215.006, 207.020 Un automotore da manovra del 1956 e una Sogliola del 1935 ricordano la ditta Antonio Badoni di Lecco (chiusa nel 1993), che ha scritto la storia delle locomotive da manovra italiane, tanto che lo stesso termine Badoni è diventato sinonimo di piccola macchina da manovra. Le Sogliole in particolare erano i minuscoli automotori, costituiti quasi dalla sola cabina a sviluppo verticale, che in centinaia di unità garantivano la manovra nei piccoli scali. |
Pensilina. Si avvicina l'ora del tramonto, fuori dal Padiglione Caldareria, dove è stata installata una classica pensilina in fusione di ghisa. La didascalia spiega che questo esemplare proviene dalla stazione di Fiorenzuola d'Arda, sulla Milano-Bologna, dove era stata installata nel 1934, riutilizzando i materiali della precedente pensilina di Reggio Emilia, dismessa quattro anni prima a seguito di lavori di rinnovo. La tettoia misura 22 m per 7 e lo stile costruttivo si rifà a progettazioni sviluppate dalle FS tra il 1906 e il 1911. |
E.444.001 Non può mancare un dettaglio sulla figura della "Tartaruga", il primo dei tre animali ironicamente applicati alle locomotive FS nel corso degli anni '70 (come noto, gli altri furono il Caimano sulle E.656 e la Tigre sulle E.632/633). |
Padiglione Montaggio. Al venerdì il museo dovrebbe chiudere alle 16.30, ma durante la mia visita sono stato fortunato: per una serie di eventi che, molto giustamente, si organizzano negli spazi di Pietrarsa, l'apertura era prolungata fino a sera, permettendomi di cogliere anche l'intero imbrunire. Una delle attività in programma era una lezione di ginnastica artistica proprio all'interno del Padiglione Montaggio: una situazione inconsueta e un contesto affascinante, che ricordo con questa immagine. |
Tramonto. La giornata si conclude a sorpresa con uno spettacolare e lucente tramonto, che propongo in versione panoramix ultralarge: si tratta di un totale di 5 scatti, di cui i due di sinistra giuntati a mano, per garantire la prospettiva corretta, e i tre di destra con il software Hugin, che è molto più bravo di me a "livellare" l'inevitabile gradiente di luminosità avvicinandosi al sole. L'isola appena a destra delle navi è Capri, mentre tutta sulla destra compare Ischia. |
Colonna idraulica. Negli istanti del tramonto di dicembre. |
E.444.001 Ancora la E.444, all'imbrunire, quando la luminosità esterna e interna sono molto simili, permettendo di inquadrare la macchina dall'esterno del padiglione. |
ALe 792.004 Una delle innovazioni recenti è la chiusura di uno dei portoni della Caldareria mediante una lastra di vetro. In particolar modo alla sera, si rende così possibile un'inquadratura d'effetto del muso aerodinamico della ALe 792, uno dei risultati più notevoli del design ferroviario europeo degli anni '30. |
ALe 792.004 Anche dall'altro capo, nonostante qualche lotta contro gli spazi ristretti, è possibile inquadrare l'ALe 792 e la E.444, con la cabina della Varesina a lato. E' ormai scesa la sera, che evita di essere abbagliati dal portone aperto. |
Macchine trifasi. Con uno scatto grandangolare un po' azzardato, è possibile racchiudere tutte e quattro le macchine trifasi, sicuramente i mezzi più "anomali" che si possono incontrare a Pietrarsa, dal momento che il trifase non si è mai spinto nell'Italia meridionale. Da sinistra la E.551.001, di cui si è già detto, poi la E.333.026 (Nicola Romeo, 1924), macchina inconsueta di progettazione ungherese, inizialmente considerata di scarso successo; a seguito di alcune modifiche, fu comunque capace di un dignitoso servizio più che quarantennale, fino al 1968, soprattutto lungo la Riviera di Ponente. La E.333 è presentata nel colore originale nero, anziché nel più familiare castano e Isabella, applicato a partire dagli anni Trenta. Segue la E.432.001 (Breda, 1928) appartenente a quello che fu senza dubbio il più evoluto e riuscito Gruppo di locomotive trifasi, progettato autonomamente dalle stesse FS, che alla fine degli anni Trenta erano ormai in grado di fare a meno dell'apporto tecnologico della "scuola ungherese", che tanta parte aveva avuto nello sviluppo della trazione trifase. Le E.432, con le contemporanee E.554 per treni merci e le E.431, ultimi esemplari della generazione precedente, hanno concluso la storia del trifase italiano, la mattina del 26 maggio 1976. Infine la E.440.3 delle Ferrovie Alta Valtellina. |
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