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Il ramo di Giarre

 Randazzo (le sciare).  Da Randazzo comincia il "ramo settentrionale" della linea, che scende al mare lungo il fianco del vulcano, sullo sfondo della valle dell'Alcantara.
Il ramo di Giarre - Randazzo (le <i>sciare</i>).

 

 Calderara.  
Il ramo di Giarre - Calderara.

 

 Rovittello.  
Il ramo di Giarre - Rovittello.

 

 Giarre.  
Il ramo di Giarre - Giarre.

 

 Riposto.  E' il capolinea della ferrovia: subito fuori dalla stazione, si vede l'inizio della rampa che, pressoché ininterrotta, salirà dal livello del mare ai 550 m di Linguaglossa.
Il ramo di Giarre - Riposto.

 

 Nuovo! Riposto.  Una delle prime tre ADe (OMS/Fiat/TIBB, 1962, simili alle unità per la Sardegna) giace in abbandono a Riposto. Sul fianco di una carrozza è ancora presente la scritta FCE a cifre metalliche in rilievo: in attesa del treno delle 18 che mi porterà a Bronte, sotto il nespolo pieno di frutti, mi ritrovo così a scattare persino a questi mezzi abbandonati, come se fossero anch'essi un segno della ferrovia che sto esplorando.
Il ramo di Giarre - Riposto.

 

 Nuovo! Riposto.  E infine arriva l'Impa che effettua l'ultimo treno del ramo di Giarre, e su cui viaggerò fino a Bronte.
Il ramo di Giarre - Riposto.

 

Viaggiare intorno al vulcano

 

 

Dal quaderno di appunti del 21 novembre 2006

Forme del tutto diverse, vulcaniche, sono state ieri, la giornata sulle pendici dell'Etna, da Riposto a Randazzo, e giù a Fiumefreddo. Il vulcano non ha contrafforti, non ha valli, le sue isoipse sono variazioni sul tema della circonferenza, e i paesi vi si adagiano in questo modo strano, con vie rettilinee che spesso sono gradienti. Taormina, a cui sono salito la sera, è costruita su precipizi, ma è in piano. A Linguaglossa, a Piedimonte, alla stessa Riposto che raggiunge il mare, sembra che il piano non esista, ma solo una pendenza costante, la giacitura stessa della falda vulcanica. E ancora una volta, lungo quelle vie, colpisce la nobiltà dei palazzi, l'austerità delle chiese in pietra lavica, come a Randazzo, e il pregio della pavimentazione lastricata.

Poi c'è la ferrovia. Guardi l'uscita dalla stazione di Riposto e vedi il binario che comincia la rampa: sarà ininterrotta almeno fino a Linguaglossa. E, soprattutto nel primo tratto, non è questa una linea di spazi aperti: non ci sono certo i prati di Maletto, ma il binario trova la sua strada nel dedalo infinito di campi, orti, muri a secco, viottoli campestri con i loro passaggi a livello senza barriere, curve e controcurve; e subito l'autostrada è una striscia giù in basso, il mare un orizzonte infinito, Taormina la "quinta" a settentrione. Dell'automotrice che mi porta fino in cima, ricordo soprattutto l'odore caldo e vivo di ferrovia, che si respira affacciati al finestrino negli attimi di sosta in stazione. Delle altre che ho fotografato, il loro arrivare docili, quasi scivolando, spesso silenziose (a parte la doppia con due rimorchi in pieno sforzo sulla rampa di Linguaglossa!).

Man mano che ci si guarda intorno, poi, ci si rende conto che la lava è qualcosa di più dei luoghi classici di Bronte o Randazzo: davvero permea il paesaggio, disegna i muri, le strade, la massicciata della ferrovia, costruisce la forma della terra, dei campi; la stessa costa, quando arriva fino al mare, come intorno alla metropolitana di Catania. A sorpresa la trovo persino quando torno a Riposto, come polvere minuta e fittissima che ha ricoperto ogni marciapiede. Infine lo spettacolo notturno, la lama incandescente che scende dal fianco del vulcano, come la vedo dal finestrino e poi dalle stessa terrazza di Taormina, la città sul calcare che guarda i segni della lava di fronte a lei. Ed è la lava stessa, o meglio il suo distendersi, a creare le geometrie urbane, quei rettifili lunghissimi che partono orizzontali ma ne vedi in fondo aumentare sempre più la propria inclinazione: la via Etnea a Catania ne è certo l'esempio più nobile, ma l'intera maglia ortogonale che da Giarre scende al mare si basa sull'identico approccio; giù per quel rettifilo lastricato "rotolavo" veloce in bici, fino a far colazione in una spettacolare pasticceria di pistacchi e creme.

Ma riguardo alla ferrovia è altrettanto interessante l'altro viaggio che ho fatto, da Catania Borgo a Paternò. Al di là del fatto che, in questo caso, ho casualmente azzeccato come destinazione una delle stazioni più anonime della linea, colpisce l'insospettabile quantitativo di utenza, non solo sul treno-studenti dell'andata, ma anche sull'Impa del ritorno, che raccoglie "gente comune" tanto da esserne quasi piena: una automotrice quasi piena è sempre una cosa bella, non scontata.

E' fin troppo facile dire che la Circumetnea, e il ramo nord in particolare è "un altro mondo": in un certo senso lo è ogni ferrovia concessa; qui tuttavia il percepire questa linea e queste automotrici come un patrimonio prezioso, sopravvissuto dalla storia, e che nulla di moderno potrà mai equiparare, si completa con la solarità mediterranea dello scenario naturale, della valle dell'Alcàntara su cui si aprono gli sguardi e del versante del vulcano, lungo il quale la ferrovia trova il suo cammino.


 

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