di Giorgio Stagni
Discussion Paper 13
7 aprile 2025
Il testo dell'articolo coincide con quello pubblicato sul sito di BRT ( link diretto al PDF). Nella versione di questa pagina ho aggiunto alcune figure esplicative e link ad altre pagine del sito.
Contenuto
La ferrovia può vantare una lunga tradizione di affinità con i temi ambientali e sociali, ben prima che si introducessero i concetti della transizione ecologica. È anche da sempre il modo di trasporto terrestre più sicuro. Tuttavia, negli ultimi anni sta soffrendo di un insieme di mali che ne riducono la competitività: in primo luogo un approccio ipergarantista verso la sicurezza, che allunga i tempi di viaggio e incrementa i costi di gestione, a fronte di benefici reali difficilmente misurabili.
Una larga fetta del sistema ferroviario è, ormai da due decenni, di competenza delle Regioni e questo ha determinato un trend di sviluppo molto diversificato, che spesso si è tradotto in un risultato tendenzialmente conservativo dello status quo. In quanto sussidiata con risorse pubbliche, la ferrovia richiede una particolare attenzione all'efficacia della spesa; nel campo del trasporto passeggeri, il primo e principale indicatore di efficacia è l'incremento del numero dei viaggiatori.
Dal momento che il sistema ferroviario è per sua natura molto vincolato e ha le caratteristiche di un bene limitato, per garantire un buon funzionamento, e dunque ambire ad incrementarne l'utilizzo, non è sufficiente rendere disponibile l'infrastruttura, come accade per le strade. Occorre invece progettarne con cura il funzionamento, sia in termini di hardware - le linee ferroviarie, la tecnologia, i treni - sia, soprattutto in termini di software, cioè di struttura dei servizi, orari, coincidenze, sistemi tariffari, informazioni all'utenza. Esistono tecniche codificate, per esempio nella progettazione degli orari, ma anche regole empiriche, che legano ad esempio la frequenza con la capillarità, e che possono aiutare a valutare l'aspettativa di successo di vari progetti, anche infrastrutturali, come l'aggiunta di una nuova stazione o la sua localizzazione.
Il 15 agosto 2024 scelgo di fare una gita sulla bella ferrovia Nizza-Digne. Arrivo a Ventimiglia alle 14 con un Intercity Trenitalia, ma mi accorgo che il tabellone delle partenze per la Francia segna solo soppressioni. Nell'atrio della stazione sono già accampate in attesa almeno 200 persone; non ci vuole molto per capire quale sia il problema: il sito delle SNCF, le ferrovie francesi, riporta che a seguito della previsione di un episodio di pioggia classificato "arancione", la linea è interrotta tra Toulon e Ventimiglia.
In effetti la mattina in Riviera ha piovuto una mezzora, poi il cielo si è aperto e in questo momento splende il sole. Significa che è stata sospesa totalmente la circolazione, per circa 190 km di ferrovia, per la previsione di un temporale che non c'è stato, se non per un breve periodo intorno alle 8. Eppure, alle 18 non sta ancora circolando nulla. Ogni altro sistema di trasporto è in funzione, tanto che si assiste alla scena surreale dell'assalto ai taxi minivan, 7 viaggiatori alla volta, me compreso.
La ferrovia ha sempre lavorato con ogni meteo. Ricordo alcune pubblicità delle FS degli anni '70 che recitavano testualmente "conviene sempre viaggiare in treno: quando c'è nebbia, quando nevica, quando diluvia e, naturalmente, anche quando c'è il sole!". Oggi fanno sorridere, ma lasciano anche sgomenti.
Non si contesta la pericolosità delle allerte meteo. Si potrebbe al limite considerare accettabile che si fermi prudenzialmente la circolazione se inizia a piovere. Ma c'è il sole.
Il treno è già sicuro . Se il tentativo di far diventare il treno "ancora più sicuro" lo porta completamente fuori mercato - per costi, prestazioni, velocità, affidabilità - se la ferrovia è ferma, mentre ogni altro sistema di trasporto funziona, allora abbiamo un grave segnale di allarme.
Meteo e ferrovia |
Ventimiglia, 15 agosto 2024 Il cielo a Ventimiglia alle tre e mezza del 15 agosto 2024.
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Avviso delle ferrovie francesi 190 km di ferrovia sono interrotti per un'allerta meteo "arancione". Piove mezzora alle 8. Alle 18 non sta ancora circolando nulla.
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Pubblicità FS Negli anni '70, la pubblicità delle ferrovie puntava proprio sulla sicurezza del treno con ogni meteo. Oggi sembra fantascienza.
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Ho portato un esempio francese, ma il tema riguarda anche l'Italia. La rete ferroviaria italiana è di appena 16.000 km, a fronte di 300.000 km di strade statali e provinciali, con 6.500 km di autostrade. I binari sono dunque "pochi", e la capacità ferroviaria è un bene limitato, che si satura molto rapidamente, là dove la ferrovia deve svolgere compiti diversi (cioè a velocità diverse): frecce, regionali, treni merci.
Tutto il resto del TPL è costretto a viaggiare nella congestione stradale, che ne condiziona pesantemente la competitività, salvo poche metropolitane e pochissimi tram.
La ferrovia è anche un sistema infrastrutturalmente pesante, quindi costoso per sua natura, e vi sono purtroppo fondati dubbi sulla reale utilità di un gran numero di investimenti infrastrutturali. Il TPL in generale è costoso anche in termini di spesa corrente (costo del personale, manutenzione, ecc.), cioè nel tipo di spesa che da anni viene percepito dalla politica, e di conseguenza dall'opinione pubblica, come quello da ridurre.
Esiste infine un serissimo problema di iper-normativa del settore. Due enti statali (ANSFISA, Agenzia per la sicurezza, e ART, Autorità di regolazione dei trasporti) producono centinaia di pagine di regolamentazione ogni anno, che finiscono sovente per tradursi in costi maggiori, fino a generare situazioni che suonerebbero addirittura paradossali se spiegate a un comune cittadino (come il lentissimo ingresso in stazione, a velocità inferiori ai 10 km/h, in una ampia casistica di situazioni); più in generale si crea una complicazione amministrativa in cui è sempre più difficile districarsi e che rischia di portare a un sostanziale immobilismo.
Se la ferrovia assorbe risorse pubbliche senza restituire nulla in cambio (o comunque senza che i cittadini percepiscano qualcosa in cambio), quanto a lungo potremo considerarla sostenibile?
Dobbiamo dunque guardare la ferrovia con un pessimismo ormai rassegnato? Oppure esistono criteri tecnici di progettazione e di gestione che possono ancora indurci a un certo ottimismo, pur senza credere che la ferrovia e il trasporto pubblico possano essere realmente la panacea per una transizione ecologica rilevante, al di là degli slogan?
La ferrovia italiana si muove in un contesto difficile: costoso, iper-normato, estremamente fragile (non solo per il meteo).
Sappiamo bene che il trasporto pubblico costa poco al cittadino perché è sempre sussidiato: per legge fino al 65% dei costi (DLgs 422/1997); fino a circa il 50% nei casi più fortunati, come ad esempio la Lombardia.
Un sistema sussidiato è efficiente per la collettività quanto più è utilizzato. L'ente regolatore deve dunque creare un sistema efficace (cioè molto utilizzato), altrimenti sta sprecando risorse pubbliche. In questo contesto è normale e legittimo che gli introiti delle linee più importanti sostengano le linee minori; nel contempo bisogna accettare che, a pari condizioni di contesto, è praticamente impossibile ottenere un servizio migliore spendendo di meno.
Anche l'infrastruttura costa, ed è sempre a carico del pubblico. L'unico modo per ammortizzare i costi (già spesi) per l'infrastruttura è utilizzarla molto.
La vera risorsa della ferrovia sono dunque i suoi viaggiatori. Tutti gli investimenti sono produttivi nella misura in cui fanno crescere i viaggiatori.
Una larga fetta del sistema ferroviario è in mano alle Regioni ormai da 24 anni. Ogni Regione è dunque chiamata a valutare in quest'ottica:
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L'analisi dei trend di sviluppo del trasporto regionale in questi due decenni non è facile, perché continua a mancare una base dati pubblica e omogenea. Tuttavia, con alcune approssimazioni basate sulla produzione programmata sulla rete nazionale, suddivisa geograficamente per Regioni, si può desumere che tra il 2003 e il 2024, le Regioni del Centro e del Nord abbiano registrato inizialmente un certo incremento (tra il 15% e il 20% in termini di trenikm), per poi rimanere pressoché costanti dal 2011 in poi. Le Regioni del Sud e delle Isole hanno avuto un modesto incremento nei primi anni, seguito da una riduzione, che le ha portate ad avere oggi quasi il 10% in meno del servizio che avevano vent'anni fa. Fanno eccezione in tutto questo la piccola realtà dell'Alto Adige e la Lombardia, che hanno avuto tassi di crescita positivi, rispettivamente oltre il 90% e circa il 60%, il che ovviamente comporta una precisa scelta politica e l'utilizzo di risorse aggiuntive proprie.
Trend di sviluppo |
Trasporto regionale Trend di variazione relativa dei trenikm, 2003-2024, assumendo come base il 2003.
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Tutto il traffico Con la nascita della rete AV, i servizi veloci sono quadruplicati, ma metà del loro sviluppo ha "eroso" il sistema Intercity. Il trasporto merci liberalizzato si ritrova grosso modo com'era 20 anni fa. Il trasporto regionale ha avuto almeno 10 anni di stasi, o di crescita molto lenta (e molto diversificata per Regione).
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Spesso conviene ragionare sul trasporto pubblico con la similitudine dell'hardware e del software. Ad esempio, a Milano, il Passante ferroviario è stato la "condizione hardware" per avviare le Linee S, cioè il servizio suburbano dell'area milanese, perché ha offerto la capacità necessaria. Anche il materiale rotabile è un hardware indispensabile.
Gli orari dei treni, la tecnica del cadenzamento, la gerarchia dei servizi, l'informazione coordinata, la disponibilità di tariffe integrate e comprensibili sono invece il software con cui il servizio ferroviario e il resto del TPL si presentano al viaggiatore.
L'hardware è la precondizione necessaria al servizio, ma non è la garanzia di successo. E' il software, cioè il servizio offerto, che determina le scelte finali degli utenti, con tutti i benefici ambientali, urbani e sociali che sono propri del TPL.
Spesso la spesa corrente - che nel TPL è particolarmente rilevante - è stata considerata l'aspetto critico, il peccato originale del servizio pubblico. Occorre invece ribaltare il punto di vista: l'infrastruttura è il vero "costo", da ponderare e minimizzare. La spesa corrente per il servizio è il vero "investimento" per i cittadini.
C'è bisogno dell'hardware, e in molti casi se ne sente davvero la mancanza. Il tema della congestione dei nodi ferroviari principali, che è emerso in particolare nel 2024, è un tipico problema di insufficienza dell'hardware: i binari sono troppo pochi rispetto alla domanda di mobilità, e a volte - come nel caso del nodo di Milano - va ammesso che una vera soluzione appare lontanissima.
Occorre tuttavia ragionare in maniera pragmatica, avendo chiara una scala di valori che metta il viaggiatore al primo posto. Nei primi anni di esercizio delle Linee S di Milano (2004-2008), alcune linee, come la S4, erano esercitate con elettromotrici degli anni '50. Non era la soluzione migliore, ma era una soluzione funzionante, perché il valore vero era offrire una corsa ogni 30 minuti per tutto il giorno, tutti i giorni. Il treno nuovo sarebbe arrivato poi, a completare un progetto software ormai avviato. Ove questo progetto è stato portato a termine, si è passati, ad esempio in stazioni come Melegnano, Melzo, Trecate o Locate Triulzi, dagli 800-1000 viaggiatori/giorno (quando le corse erano concentrate in poche fasce pendolari) agli attuali 2500-3000, circa il triplo.
Da quanto detto discendono delle regole di buona progettazione, che ovviamente riguardano sia l'hardware, sia il software.
Cominciamo a guardare il primo aspetto. Se l'infrastruttura è il vero costo, prima di spendere bisogna essere assolutamente certi di spendere bene. Questo significa in primo luogo sapere che cosa si vuole: città da collegare, tempo di viaggio, frequenze, relazioni dirette e coincidenze. Occorre poi tradurre questo nei dettagli dell'infrastruttura che fanno la differenza: ad esempio capire dove basta un bivio a raso e dove serve un'interconnessione, o dove vanno messi i binari per i capolinea. Ancora più importante, se si parla di trasporto regionale, è capire quanto costerà gestirlo e chi lo pagherà, il che dovrebbe tradursi nel sottoscrivere un accordo vincolante tra tutte le parti. Il lettore potrà intuire quanto (poco) ci sia stato di tutto questo, ad esempio, nella progettazione di un'infrastruttura di rilievo come il Terzo Valico, in cui per anni l'unico slogan comunicato - peraltro verosimilmente utopico - è stato "Milano-Genova in un'ora". Ma purtroppo ragionamenti simili sono applicabili alla larga parte dei progetti finanziati dal PNRR.
Se non si segue questo percorso, il più delle volte si ottiene un'infrastruttura che sarà efficace "per puro caso". Peggio ancora: si fa credere alla politica e all'opinione pubblica di aver perseguito il progresso, la transizione ecologica, il miglioramento delle condizioni e così via, e saranno loro a scoprire con sconcerto che non è affatto così.
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Vale la pena di citare un caso tipico, di cui probabilmente oggi sta prendendo coscienza anche l'opinione pubblica: le elettrificazioni delle linee ferroviarie. Si tratta di interventi relativamente poco costosi, quasi senza espropri e comunque poco invasivi e dunque con basso rischio di contestazione; ma servono realmente? Al di là di un'ottimizzazione nell'uso dei rotabili, a vantaggio dell'impresa ferroviaria, l'elettrificazione in sé non implica automaticamente alcun beneficio per il viaggiatore: non fa diventare il treno più veloce, non lo rende più confortevole (un moderno treno diesel ha oggi un confort indistinguibile da uno elettrico), non ne aumenta la frequenza, se l'ente competente non finanzia più corse, il che è ovviamente è una scelta del tutto indipendente.
La rete italiana è già in larga parte elettrificata da decenni, come eredità di una lunga tradizione tecnologica in questo campo, e questo è un indubbio lato positivo. Tuttavia, le linee residue, che si vanno a elettrificare ora, sono pressoché sempre a binario unico: in questi casi il tempo di viaggio è condizionato, oltre che dal tracciato, soprattutto dalla posizione dei punti di incrocio, e in misura del tutto marginale dal sistema di trazione (lo stesso discorso varrebbe ovviamente anche per altri sistemi innovativi, come quello ad idrogeno). Se l'orario è già ben strutturato, è evidente che il cambio di trazione ha un effetto minimo: è questo, ad esempio, il caso della linea Ivrea-Aosta, dove i lavori sono in corso ed è già stato dichiarato che non si avrà una riduzione dei tempi di viaggio. Qui, addirittura, l'uso intelligente di nuovi treni bimodali (elettrici e diesel) già dal 2019 non imponeva nemmeno trasbordi.
Potrà sembrare un'ovvietà, ma vale la pena di evidenziarlo: il treno è ecologico non perché è elettrico, ma perché trasporta tanti viaggiatori. Del resto, le residuali linee non elettrificate della Lombardia richiedono l'utilizzo di 58 treni diesel, a fronte dei 7 milioni di autoveicoli e dei circa 10.000 autobus circolanti nella Regione: quand'anche scomparissero i treni diesel, che quota di decarbonizzazione si sarebbe raggiunta?
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Per contro, per i lavori di elettrificazione la linea Ivrea-Aosta è interrotta per tre anni (2024-2026): questo ci introduce a un altro aspetto chiave, che si è imposto negli ultimi tempi, e cioè la chiusura per tempi lunghi (stagioni o anni) in presenza di qualunque tipo di lavoro infrastrutturale, anche su linee principali o internazionali, che in passato sarebbe apparso impensabile chiudere. Quanto più una ferrovia viene chiusa - salvo ovviamente per quei pochi interventi che richiedano l'asportazione fisica del binario - tanto più si rischia di perderne il "valore pubblico", la percezione di utilità che ne hanno i cittadini, che è un bene prezioso assai difficile da riconquistare. E colpisce in proposito, nella sua disarmante sincerità, questa email realmente scritta da una pendolare di Sondrio: "sono due anni (e a giugno partirà il terzo anno) che nei tre mesi estivi ci sballottolano per un tratto di circa 25 km con dei bus sostitutivi per migliorare la linea, ma il risultato è un servizio sempre peggiore". Quanti pendolari sopravvivranno a questi "miglioramenti" e quanti invece cambieranno le loro abitudini di viaggio, passando all'auto? Per intanto possiamo dire che, con la sostituzione con bus della tratta Bozzolo-Mantova per lavori di raddoppio, a inizio 2024, i viaggiatori/giorno transitanti a Bozzolo sono passati da 2000 a meno di 1000.
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Da ultimo, anche la scelta della tecnologia di trasporto va ponderata con attenzione. Nella storia si è già verificata una specie di selezione darwiniana sui tipi di mezzi che hanno probabilità di successo. Il treno - elettrico e diesel - ha superato brillantemente la selezione, insieme a metrò, tram, filobus e bus. Qualsiasi altro mezzo, sistema di guida o di alimentazione andrebbe valutato con estrema cautela perché il fallimento potrebbe essere dietro l'angolo. Sistemi di tram su gomma a rotaia singola come il Translohr di Padova e Mestre, mezzi a fune come il Minimetrò a Perugia o bus a guida ottica o magnetica (finora rimasti allo stadio di esperimento senza seguito) possono forse colmare alcune specifiche nicchie, ma in genere appaiono come una tecnologia marginale, su cui è poco saggio investire.
Ponderare un progetto infrastrutturale |
La nuova stazione di Rivalta Scrivia (AL) Gli investimenti infrastrutturali sono commisurati a un reale problema di mobilità da risolvere? Prendiamo questo esempio. Ancora a fine anni '80 ci si poteva imbattere in quattro o cinque signore con la borsa della spesa che si accingevano a salire su un'elettromotrice prebellica nella stazioncina di Rivalta Scrivia, per recarsi a Novi Ligure. Sappiamo bene che la storia va sempre avanti, ma spesso con esiti tutt'altro che edificanti. Oggi nessuno prenderebbe il treno da Rivalta, minuscola frazione di campagna, per andare a fare la spesa a Novi, e del resto il servizio locale nel triangolo di Tortona è stato completamente abbandonato da oltre vent'anni. Però Rivalta ha avuto la sfortuna di trovarsi lungo il tracciato del Terzo Valico. A dicembre 2024, dopo 7 anni di chiusura per lavori, è stata riaperta la Tortona-Novi... e la stazione di Rivalta è stata rifatta di tutto punto: marciapiedi da 250 m, sottopasso, ascensori, cartellonistica completa. Peccato che nessun treno vi fermi, per il semplice fatto che non ha senso fermarsi, non ha senso immaginare che possano esservi utenti interessati. In verità non aveva proprio senso ricostruire quella che, come stazioncina di campagna, apparteneva a un mondo radicalmente diverso, e che oggi è una sconcertante, immensa cattedrale nel deserto: la spesa senza il senno.
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Articolo di giornale
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La promozione del "Terzo Valico" Per vari anni, sul sito ufficiale del Terzo Valico, il tracciato della nuova infrastruttura è stato descritto solo con questa semplicissima linea verde, disegnata su una mappa Touring del 1975(!) prelevata dalla mia collezione. L'intera progettazione dell'infrastruttura, anziché appoggiarsi a un modello di esercizio con tracce, orari, tempi di percorrenza, è rimasta a livello dello slogan "Milano-Genova in un'ora", molto probabilmente utopico.
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Vediamo ora qualche elemento chiave del software. Probabilmente oggi possiamo dare per scontati alcuni concetti come gli orari cadenzati e la loro simmetria (che è semplicemente un artificio tecnico per far sì che le coincidenze funzionino in entrambe le direzioni). È però opportuno seguire alcune regole pratiche, per far sì che un servizio ferroviario abbia buone probabilità di essere efficace.
Ad esempio, il tempo di attesa non dovrebbe essere superiore al tempo di viaggio: nessuno aspetta 60 minuti per farne 15 di viaggio, e questo stabilisce un legame almeno qualitativo tra la distanza da percorrere e la frequenza che il viaggiatore si aspetta. Sui servizi suburbani il tempo di viaggio è poco, quindi anche il tempo di attesa deve essere poco, cioè la frequenza deve essere elevata, altrimenti il viaggiatore andrà in auto fino alla prima fermata del metrò (anche e a maggior ragione nei giorni festivi, dove di norma la congestione stradale è minore).
Anche il tempo di accesso alla stazione non deve essere superiore al tempo di viaggio. Le stazioni "nel nulla", cioè lontane dai centri urbani, di solito a seguito di interventi infrastrutturali recenti, non sono competitive, perché il solo arrivarci impiega più tempo che arrivare in auto a destinazione. In più, in assenza di un efficace TPL di supporto, funzionano solo come "primo miglio" (cioè per chi può permettersi di andare in auto in stazione) e non come "ultimo miglio", che è ad esempio la condizione tipica dei servizi turistici, in cui chi scende dal treno deve avere modo di arrivare alla propria destinazione: ne sanno qualcosa i viaggiatori diretti alla nuova fermata di Diano Marina, sulla riviera ligure, ricollocata in campagna a oltre 2 km dalla costa.
La realizzazione di nuove stazioni spesso si traduce in un maggior costo di esercizio: se vanno a creare una linea di tipo suburbano, bisognerà garantire una frequenza maggiore, affinché sia utilizzata; in alcuni casi sarà addirittura necessario introdurre due livelli di servizio (suburbano e regionale veloce) per non penalizzare chi si muove su distanze maggiori, come è successo tra Treviglio e Bergamo, quando si sono aggiunte tre fermate intermedie. Di conseguenza, stazioni realizzate come "opere di mitigazione", o per la creazione del consenso su un intervento infrastrutturale, sono destinate all'insuccesso se poi non si investe in spesa corrente sull'incremento del servizio.
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Occorre anche interpretare con accuratezza le richieste della cittadinanza. I viaggiatori hanno spesso auspicato il tram-treno o la "metropolitana leggera", o addirittura il "tram leggero" (sic) per risolvere i problemi delle linee ferroviarie minori. In verità l'appeal del tram è strettamente legato alla frequenza. I viaggiatori chiedono un tram-treno perché lo associano a una frequenza elevata. A parte alcune legittime domande su cosa sia realmente un tram-treno, è certo che, affinché possa risultare efficace, servirebbe un sussidio in spesa corrente, che sarà proporzionale alla frequenza, anche in presenza di minori costi unitari. Esso non è cioè uno strumento di risparmio - come spesso è stato inteso - ma un investimento significativo di sviluppo del TPL. Ancora una volta la selezione darwiniana ci aiuta a capire che quelli che hanno maggiori probabilità di funzionare sono "i tram che fanno i tram" e "i treni che fanno i treni", cioè i sistemi usati al meglio delle loro caratteristiche intrinseche, al di là delle mode del momento. Nessuno poi funziona gratis, cioè senza investire risorse pubbliche.
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Nell'ambito di quello che abbiamo chiamato software, c'è poi un aspetto specifico che sta diventando sempre più complesso: le regole tariffarie. La disponibilità di soluzioni tecnologiche, come il biglietto acquistato direttamente on-line, ha dato nuove opportunità ai viaggiatori, ma ha anche prodotto un proliferare di regole, in cui l'utente normale fa sempre più fatica a raccapezzarsi, ad esempio quando le regole di utilizzo dello stesso biglietto finiscono con il dipendere dal canale in cui lo si è acquistato (la biglietteria, l'emettitrice, il punto vendita del bar, Internet). E con il sospetto che, al pari di quanto avviene con l'evasione fiscale, tutti questi dettami abbiano purtroppo un ruolo marginale nei confronti degli evasori totali.
Nel 2023, poi, l'operatore nazionale, forse con l'intento di istituire una norma più chiara, ha introdotto il meccanismo del check-in, con cui il biglietto viene legato alla singola corsa. Si tratta probabilmente di un rimedio peggiore del male, perché nel trasporto regionale il valore del prodotto che si vende è la frequenza: l'avere a disposizione un treno ogni 30 o 60 minuti per tutto il giorno. Vincolare il biglietto a una specifica corsa (o doversi avventurare nelle procedure di cambio di validità) significa dilapidare la caratteristica più preziosa di un sistema regionale strutturato. Al contrario, per tutti i biglietti con origine e destinazione, una volta che si è introdotto il biglietto valido per un singolo giorno (in Italia dal 2016), sarebbe assai più saggio eliminare ogni altro vincolo, dall'obliterazione alla validità per un ridotto numero di ore o per la specifica corsa. La validità a tempo, e quindi l'obliterazione, resterebbe la caratteristica dei biglietti a zone, quali sono tipicamente quelli di un bacino integrato di mobilità: due soli tipi di biglietto, dunque, con due regole chiare e comunicabili.
Regole per i viaggiatori |
Biglietto elettronico, biglietto cartaceo, QR code. Le regole tariffarie dovrebbero essere chiare e comprensibili, non un labirinto in cui smarrirsi. Prendiamo questo caso: l'operatore regionale lombardo dal 2024 ha adottato biglietti elettronici "chip on paper" (COP) che valgono un solo giorno, ma vanno ugualmente obliterati. Di conseguenza su tutta la rete lombarda sono state installate le convalidatrici elettroniche, rimuovendo quelle a inchiostro. Ma l'operatore nazionale continua a vendere biglietti cartacei, anch'essi obbligatoriamente da convalidare. Non solo: per tutte le relazioni sovraregionali (Milano-Verona, Milano-Domodossola, ecc.), anche se sono effettuate dall'operatore regionale, quest'ultimo non è in grado di vendere biglietti fisici, che vengono pertanto acquistati presso l'operatore nazionale. E allora come li si timbra? Semplicemente: boh. Non è finita: i biglietti nazionali hanno stampigliato un QR code (che servirebbe per la controlleria) e sulla convalidatrice regionale è presente l'indicazione di un lettore di QR code. Ma esso è completamente inattivo.
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Risultato: si formano code di viaggiatori che tentano invano di far leggere il loro QR code alla convalidatrice regionale. Un'operazione impossibile e inutile. Ma chi glielo spiega? Nota bene: la foto, presa a maggio 2024, non è stata un caso: questa situazione si è protratta per mesi, presentandosi quotidianamente ad ogni ora, soprattutto per i servizi più importanti, con minore utenza abbonata.
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Sempre dalle mail di protesta autentiche di cittadini sconcertati - ma qui abbiamo anche la vignetta! Could you explain why it is necessary to have a paper receipt with the "Io Viaggio Lombardia" card?
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Il sistema ferroviario fa anche parte del patrimonio storico e culturale del Paese e per certi versi può essere considerato una risorsa fragile e non rinnovabile, vista la difficoltà a custodirlo e farlo funzionare, e anche l'impatto non del tutto trascurabile delle nuove realizzazioni infrastrutturali.
Senza dubbio esso è un sistema che va programmato con cura: non è sufficiente rendere disponibile l'infrastruttura (come accadrebbe per una strada); esso non solo è intrinsecamente costoso, ma il suo funzionamento deve essere progettato, ha capacità limitata, richiede ordine e regole.
Con onestà di approccio, non possiamo farci illusioni: la ferrovia e il TPL sono e resteranno una piccola quota nella mobilità generale, salvo casi molto fortunati, e qualsiasi "green deal" ad oggi appare sostanzialmente utopico. Questo non ci esime tuttavia dall'impegno di far funzionare al meglio la ferrovia di cui disponiamo. In mezzo a tutti i temi che la riguardano, è d'obbligo evidenziarne due più importanti.
Primo: se si vuole credere nella ferrovia (e nel TPL in genere), non dovrebbe essere solo per una questione di tutela dall'inquinamento. Soltanto il trasporto pubblico infatti risolve tutti insieme anche gli altri problemi della mobilità: la sicurezza, la congestione, l'occupazione e il consumo del suolo. Per questo il treno continua ad essere più "verde" di qualunque auto elettrica. Anche nel caso in cui funziona ancora a gasolio.
Secondo: tra i problemi che affliggono la ferrovia, la sovranormativa di sicurezza è il più infausto. Il treno è già sicuro. Tutte le volte che un treno va più lentamente per essere ancora più sicuro, i cittadini saranno costretti a scegliere l'auto, cioè il mezzo meno sicuro in assoluto.
Tenendo conto di questi concetti, è possibile costruire un sistema di trasporto ferroviario che dia valore aggiunto a tutti i cittadini: non solo i pendolari, ma anche chi lascia a casa l'auto (o la usa in modo razionale), chi porta con sé la bicicletta, chi fa il turista, chi ha un abbonamento in tasca (e sale sui mezzi perché li ha già pagati), chi legge o lavora a computer lungo il viaggio, chi ama viaggiare, e altri ancora.
Valore aggiunto ai cittadini |
Perché facciamo tutto questo, in un'immagine...
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