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Museo di Pietrarsa

744.118  (OM, 1928): con queste macchine, versione con distribuzione a valvole Caprotti, elaborata dalle precedenti 745, alla fine degli anni Venti si concludeva la progettazione di locomotive a vapore di nuovo tipo delle FS. Dopo di loro ci furono solo ricostruzioni (691) e trasformazioni con preriscaldatori Franco-Crosti (743, 741, 623): i grandi successi ottenuti con la trazione elettrica, che negli anni Trenta poneva l'Italia ai primi posti al mondo, rendevano superfluo un nuovo progetto di locomotiva a vapore, anche se questo tipo di trazione sarebbe sopravvissuto fino alla metà degli anni Settanta.
Museo di Pietrarsa - 744.118

 

Nuovo! MMO 22  (Couillet, 1896): una delle 12 macchine del gruppo 250, costruite a cavallo del secolo per le Ferrovie Nord Milano, dove recava il numero 254. Nel 1936 venne ceduta insieme ad altre due unità alla ferrovia in concessione Monza-Molteno-Oggiono, e infine fu l'unica del suo gruppo a confluire nel parco FS nel 1954, a seguito del passaggio alle FS di tale linea, come esemplare unico 850.022. Si trattava di un passaggio puramente amministrativo, perché a quel tempo la macchina era già fuori servizio; ciononostante essa è stata conservata, prima a Roma, poi a Merano e infine a Pietrarsa, dove porta ancora oggi la marcatura "intermedia" della MMO.
Museo di Pietrarsa - MMO 22

 

E.333.026  (Nicola Romeo, 1924): particolare del pancone anteriore di questa inconsueta macchina trifase, progetto di scuola ungherese inizialmente considerato di scarso successo. A seguito di alcune modifiche, fu comunque capace di un dignitoso servizio più che quarantennale, fino al 1968, soprattutto lungo la Riviera di Ponente. La macchina è presentata nel colore originale nero, anziché nel più familiare castano e Isabella, applicato a partire dagli anni Trenta.
Museo di Pietrarsa - E.333.026

 

E.432.001  (Breda, 1928): la vista laterale, per quanto un po' sacrificata dagli spazi ristretti del museo, fa ancora cogliere la linea robusta e il fascino di quello che fu senza dubbio il più evoluto e riuscito Gruppo di locomotive trifasi, progettato autonomamente dalle stesse FS, che alla fine degli anni Trenta erano ormai in grado di fare a meno dell'apporto tecnologico della "scuola ungherese", che tanta parte aveva avuto nello sviluppo della trazione trifase. Le E.432, con le contemporanee E.554 per treni merci e le E.431, ultimi esemplari della generazione precedente, hanno concluso la storia del trifase italiano, la mattina del 26 maggio 1976.
Museo di Pietrarsa - E.432.001

 

E.440.003.  Si tratta di una macchina non FS, appartenuta alla FAV (Ferrovia Alta Valtellina) che la usava sulla propria linea Sondrio-Tirano. In questo caso il colore nero fu usato fino alla fine del servizio regolare.
Museo di Pietrarsa - E.440.003.

 

E.333.026  Interno della cabina (la parete in fronte al fotografo è quella laterale: la macchina è rivolta verso destra). Al centro, il banco di manovra, con la manovella piccola e quella grande (per il comando del reostato, qui entrambe con il solo perno, prive dell'impugnatura). A sinistra il tachimetro; in alto a destra i tre strumenti di misura elettrica: Amperometro, Voltmetro e Wattmetro (quest'ultimo tipico delle macchine trifasi e assente sulle locomotive in corrente continua). Più sotto, nero, il freno Westinghouse, e quindi i manometri del freno e dell'impianto pneumatico.
Museo di Pietrarsa - E.333.026

 

E.432.001  Interno della cabina e sala macchine. Sullo sfondo, la cabina opposta, di cui si riconoscono gli strumenti elettrici. A destra, bianche, le custodie dei due grandi motori di trazione, del diametro di circa 2 m. Al centro, sul pavimento, le coperture dei contrappesi degli assi motori.
Museo di Pietrarsa - E.432.001

 

E.428.209  Interno della cabina. Si riconosce al centro il classico "maniglione" con cui si variano le combinazioni dei motori (Serie, Serie-Parallelo, Parallelo) e si esclude progressivamente il reostato. A sinistra, rosso, il freno Westinghouse e più sopra (sempre rosso, ma qui privo del volantino), il freno moderabile. Sul banco nero, gli indicatori dei Voltmetri (linea e dinamo) e degli Amperometri (motori, ausiliari ed accumulatori), oltre al tachimetro. In alto a destra i manometri del serbatoio principale e del freno.
Museo di Pietrarsa - E.428.209

 

E.333.026  (Nicola Romeo, 1924): particolare della biella triangolare. Il meccanismo di trasmissione del moto, dai due grandi motori all'asse centrale, ha sempre rappresentato uno dei punti più delicati delle locomotive trifasi. Nel caso dell'E.333, esso è risolto con una biella triangolare particolarmente esile e leggera, derivata da quella della precedente E.330 (si noti che mancano le due bielle di accoppiamento agli altri assi, che troverebbero posto nei due fori cilindrici ai lati della biella).
Museo di Pietrarsa - E.333.026

 

E.551.001  (Breda, 1921): particolare della trasmissione con biella triangolare. Le ruote di minore diametro, tipiche delle locomotive per treni merci, permettono di avere una biella di altezza molto minore, realizzata in forma piena.
Museo di Pietrarsa - E.551.001

 

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