Viale Classico. Il parco di Villa Pallavicini, opera più celebre di Michele Canzio, che la realizzò nel 1846, ha la singolare caratteristica di essere stato disegnato come una rappresentazione teatrale, suddivisa in atti e scene, che vanno a costituire una specie di percorso iniziatico per lo spettatore, dalle tenebre fino alla luce del paradiso. Il percorso si adagia sulla forma naturale della collina, alle spalle del palazzo Pallavicini (oggi museo archeologico), e al contempo ne modella i dettagli in funzione della rappresentazione scenica. Superato il fianco del palazzo e la Coffee House appare il Viale Classico, con la vasca delle ninfee, a cui fa da sfondo l'Arco di Trionfo. |
Arco di Trionfo. L'arco ha la particolarità di presentarsi in forme neoclassiche sul fronte (nel senso di percorrenza dello spettatore) e al rustico sul retro, segnando quindi il passaggio concettuale dalla vita quotidiana all'incontro con la natura, ovvero, nella rappresentazione scenica, dal prologo al primo atto. |
Tempio di Diana e Ponte Cinese. Il percorso prosegue per il Viale delle Camelie (inevitabilmente privo di fioritura a fine estate) e verso la parte alta della collina, al Castello del Capitano (che non ho visitato in questa occasione, perché aperto solo nei weekend). Attraverso delle grotte artificiali (anch'esse parzialmente chiuse in settimana) lo spettatore ottocentesco compiva il passaggio di "purificazione" dagli inferi al paradiso, approndando alla scena più spettacolare del parco, sicuramente una meraviglia anche agli occhi di oggi: il Lago Grande con il Tempio di Diana e il Ponte Cinese su un ramo del lago, che dà accesso a una sponda che siepi e recinzioni fanno sembrare un'isola. |
Tempio di Diana. Il tempietto neoclassico circondato dalle acque è diventato il simbolo del parco. |
Pagoda (dettaglio). La Pagoda si trova al centro, tra le due campate del Ponte Cinese. |
Tempio di Diana e Ponte Cinese. In primo piano la raffinata struttura metallica del ponte. Sullo sfondo, dietro al Tempio, si intravede il Ponte Romano con cui prosegue il percorso di visita. |
Pagoda. |
Casino di Flora. Il ramo meridionale del Lago Grande dà la sensazione di trovarsi su un'isola, al di là della quale si rivela il Casino di Flora a pianta ottagonale. |
Casino di Flora. La volta affrescata. |
Casino di Flora. L'edificio si affaccia su un prato, pressoché l'unico di tutto il parco. Due archi contrapposti sono aperti, ed inquadrano prospetticamente una statua dall'altro lato. |
Casino di Flora. Primo piano con le decorazioni a stucco e la vista "in trasparenza" della statua di là dell'edificio.. |
Casino di Flora. La stessa prospettiva in trasparenza si ha dall'altro lato, centrata sull'Obelisco che si trova oltre il Lago Grande. Le altre finestre sono chiuse da vetri gialli decorati, che filtrano la luce in una tonalità dorata. |
Tempio di Diana e Pagoda. Il percorso risale sulla collina, passando ora sopra il Lago Grande e permettendo di coglierne gli elementi da un differente punto di vista. Una cosa che non ricordavo e che ho (ri)scoperto con piacere è la sensazione dell'orizzonte del mare, che chiude la scena. |
Tempio di Diana e Pagoda. Appena a destra del Tempio si intuisce l'Altalena, sostenuta da una struttura circolare: oggi è recintata, ma fino ad anni relativamente recenti era ancora accessibile. Il profilo degli alberi inquadra il mare e il campanile della chiesa dei Santi Martino e Benedetto, preesistente al parco ma sfruttata da Canzio per arricchirne la scenografia. Ovviamente il fotografo attuale ricerca queste prospettive ottocentesche ed esclude invece quelle che evidenziano l'edificazione completa della piana di Pegli - ovviamente del tutto agricola nel contesto ottocentesco - e la presenza ingombrante dei viadotti dell'autostrada (1964-75), di cui però è davvero difficile ignorare l'incessante rumore di fondo. |
Tempio di Diana. Sguardo in controluce. |
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