Val Gardena - TCI, 1957. Apri la mappa ad alta risoluzione / Open full size map Apri lo zoom interattivo / Open pan-zoom La carta automobilistica al 200.000 del 1957 è graficamente molto più leggibile del vecchio 250.000, anche perché i nomi sono ora riportati solo in italiano (la versione bilingue ricomparirà nelle edizioni successive). La ferrovia è ben visibile, compresi i tornanti di Ortisei e S.Cristina. In valle si arriva per strada solo da Ponte Gardena (oggi la strada principale sale da Chiusa, sfruttando proprio l'ampliamento della sede della linea dismessa). Infine i passi Sella e Gardena hanno ancora tutta la parte di valico non asfaltata. |
Ferrovia Chiusa-Plan. La rilevanza storica e turistica della linea è dimostrata dal fatto che solo un anno prima della chiusura, un'immagine invernale della ferrovia della Val Gardena era stata utilizzata per copertina della rivista "L'Italia", un periodico di promozione turistica edito direttamente dalle FS. Tra le immagini del gruppo Facebook sulla ferrovia ho trovato anche la scansione dell'articolo, che era bilingue italiano e tedesco: nella prossima pagina ne propongo il testo italiano integrale. Al di là di qualche tono forse un po' troppo zuccheroso, mi pare significativo notare come ci fosse la chiara percezione di un bene culturale meritevole di attenzione. Un anno dopo si vide l'"attenzione" che le ferrovie e il Paese seppero dargli... |
di Pietro Gerardo Jansen
Dalla rivista L'Italia, 1959
Non è certo esagerato l'affermare che il trenino a vapore della Val Gardena che da Chiusa sale ad Ortisei e, poi, a Plan, costituisce una delle attrattive di questa valle così suggestivamente pittoresca e stupendamente bella, paradiso degli alpinisti, degli sciatori e degli amanti delle mistiche e riposanti bellezze della montagna. Questa ferrovietta, lunga 44 km e che supera un dislivello di oltre mille metri nel suo percorso, è ormai diventata una caratteristica della Val Gardena. Sia d'inverno che l'estate, esso è entrata - oserei affermare - a far parte del paesaggio. Caro, piccolo, sbuffante trenino di Ortisei! Il suo binario è così minuscolo da ricordare quello di una decauville. Esso è, infatti, di una sezione di soli 75 centimetri, in luogo di quei pur angusti 95 centimetri, che rappresentano lo scartamento delle ferrovie ridotte italiane, mentre quello normale - come è noto - è di metri 1,39 [in realtà ovviamente 1,435]. E vien fatto di chiedersi come facciano, soprattutto le sue locomotive, piuttosto vistose e dall'alto fumaiolo, a mantenersi in equilibrio su un binario cosi esiguo. Eppure, le vetturette del trenino, a piattaforma aperta, del tipo tradizionale da tranvie, sono discretamente ampie, nonché comodissime. Mo il trenino-giocattolo di Ortisei, che porta i viaggiatori in un mondo quasi fiabesco per la sua bellezza, il mondo fatato della montagna, presenta altre singolari caratteristiche. Per esempio, esso percorre l'unica linea in Italia che abbia i passaggi a livello tutti incustoditi. In questi, le tradizionali sbarre sono state sostituite da cartelli che recano scritto in italiano: «Attenzione», e poi in tedesco: «Achtung». Dirò qualcosa di più. Questo trenino è l'unico in Italia e, forse, in Europa, che qualche volta ceda cavallerescamente il passo alle automobili. Ora, avete mai veduto, gentili lettori, un convoglio che rallenti o, addirittura si fermi, per qualche istante, per dare la precedenza ad una autovettura frettolosa? Ed è quello che si verifica, talvolta, per il trenino di Ortisei, specie nelle vicinanze di questo centro climatico e sportivo, dove la strada corre parallela alla linea ferroviaria, e taglia più volte il binario. Un fischio di avvertimento, un colpo di freno westinghouse [in realtà le R.410 usavano un freno a vuoto Hardy], ed ecco l'autista accontentato in materia di precedenza. Del resto, il trenino di Ortisei non ha fretta. Come si fa, infatti, a correre in un paesaggio di montagna dalla bellezza sempre nuova ed inaspettata? Inoltre, la linea che esso percorre è arditissima, tutta in pendenza e con curve a gomito che non si oserebbe tracciare neppure per una tranvia cittadina. Ad esempio, appena lasciata Chiusa, la linea incomincia subito a salire lungo la valle dell'Isarco e dopo qualche minuto si è già cosi in alto che la ferrovia internazionale del Brennero e la strada che l'accompagna e che si è lasciata poco prima, si scorgono giù giù, in basso come nastri sottili, quasi come se fossero visti da un aereo. E sulla strada, le automobili appaiono quali minuscoli scarafaggi in corsa. In genere, la velocità del trenino per misura di prudenza, è bloccata sui 20 chilometri all'ora, ma in qualche raro tratto pianeggiante e rettilineo, mi consta che essa tocchi i 40, persino troppi per chi vuol godere in pieno gli incanti della montagna. Le stazioni di questa minuscola ferrovia sono dei graziosi, civettuoli e piccolissimi chalets in legno. Essi fanno talvolta pensare a certi paesaggi alla Walt Disney, paesaggi da fatine benefiche e da buoni nanerottoli. I prati, di un verde cosi intenso, disseminati di fiori, che il trenino attraversa d'estate con il battere dolce e cadenzato delle sue ruote sui giunti dei binarietti, rumore questo intercalato al sommesso sbuffare della locomotiva, le candide distese di neve e gli alberi incipriati di soffice bambagia in inverno, rievocano, in realtà, nella loro pace così riposante e distensiva, paesi da leggenda e di gnomi ed elfi di una sagra nordica. Tanto bella ed interessante è questa linea che, confesso, diverse volte, trovandomi io a Verona o al Brennero, mi sono recato appositamente a Chiusa per compiere un viaggetto su questo grazioso trenino il cui fascino è dato soprattutto dalla trazione a vapore che, se è ormai superata dal progresso, conserva sempre un'attrattiva tutta sua particolare. Ho notato che anche le donne, le quali di solito non si interessano di meccanica e di ferrovie, trovano un'attrattiva particolare in questa ferrovietta dalle pretenziose e sbuffanti locomotive da montagna. Ricordo, ad esempio, che una volta, dopo una bellissima giornata trascorsa ad Ortisei, allorché dopo qualche minuto di attesa nella stazioncina-chalet apparve il trenino che discendeva da Santa Cristina, mia moglie proruppe in una esclamazione di dolorosa sorpresa, quasi l'avessero defraudata di qualche cosa: "Oh, peccato, il trenino non è più a vapore! Hanno tolto la locomotiva!". Mi affrettai ad assicurare mia moglie che il trenino era sempre a vapore, ma che la locomotiva-tender, con la linea in discesa, procedeva a marcia indietro e che la cabina del macchinista nascondeva così il fumaiolo. E mia moglie si rasserenò subito notando i congegni delle minuscole ruote che fermarono a poco a poco il loro movimento, rotatorio e alternato, proprio davanti a lei. Caro, piccolo trenino di Ortisei! Se, come appassionato delle ferrovie nonché delle bellezze della montagna, potessi esprimere un voto, che è poi quello di tanti turisti, oserei pregare di conservare questa ferrovietta tale e quale come è, a trazione a vapore. Essa, del resto, è diventata famosa anche negli Stati confinanti con noi. Chi poi ha fretta, anche in montagna, prenda l'automobile. Ma che il caro trenino della Val Gardena rimanga, rimanga a correre tra le conifere puntute delle alte montagne, i verdi prati di smeraldo, le singolari e tondeggianti guglie dolomitiche, scandendo con i suoi bianchi getti di vapore e il suo ansimare la sua marcia così dolce e riposante. |
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A settembre 2017 le Poste italiane emettono un francobollo commemorativo sul "Trenino della Val Gardena": la R.410 entra dunque a far parte dell'insieme - invero assai ristretto - di locomotive FS riprodotte su francobolli italiani, dopo la Bayard, l'ETR.200, la E.444, l'ETR.450 e l'ETR.500.