Dentro la locomotiva: un'antologia di motori Rivarossi, Lima e Roco

Inside the Engine: How a Loco Looks Like

Scritto ad aprile 2009

For foreign readers: Nowadays, most H0 locomotives are built in the same way, but, up to the Eighties, each firm had its own style, and a look under the body could reveal completely different mechanical solutions, both for the motor and the gear transmission. In this article we consider three typical cases: Rivarossi, Lima and Roco, keeping in mind that the Roco style, in the next years, had become the "standard solution".


Contenuto:

Oggi aprendo un modello H0 di locomotiva, specie se elettrica o diesel, ci si trova quasi sempre davanti alla stessa struttura meccanica, indipendentemente dal costruttore, ma non è stato sempre così: fino a tutti gli anni '80, uno sguardo sotto il mantello faceva immediatamente individuare lo "stile" di ciascuna marca, e una meccanica Lima era radicalmente diversa da una Rivarossi o Roco (quest'ultima, come vedremo, è poi quella che si sarebbe imposta a tutti gli altri come "lo standard"). Vale allora la pena di mostrare una breve antologia di queste tre marche, dopo che già abbiamo descritto come è fatta una locomotiva Märklin, il quarto classico nel mondo del modellismo, ancora più differente dagli altri, per via dell'alimentazione in corrente alternata, che utilizzava un motore specifico "a statore avvolto".

 

Rivarossi

ALn 668 Rivarossi (art. 1784, anno 1985)
La classica automotrice ALn 668 è stata riprodotta da Rivarossi sin dal 1964, quando rappresentava sicuramente un modello all'avanguardia, soprattutto per la finezza dello stampo in plastica.

La versione originale riproduceva la serie 1400. Nel 1985 è stata derivata la serie 1500, differente in alcuni dettagli, che è quella qui illustrata.

La cassa è in un unico pezzo in plastica e poggia su un telaio di robusta lamiera tranciata.

ALn 668 railcar was introduced by Rivarossi in 1964, reproducing series 1400. In 1985 the model of series 1500 was derived and is shown here. The body is made of plastic, the frame is made of sheet metal.

Motore Rivarossi, ALn 668
Il classico motore Rivarossi che qui vediamo è la versione leggermente semplificata del modello precedente (di forma più squadrata e con qualche raffinatezza in più, come il montaggio su cuscinetti a sfere). Questa versione è stata in uso per tutti gli anni '70 e fin verso la fine degli anni '80, quando sono stati realizzati modelli più raffinati che usavano motori diversi, ormai non prodotti più dalla Rivarossi, ma acquistati sul mercato (ad esempio Bühler per E.321 e ALn 556 del 1986-87, giapponesi sulle E.454 del 1991 ecc.).

Il motore ha l'asse verticale, sul quale è calettata la vite senza fine, che aziona la cascata di ingranaggi fino alle ruote. Riducendo l'inclinazione dell'elica della vite senza fine, negli anni '80 Rivarossi ha "rallentato" molti suoi modelli, in modo che tenessero velocità più basse e più realistiche (in precedenza era di moda che i modelli "corressero" molto, a velocità superiori a quelle in scala).

Tutto il gruppo motore-carrello è incernierato alla cassa semplicemente tramite un asse metallico trasversale. La vite senza fine permette poi la libera rotazione del carrello rispetto al motore (che naturalmente non ruota).

The classic Rivarossi motor is mounted with vertical axis and drives the wheels by means of a worm screw. This motor was used during the Seventies and up to the end of the Eighties, when it was replaced, in new models, by motors built by third parties.

Telaio Rivarossi, ALn 668
In un'automotrice lo spazio non manca: il motore, montato in asse al carrello, ne occupa quindi solo una minima parte. Dato che il peso della cassa in plastica è trascurabile, e anche il telaio non è pesantissimo, per una buona aderenza serve un po' di zavorra. In questo caso ho sostituito la zavorra originale (pacchi di lamierino, che mi erano utili altrove) con qualche pila di... monete da 50 lire che, all'epoca, erano la zavorra di gran lunga più semplice e a buon mercato!

Nella vista dall'alto si individuano le due spazzole, una di rame (a sinistra) e una di grafite, che strisciano su un collettore a disco: una soluzione simile a quella dei classici motori Märklin (che però hanno sempre avuto asse trasversale, dato che non utilizzavano la vite senza fine).

E.444 Rivarossi (art. 1468, anno 1982)
Dopo aver prodotto fin dal 1968 la "Tartaruga" prototipo E.444.001, Rivarossi nel 1974 realizzò anche la versione di serie, molto più visibile al vero, e dunque commercialmente più rilevante. Essa venne poi proposta in numerose varianti di dettaglio, fino al 1988. Questa è una versione intermedia, che i più esperti di casa Rivarossi riconosceranno personalizzata in vari dettagli. Nel 1984 costava 100'000 lire, pari a circa 130 Euro del 2009.

Quando l'ho acquistata, il 31 agosto 1984, è stato il primo modello non Märklin della mia collezione, e dunque il primo su cui ho montato il pattino (vedi la spiegazione).

A quel giorno sono seguiti più di dieci anni di utilizzo intenso ... e anche qualche "disperazione", come il ritrovarsi gli assi degli ingranaggi consumati o il motore deformato: tutte cose che non avevo mai visto su una loco Märklin e che difficilmente mi sarebbero poi capitate con una Roco; ma, si sa, Rivarossi era un po' un mondo a sé...

Sempre a titolo di curiosità, tutte le foto "di tre quarti" dei modelli sono ottenute dall'unione digitale di due scatti, con differente messa a fuoco, in modo da ottenere un'immagine del tutto nitida, anche con una focale relativamente lunga.

Firstly, Rivarossi produced the original E.444.001 in 1968, together with the real engine, then in 1974 it delivered also the model of the standard locomotives (E.444.005-117). Both body and frame are made of plastic.

Telaio Rivarossi, E.444
Rispetto all'ALn 668, qui è sparito il telaio metallico: telaio e cassa sono entrambi in plastica, e di conseguenza, per una locomotiva "impegnativa" come la E.444, è ancora più importante una buona zavorra. Quella a destra del motore, in particolare, è un'aggiunta mia. Anche le quattro strisce di cartoncino bianco che chiudono il motore sono un rimedio artigianale dopo un intervento... a cuore aperto!

Il carrello motore è strutturalmente identico a quello dell'ALn 668. Il carrello folle è semplicemente imperniato, ma con una piccola raffinatezza: all'interno del perno c'è una vite in grado di sollevare la lamella di contatto visibile in fotografia, per prendere corrente dai pantografi anziché dalle ruote.

The motor is just the same as that seen on ALn 668, and also the worm screw and gear system are almost identical.

 

Lima

E.633 Lima (1985)
Intorno al 1983-1985 si ebbe il "salto di qualità" della produzione Lima, che passava dal semplice mercato del giocattolo a una modellismo più serio.

La E.633 del 1983, seguita dalla D.445 l'anno successivo, fu il vero e proprio punto di svolta, con una realizzazione completamente nuova ed apprezzabile esteticamente ancora oggi, soprattutto dopo aver montato pantografi più realistici e un vomere Roco.

Poco dopo la E.633, uscì anche la versione E.632, che è quella qui illustrata e che acquistai nel marzo 1985 al prezzo di circa 55'000 lire (appena 65 Euro del 2009).

In 1983 the production of E.633 represented a true turning point for Lima: it abandoned the toy market and firmly addressed to true model railway.

Telaio Lima, E.633
In realtà il prezzo molto competitivo - come abbiamo visto, all'incirca la metà di un modello Rivarossi - venne ottenuto privilegiando il risultato estetico, cioè curando molto bene lo stampo della cassa, ma confermando al 100% la meccanica "tradizionale" Lima: una scelta che si è rivelata vincente.

Sollevando il mantello, ci appare infatti il classico motore G, che esamineremo nelle figure seguenti, montato su un semplice telaio, tutto di plastica. La zavorra è un blocco compatto di ferro tranciato. L'impianto elettrico sono semplicemente tanti bei... cavi volanti (quelli delle lampadine rosse, poi, sono un'aggiunta mia).

The main improvements regarded the plastic body, which was really impressive. In order to maintain the price as low as possible (about 50% of a similar Rivarossi model), the motor and gear system were unchanged, confirming the classic G Motor, mounted on a full-plastic frame. It was a winning solution, and in the next 8 years, Lima achieved a great success both in domestic and foreign market.

Motori Lima
Non escludo che, nel progettare il suo Motore G, nei primi anni '70, Lima si sia ispirata al tradizionale carrello motore di Märklin: una soluzione pratica, semplice e ben funzionante: ampio collettore a disco, spazzole di montaggio elementare, solo ingranaggi a denti diritti, nessuna vite senza fine.

La soluzione non era modulare in senso stretto: come si vede in foto, cambiando il passo del carrello, occorreva un nuovo stampo per tutta la carcassa del motore. Oggi la si direbbe però una soluzione "portabile", cioè replicabile secondo lo stesso concetto anche a macchine diverse (escluse quelle a vapore, alle quali Lima non si dedicò praticamente mai).

The motor-gear assembly was quite similar to traditional Märklin structure, although Lima made it only with plastic. The same general construction was used for different bogies, i.e. different distances between wheels.

Motori Lima (aperti)
A differenza di Märklin, naturalmente, la carcassa del motore non era in metallo pressofuso, ma in ben più economica plastica. La forza di trazione non era il massimo, per la difficoltà di sfruttare bene la zavorra, inevitabilmente molto più "decentrata" rispetto al carrello motore, che non su una macchina Märklin tutta metallica. Però funzionava ragionevolmente bene (se si esclude la tipica rumorosità!) e, visto il prezzo, era difficile chiedere di più.

Il rotore a tre poli, con collettore a disco, utilizzava due spazzole, entrambe di grafite. Lo statore era una semplice calamita, di tipo "morbido", piegata a cerchio grazie alla sua flessibilità.

A three-pole rotor had disk-shaped collector and used two carbon brushes.

NUOVO 8/2012 Il rotore G in mano, lato avvolgimenti
Sono evidenti i tre avvolgimenti (motore "a tre poli") e, sullo sfondo, la carcassa dello statore, con la calamita (magnete permamente) destinata ad avvolgere a 360° il rotore.

Taking the Lima G rotor in my hand.

Il rotore G in mano, lato collettore
Dall'altro lato, il collettore a disco, diviso nei suoi tre settori. Le due spazzole strisciano sul collettore: se ne vede la traccia più scura lasciata dalla loro grafite.

The other side of the Lima rotor.

Trasmissione Lima
Dall'altro lato, c'era la trasmissione, che ho colorato digitalmente per una migliore lettura. Dal pignone del motore (viola), il moto era trasmesso all'ingranaggio giallo e a quello verde, solidale al giallo. Questo ingranava l'azzurro, solidale al primo evidenziato in rosso (ovviamente posto dietro l'azzurro). Attraverso il secondo ingranaggio intermedio rosso, il moto arrivava infine al terzo, solidale alla ruota, sulla sua faccia interna.

Ogni coppia di ingranaggi solidali (giallo/verde, azzurro/rosso) agiva da "demoltiplica", cioè riduceva la velocità finale della locomotiva, a pari velocità del motore, perché trasmetteva la stessa velocità angolare, lungo una circonferenza più piccola, e dunque con minore velocità lineare.

The transmission used 8-9 plastic gears.

 

Roco

Telaio E.636
Fin dalla sua origine (fine anni '70), Roco ha sempre proposto una meccanica completamente diversa, basata su alcuni caposaldi che davano tutta un'altra robustezza e funzionalità alle proprie macchine: telaio metallico pressofuso, motore longitudinale al centro, trasmissione con doppio giunto cardanico a entrambi i carrelli (distribuzione ottimale dei pesi e dunque della forza di trazione), telaio metallico anche per i carrelli, vite senza fine e ingranaggi a dentatura elicoidale.

In questo caso la stessa meccanica è utilizzata anche nel caso "anomalo" della E.636 (1989), conciliandola egregiamente persino con il tipico telaio articolato delle locomotive elettriche italiane.
Infine tutto l'impianto elettrico fa ordinatamente capo a un circuito stampato (due, in questo caso, vista la struttura articolata della nostra E.636).

Since late Seventies, Roco introduced the "final solution" for H0 engines: a longitudinal motor, with two cardan shafts and worm screws. Full metal frame (including bogies' frames!) guaranties excellent running performance, even in the case of an articulated engine, like the Italian E.636.

Motori Roco
Anche i motori Roco sono stati da sempre sinonimo di affidabilità e potenza. La disposizione longitudinale, tra l'altro, dava anche minori soggezioni di ingombro rispetto al montaggio trasversale sul carrello motore (Lima e Märklin) o a quello verticale di Rivarossi. Il rovescio della medaglia, naturalmente, era la necessità di una trasmissione cardanica, sicuramente più complessa di quella a soli ingranaggi di Lima, e anche di quella a vite senza fine di Rivarossi.

I motori Roco sono tipicamente esistiti in due forme: a carcassa aperta e chiusa, ma senza una vera differenza funzionale.

Fino alla metà degli anni '80, le spazzole erano interne e difficilmente sostituibili (peraltro erano realizzate in materiale molto duro, a bassissima usura). Poi diventarono accessibili dall'esterno, come in entrambi i modelli qui illustrati.

 


Come è andata a finire? Beh, come abbiamo anticipato, la meccanica Roco si è di fatto imposta ed è diventata la soluzione vincente, sia per la sua "adattabilità" a quasi tutti i modelli, sia per le sue doti di robustezza e razionalità, che in Roco non sono praticamente mai mancate.

Ma ci sia permessa una piccola nota critica: un conto è scegliere la meccanica, un altro è saperla realizzare... Negli anni seguenti, sia Lima, sia Rivarossi si convertirono alla trasmissione cardanica: cominciò Lima, con la ALn 663 nel 1985 (trazione su un solo carrello) e quindi con vari elettrotreni (RAe svizzero nel 1986, ETR.220 nel 1990), fino al rifacimento a trazione cardanica doppia delle sue E.646 (1991).

Rivarossi, dopo le locomotive a vapore con trasmissione cardanica dal tender (a partire dalla 685.410 del 1985) e alcuni modelli un po' atipici, con motore longitudinale ma senza trasmissione cardanica (le E.321 e le ALn 556 che abbiamo già citato), arrivò poi alla versione standard con la E.454 nel 1991 e la E.428 nel 1992.

Ma qualcuno si è mai domandato come mai gli ingranaggi elicoidali Roco sono per metà rossi e per metà bianchi? Non è che per caso gli ingranaggi elicoidali esistono con dentatura destra e sinistra, e vanno accoppiati un destro con un sinistro, cioè un bianco con un rosso? Lima scelse di usare gli ingranaggi elicoidali ma si "dimenticò" di realizzarli destri e sinistri, confidando nella tolleranza di montaggio per il loro funzionamento. Poi ci furono ingranaggi che si crettavano sull'asse, perché calettati troppo stretti (ALn 663), telai metallici troppo pesanti rispetto alla potenza del motore (ETR.220), giunti cardanici dal funzionamento incerto... Insomma, a distanza di parecchi anni, una "visione storica" della produzione Lima farebbe dire che mentre il motore G era una tecnologia spartana ma matura e affidabile, quello che venne dopo fu più raffinato ma anche molto più... traballante. E analogo discorso si potrebbe fare per Rivarossi, a cominciare, per fare un esempio, dalla meccanica e dal biellismo della 835. Se oggi entrambe queste aziende sono scomparse, in mezzo a tanti altri motivi commerciali ed esterni, forse anche qualche motivo tecnico c'è stato.

Un ... Tigrografo, vale a dire un Tigro monello che si è arrampicato sul tetto di una E.432 (costruita in plasticard nel 1998) a far da pantografo! Sullo sfondo, la E.432 Roco del 2010.

 


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la meccanica tradizionale Märklin e lo schema elettrico delle locomotive.


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