancora molto da lavorare, e un approccio onesto, efficiente e non distorto al tema della sicurezza è una meta ancora tutta da conquistare.


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