E.621 (1947, 5 unità). Le cinque E.621 furono la ricostruzione a 3000 V e alimentazione a pantografo delle precedenti locomotive E.620 a terza rotaia (650 V), di foggia estetica simile, che a loro volta erano state ottenute nel 1925, riciclando i motori e vari altri componenti elettrici di alcune delle precedenti elettromotrici E.10, anch'esse a terza rotaia, risalenti al 1901 e nel frattempo smotorizzate e trasformate in carrozze. Le E.620 mostravano un rodiggio inconsueto per l'epoca, con una struttura articolata in due parti, il telaio realizzato in barre di acciaio fuso, alla maniera americana (anziché in lamiera) e gli assi azionati singolarmente (Co+Co). Queste macchine avrebbero dovuto costituire un banco di prova per le successive locomotive a corrente continua a 3000 V, ma va detto che, di lì a poco, il progetto delle E.626, di potenza molto maggiore, seguì una strada alquanto differente, a cominciare ovviamente dal rodiggio. Danneggiate dalla guerra, le E.620 vennero quindi ricostruite da Ansaldo come E.621, andando a sperimentare una tecnologia ancora differente, e non correlata con la loro storia precedente. Si voleva infatti realizzare una macchina da manovra, per i grandi piazzali di stazione da poco elettrificati, come quello di Milano Centrale. Nell'esercizio di manovra, la marcia a velocità costante è rara, mentre si hanno numerosi avviamenti e fermate, che sconsigliano la regolazione tradizionale della velocità, ottenuta per dissipazione con il classico reostato. Sulle E.621 si sperimentò quindi l'azionamento cosiddetto a metadinamo, in verità costituito da ben cinque macchine elettriche rotanti, che applicavano gli studi del prof. G.M. Pestarini. Due motori a corrente continua (collegati in serie in modo da poter essere alimentati a 1500 V ciascuno) trascinano una metageneratrice, cioè un generatore elettrico a tensione variabile, che alimenta i sei motori di trazione (uno per asse). Per completare lo schema, occorre anche una dinamo che alimenta a tensione costante gli avvolgimenti di campo dei motori di trazione, quelli dei primi due motori, e quelli di una seconda dinamo, che fornisce la corrente di eccitazione alla metageneratrice. Questo schema permette anche la frenatura elettrica a recupero, ma ne è evidente la complessità meccanica, con cinque macchine rotanti sul medesimo asse (ospitate nell'avancorpo più lungo). La manutenzione onerosa fece pertanto accantonare le cinque unità nel 1963/64, e le successive locomotive elettriche da manovra, le E.321 del 1960, utilizzeranno uno schema decisamente più semplice e affidabile. |