8857, 8720 e scatole. Diamo un'occhiata alla tecnologia di base dei modelli Z degli anni '70. Gli stampi delle carrozze Tipo X sono originali del 1972, l'anno di nascita del Mini Club, mentre la BR 151 (8857) è stata presentate nel 1975, un anno dopo la BR 103, prima locomotiva elettrica in Z. Anche le scatole in plastica delle carrozze sono del 1972, mentre la scatola della locomotiva è degli anni '80 (datata xx). La carrozza più in basso è nell'effimera colorazione POP, che Märklin produsse proprio dal 1972 e che dal 1977 convertì al definitivo turchese-avorio senza cambiare numero di articolo (8721). |
8857 (BR 151). Sfiliamo la cassa, comodamente fissata ad incastro, e troviamo un bel telaio metallico, su cui è montato il circuito stampato. Su quest'ultimo sono fissate anche le spazzole del motore: ne ho estratta una, posata in basso. La macchina è lunga 88 mm, come evidenzia il righello... di Word. |
8857 (BR 151). Qui ho capovolto il telaio ed estratto uno dei due carrelli. Nella sede sul telaio si intravede la vite senza fine, che aziona la ruota dentata al centro del carrello. I due poli sono prelevati dalle ruote con sottili contatti in lamina di rame e portati al circuito stampato mediante le due lamelle (color rame), che strisciano su corrispondenti piastrine metalliche (color argento): tutte le macchine in Z sono infatti prive di cavi. La freccia rossa indica l'orientamento obbligato, nel caso si usi la linea aerea per uno dei due poli: un vincolo presente in tutti i sistemi a corrente continua e due rotaie, di ogni scala (mentre ovviamente le loco Märklin H0 a tre rotaie non hanno problemi di orientamento). |
8857 (BR 151). Allentando quattro viti possiamo scomporre il telaio nei suoi tre componenti: il corpo in fusione metallica, il circuito stampato e un lungo elemento in plastica nera, che fa da isolante e supporta le piastrine metalliche che alimentano un polo delle lampadine dei fari e prendono un polo dalle lamelle sui carrelli. L'altro polo è preso direttamente dal telaio e portato al circuito stampato dalle viti di fissaggio, anche in questo caso evitando ogni cavo. I carrelli sono vincolati da un tondino di acciaio infilato in una fessura del telaio, dove è libero di ruotare. Le spazzole (8988) sono montate su linguette metalliche elastiche, a loro volta ancorate al circuito stampato. Dei tre tipi di spazzole dei motori Z, questo è a mio avviso il più efficace e comodo da maneggiare. |
8857 (BR 151). Estraendo il motore dal suo alloggiamento, si evidenzia la catena di trasmissione, dal suo pignone alla ruota centrale del carrello, attraverso un albero intermedio su cui è montata la vite senza fine. La soluzione costruttiva con il motore disposto longitudinalmente a centro cassa e trasmissione a entrambi i carrelli, inizialmente adottata dalla Roco, è diventata quella standard in scala H0 a partire dalla metà degli anni '80, ma va detto che nel 1975 nessuno tra i grandi costruttori tradizionali - Märklin, Fleischmann, Rivarossi e Lima - la stava utilizzando, nemmeno in H0. In questo senso le macchine in Z possono considerarsi davvero innovative. Va sottolineato infine che le tolleranze tra vite senza fine e ruota dentata permettono la rotazione del carrello in modo molto semplice, evitando i classici giunti cardanici della scala H0, improponibili in Z. |
Stazione. Ora che abbiamo scoperto come è fatta una locomotiva elettrica in Z, soffermiamoci ad ammirarla accanto a una tipica stazione FS, che realizzai in plasticard a metà anni '90 (tetto, porte, finestre e relativi infissi sono quelli del modello 8971). I fanali accesi della locomotiva ferma si ottengono con il consueto trucco di togliere le spazzole al motore, in modo che quest'ultimo non sia alimentato. |
Stazione. Nella vista laterale, oltre alla carrozza 8721, che avevo acquistato nel 1988, metto anche la versione che nei primi anni '90 riverniciai in colorazione FS rosso fegato, con riproduzione della carenatura, ritocco del finestrino della porta (più stretto) e cornici dei finestrini ripassate in ottone anziché argento. |
Stazione. Alla stazione e al treno stavolta affianco... una tazzina di caffè! |
Dettagli. I primissimi cataloghi Märklin Mini Club del 1972-73 avevano sperimentato il singolare abbinamento tra i nuovi modelli in Z e oggetti casalinghi quotidiani: una scelta a mio avviso feconda, che poi ha avuto pochi seguiti. Provo a riproporla oggi sul tavolo della cucina... |
Dettagli. Con la zuccheriera... |
E.432 Nel 1998, raggiunta ormai una certa pratica nel lavorare i fogli di plasticard anche degli spessori maggiori, avevo realizzato in parallelo una E.432 in H0 e una in Z (riguardo all'H0, allora nessuno avrebbe immaginato che 12 anni dopo sarebbe arrivato il modello Roco!). Naturalmente in Z era impensabile, almeno per le mie capacità, costruire rodiggio e motorizzazione, così avevo ritenuto che la cosa più somigliante ad un'E.432 fosse la locomotiva a vapore tedesca BR 96 (8896). Nella foto si vede il telaio della locomotiva, privato di blocco cilindri e bielle motrici, e la cassa della E.432 quasi completata e pronta a calzarlo. |
E.432 In testa a un merci d'epoca... |
E.432 Anche i pantografi sono ovviamente quelli standard Märklin, e la verniciatura manca ancora del castano, eppure la macchina mi pare ben riconoscibile e in grado di trasmettere le sensazioni di quella vera, anche così in piccolo e con il compromesso di cui ho detto. |
E.432 Singolare abbinamento, cronologicamente possibile, tra la E.432 e una carrozza tedesca nella colorazione POP del 1972! |
Catalogo 1978. Ripercorro ora il "mini club" come lo presentava Marklin sui suoi cataloghi nei primi anni '80: tanto la qualità grafica di molte pagine, quanto la raffinatezza degli impianti ritratti sono degne di nota ancora oggi e testimoniano una fantasia realizzativa davvero preziosa. Nel 1978, oltre che sul catalogo generale (per l'ultimo anno nel formato verticale), l'assortimento Z è presentato in un volantino a sé, quadrato, tutto su sfondo marrone, di cui colpisce la precisione grafica. In questa doppia pagina vediamo le carrozze TEE, normali e con illuminazione interna. A differenza dell'H0, l'illuminazione era già installata di fabbrica ed era "ragionevolmente funzionante", con qualche inevitabile sfarfallio dovuto all'incerta captazione di corrente, su sole due ruote per polo. |
Foto 1-15/29 ^ Indice ^ Pag. successiva >>