E.400 (1928, 3 unità). Si tratta di un piccolo gruppo, di soli tre esemplari, progettati dalle Officine di Savigliano agli albori della trazione a corrente continua, ed espressamente costruiti nel 1928 per la breve ferrovia privata Aosta-Prè S.Didier, realizzata nello stesso anno soprattutto per scopi minerari, e poco dopo confluita nelle FS. Su questa linea hanno fatto servizio per quattro decenni; riducendosi il trasporto merci, le E.400 erano diventate abituali alla testa di brevi composizioni di carrozze viaggiatori tipo Moncenisio e nel dopoguerra rivestirono la normale colorazione castano e Isabella. A partire dal maggio 1961, con la conversione da trifase a corrente continua del nodo di Torino, le unità 002 e 003 fecero servizio rispettivamente sulla Trofarello-Chieri e sulla Bricherasio-Barge, al traino di brevi treni "navetta" (con carrozza pilota in testa e locomotiva presenziata in coda, comunicanti mediante un citofono). Dopo qualche anno rientrarono ad Aosta, ma con la de-elettrificazione della loro linea (1968), tutte e tre le macchine finirono sulla Ferrovia Casalecchio-Vignola, alle porte di Bologna, dove fecero servizio fino agli anni '80. Un esemplare venne poi destinato a Pietrarsa, dove rimase esposto molti anni nella vivace colorazione giallo-rossa che aveva ricevuto in Emilia, per poi essere riverniciato nel nero d'origine intorno al 2017. |
E.621 (1947, 5 unità). Le cinque E.621 furono la ricostruzione a 3000 V e alimentazione a pantografo delle precedenti locomotive E.620 a terza rotaia (650 V), di foggia estetica simile, che a loro volta erano state ottenute nel 1925, riciclando i motori e vari altri componenti elettrici di alcune delle precedenti elettromotrici E.10, anch'esse a terza rotaia, risalenti al 1901 e nel frattempo smotorizzate e trasformate in carrozze. Le E.620 mostravano un rodiggio inconsueto per l'epoca, con una struttura articolata in due parti, il telaio realizzato in barre di acciaio fuso, alla maniera americana (anziché in lamiera) e gli assi azionati singolarmente (Co+Co). Queste macchine avrebbero dovuto costituire un banco di prova per le successive locomotive a corrente continua a 3000 V, ma va detto che, di lì a poco, il progetto delle E.626, di potenza molto maggiore, seguì una strada alquanto differente, a cominciare ovviamente dal rodiggio. Danneggiate dalla guerra, le E.620 vennero quindi ricostruite da Ansaldo come E.621, andando a sperimentare una tecnologia ancora differente, e non correlata con la loro storia precedente. Si voleva infatti realizzare una macchina da manovra, per i grandi piazzali di stazione da poco elettrificati, come quello di Milano Centrale. Nell'esercizio di manovra, la marcia a velocità costante è rara, mentre si hanno numerosi avviamenti e fermate, che sconsigliano la regolazione tradizionale della velocità, ottenuta per dissipazione con il classico reostato. Sulle E.621 si sperimentò quindi l'azionamento cosiddetto a metadinamo, in verità costituito da ben cinque macchine elettriche rotanti, che applicavano gli studi del prof. G.M. Pestarini. Due motori a corrente continua (collegati in serie in modo da poter essere alimentati a 1500 V ciascuno) trascinano una metageneratrice, cioè un generatore elettrico a tensione variabile, che alimenta i sei motori di trazione (uno per asse). Per completare lo schema, occorre anche una dinamo che alimenta a tensione costante gli avvolgimenti di campo dei motori di trazione, quelli dei primi due motori, e quelli di una seconda dinamo, che fornisce la corrente di eccitazione alla metageneratrice. Questo schema permette anche la frenatura elettrica a recupero, ma ne è evidente la complessità meccanica, con cinque macchine rotanti sul medesimo asse (ospitate nell'avancorpo più lungo). La manutenzione onerosa fece pertanto accantonare le cinque unità nel 1963/64, e le successive locomotive elettriche da manovra, le E.321 del 1960, utilizzeranno uno schema decisamente più semplice e affidabile. |
E.321+E.322 (1959-64, 40+20 unità). Mentre le E.621 terminavano la loro incerta carriera, nasceva la nuova generazione di locomotive elettriche da manovra. Anche in questo caso, si optò per una soluzione di compromesso, riciclando il telaio e le ruote delle più celebri locomotive a vapore da manovra, le 835, che venivano progressivamente alienate in quegli anni: da questo derivò il rodiggio a tre assi accoppiati con bielle, che era appunto quello delle 835. Si adottò anche una scelta singolare: a metà delle normali E.321, dotate di cabina e quindi del tutto indipendenti, si abbinò un secondo modello di locomotiva, le E.322, sprovviste di cabina e di pantografo, che di conseguenza potevano funzionare solo telecomandate dalla E.321 accoppiata, ovviamente con lo scopo di raddoppiare la potenza disponibile. Analogamente alle E.621, fu necessario studiare un tipo di azionamento che non gestisse l'avviamento e la regolazione della velocità con il classico reostato (tipico delle locomotive a corrente continua da treno), perché inadatto per i movimenti di manovra a bassa velocità: venne quindi installato un motore primario che azionava una dinamo coassiale; quest'ultima produceva la corrente che alimentava il motore di trazione; variando la tensione in uscita dalla generatrice, si regolava la velocità di marcia (più dettagli sulla Wikipedia). Nel 1969 quattro E.321 e sette E.322 vennero adattate per funzionare in composizione a tre pezzi (un'unità con cabina e due senza): riclassificate come serie .200, furono utilizzate per lo sbarco dei treni dai traghetti a Messina. Oggi è conservata la E.321.003, a Tirano (SO). |
E.646.001 (1958-59, 5 unità). Nel 1958 uscì dagli stabilimenti TIBB una locomotiva apparentemente identica alle centinaia di E.636 che sarebbero state costruite ancora per quattro anni - era inizialmente colorata anch'essa in castano e Isabella - ma ben più innovativa dal punto di vista elettrico. La E.646.001 montava 12 motori anziché 6, raggiungeva i 140 km/h (invece di 105-120) e sviluppava una potenza oraria inizialmente fissata in 2580 kW, e che, a seguito di alcune modifiche elettriche, verrà poi innalzata a ben 3980 kW, più del doppio rispetto ai 1880 delle E.636 (che, pur introducendo la cassa articolata, avevano ripreso molte soluzioni elettriche dalle precedenti E.626). Per accentuare il carattere innovativo, la E.646.001 venne presto ridipinta in una livrea interamente nuova, che riprendeva il verde magnolia e il grigio dei due Elettrotreni Settebello di cinque anni prima, abbellita da un profilo a tre gradini (le "ali"). I primi cinque prototipi, entrati in servizio nel 1958-59, diedero origine di lì a poco alla famiglia delle E.645 ed E.646 di serie, che ne mantennero la potenza, riducendo lievemente il passo dei carrelli e abbandonando, a partire dal 1961, le cabine poligonali, a favore di una nuova cassa più semplice e lineare. Nel 1979-80, tutti e cinque i prototipi sono stati convertiti in E.645 per treni merci (numerazione 101-105), con rapporto di trasmissione più corto, adottando la colorazione castano e Isabella delle restanti macchine di questo gruppo. La 101 e la 104, nei primi anni 2000, gli ultimi del servizio regolare, sono state riverniciate nella storica colorazione verde magnolia. Il disegno riproduce la E.646.001 a metà anni '70. |
E.646 (1961-67, 198 unità). Le importanti locomotive E.646 di seconda serie, destinate ai treni viaggiatori rapidi, furono realizzate in quasi 200 esemplari negli anni Sessanta. La versione raffigurata è la più celebre, con modanature di alluminio sulla fiancata e la disposizione di griglie e finestrini precedente alla trasformazione per treni navetta, che interessò tutte le unità negli anni '70 e portò queste locomotive a vivere la seconda metà della loro carriera, al traino di treni pendolari, fino all'inizio del XXI secolo. |
E.645 (1963-65, 61 unità). Per la versione merci, classificata E.645, l'autore propone lo stato finale degli anni '80 e '90, in colorazione castano e Isabella, ma senza le modanature in alluminio (e con alcuni sportelli sul fianco della cassa che subirono modifiche nel corso degli anni). Le E.645, con rapporto di trasmissione più corto rispetto alle E.646, avevano velocità massima di 120 km/h e diedero un contributo fondamentale alla trazione dei treni merci, soprattutto sulle linee di valico, come il Frejus o la Pontebbana. Negli ultimi anni era tuttavia del tutto comune trovarle in servizio anche con i più svariati treni viaggiatori, anche internazionali, ad esempio sulla Riviera Ligure. |
E.444.001 (1967, 4 unità). Con alle spalle una lunga tradizione di servizi rapidi effettuati con elettrotreni, dagli ETR.200 d'anteguerra alla vasta famiglia delle ALe 601 degli anni '60, nel 1967 le FS decisero di innalzare la velocità anche per i normali treni formati da locomotiva e carrozze. Le officine di Savigliano consegnarono quindi i quattro prototipi di un nuovo Gruppo, le E.444.001-004, che tornava alla più semplice struttura non articolata, a 4 assi su due carrelli: in sostanza come le E.424, ma con una potenza più che doppia e una velocità massima di 180 km/h. Anche se conservavano i tradizionali panconi portarespingenti (che sarebbero scomparsi con le successive E.444 di serie), i prototipi introdussero una nuova ed elegante colorazione, blu orientale e grigio perla. La prima unità fu protagonista di una spettacolare corsa prova nel novembre 1967 (vedi il resoconto sul numero di allora di Ingegneria Ferroviaria). |
E.444 (1970-74, 113 unità). Dopo i primi quattro prototipi di E.444 del 1967, a partire dal 1970 apparvero le unità di serie, con un'estetica dei frontali interamente nuova, inedita in Italia (ma che si richiamava alle forme curve e aerodinamiche delle BR 103 tedesche di pochi anni prima) e che ancor oggi è spesso considerata il migliore design ferroviario dell'intero parco delle FS. Come già per la E.646, l'autore ne propone la versione più classica, molto vicina allo stato d'origine: abbandonando per la prima volta il tradizionale pancone rettangolare porta-respingenti, le E.444, appena consegnate, per breve tempo non ebbero nemmeno la fascia rossa frontale, che fu poi aggiunta per ragioni di visibilità. Il disegno mostra quindi il frontale rosso definitivo, e riproducendo anche la sottile modanatura tra il blu e il grigio, ambienta la locomotiva fino al principio degli anni '80. La velocità massima salì da 180 a 200 km/h, anche se nell'esercizio quotidiano questo valore venne effettivamente raggiunto solo una quindicina d'anni più tardi, a partire dal 1986 sulla Direttissima Firenze-Roma. Come è noto, a partire dal 1996 tutte le E.444 di serie furono trasformate con nuove cabine di forma più squadrata, prima in livrea rossa e poi in XMPR. Questo permise loro di arrivare in servizio regolare fino al 2019, sfiorando il mezzo secolo di vita: furono probabilmente le ultime locomotive italiane a toccare questo traguardo, visto che il successivo dilagare di elettrotreni ha fatto sparire quasi contemporaneamente le più giovani E.656 ed E.632/633. Con scelta assai poco lungimirante, nessuna E.444 è stata conservata allo stato d'origine. Rimane solo la E.444.001, il primo prototipo, non funzionante, al museo di Pietrarsa. |
E.656 (1975-89, 461 unità). Le E.656 rappresentano l'ultimo stadio evolutivo delle macchine elettriche a tre carrelli, su due semicasse articolate tra loro: un progetto prettamente italiano, che caratterizzò la rete FS per circa 80 anni, dal 1940, quando entrarono in servizio le prime E.636, al 2021, quando si sono avuti gli ultimissimi servizi merci regolari delle E.656. In questo modo si riusciva a distribuire su 6 assi una potenza decorosa, mantenendo il carico assiale a valori bassi e con una qualità di marcia accettabile. Le E.656 entrarono in servizio a partire dal 1975, rielaborando una terza volta - dopo E.636 ed E.646 - la concezione tradizionale, sia nella struttura articolata, sia nell'impostazione elettrica, con 12 motori a corrente continua (due per asse) azionati con regolazione reostatica. Solo quattro anni più tardi, le prime E.633 con regolazione a chopper introducevano l'elettronica nelle locomotive italiane: si dice pertanto che le E.656 nacquero già sul viale del tramonto, ma va anche osservato che, proprio grazie alla replica di un modello consolidato, si riuscì a immettere in servizio una macchina di ottima robustezza e flessibilità, con una potenza adatta a praticamente tutti i servizi viaggiatori. Suddivise in più serie, le E.656 raggiunsero i 461 esemplari, solo di poco inferiori al record delle 469 unità di E.636: la costruzione continuò infatti fino al 1989, con le 68 unità di sesta serie, le uniche telecomandabili per servizi navetta. In verità furono proprio queste le prime a essere fermate, soppiantate dalle E.464 entro il 2012. Dal 2003 varie unità furono trasformate in E.655, esteticamente identiche ma con rapporto di trasmissione per treni merci e velocità di 120 km/h anziché 150. L'ultima epopea delle E.656, incluse le più anziane della prima serie, si ebbe in Sicilia, con la trazione degli intercity diurni e notturni fino alla fine del 2019, ma varie unità sono oggi nel parco storico di Fondazione FS. L'autore ha preso a modello la E.656.286 (Casertane-Ansaldo, 1979) raffigurata allo stato d'origine. |
E.633 (1981-84, 75 unità). Con i primi cinque prototipi di E.632/E.633 del 1979, le FS entravano nel mondo degli azionamenti elettronici delle locomotive elettriche. Un chopper - in italiano, frazionatore - veniva utilizzato per regolare la tensione e il periodo di alimentazione dei motori (ancora a corrente continua) in modo da gestire l'avviamento senza aver più bisogno del tradizionale reostato. Anche la struttura meccanica vedeva due significative modifiche: pur mantenendo tre carrelli a due assi, la cassa non era più articolata ma in corpo unico; inoltre i carrelli erano monomotori: si passava quindi dai 12 motori delle E.656 ad appena tre motori, con notevole semplificazione, ottenendo una potenza continuativa addirittura lievemente superiore (4905 kW delle E.633 contro i 4800 delle E.656). Sin dai prototipi vennero realizzate due versioni, che differivano per il rapporto di trasmissione: le E.632 per treni passeggeri, con velocità massima di 160 km/h, e le E.633 per treni merci, limitate a 130 km/h ma con maggior forza di trazione.Ai prototipi seguirono le unità di serie di entrambe le versioni, e in particolare, per le E.633, le 75 unità della prima serie, con pantografi monobraccio, a causa dell'ingombro del reostato per la frenatura elettrica, sul tetto (nelle unità successive verranno utilizzati i normali pantografi tipo 52). Dopo una lunga e laboriosa messa a punto, dovuta alle importanti novità tecniche, a partire dalla metà degli anni '80, le E.633 fornirono un buon lavoro alla trazione non solo dei treni merci, ma anche di numerosi treni navetta del traffico pendolare. L'obsolescenza dell'elettronica di quegli anni, insieme alla contrazione del servizio merci e alla massiva costruzione di E.464 per quello passeggeri, fecero sì che la vita delle E.633 fu relativamente breve, e le ultime E.633 vennero fermate intorno al 2017. L'autore ha riprodotto l'unità 079, ultima della prima serie, costruita da Sofer e Ansaldo nel 1984 e dotata del caratteristico disegno della "Tigre", terzo e ultimo animale apparso sulle locomotive FS. |
E.454 (1985-89, 5 unità). A metà anni '80, le FS tentarono la carta di una locomotiva dalla struttura monocabina e dall'estetica significatamente nuova. L'azionamento era elettronico a chopper, ma ancora con i tradizionali motori a corrente continua: di fatto la medesima soluzione concettuale usata sulla famiglia delle E.633. Dalla stessa famiglia riprendeva anche la doppia versione, passeggeri e merci, ottenuta cambiando il rapporto di trasmissione, e dunque la velocità massima (160 e 120 km/h rispettivamente). A differenza delle E.633, tuttavia, l'impostazione monocabina prefigurava servizi merci in doppia trazione con le locomotive accoppiate di coda, mentre per i treni pendolari sarebbe bastata una singola locomotiva, con l'intercomunicante verso le carrozze. Vennero realizzati 5 esemplari, 3 per viaggiatori (E.454) e 2 merci (E.453). Questi ultimi erano privi della fascia bianca, anche se in origine si pensò proprio il contrario, perché la fascia stessa avrebbe dovuto caratterizzare la linea estetica delle due macchine accoppiate. Il progetto tuttavia non ebbe seguito, perché nel frattempo l'evoluzione dell'elettronica rese molto più convenienti i motori trifase, apparsi dapprima sulle venti E.412 del 1997 e poi in massa sulle centinaia di E.464 (dal 1999), che riprendevano la struttura monocabina, ma con una differente estetica e appunto l'impostazione elettrica di una generazione successiva. Rimaste limitate ai 5 esemplari, le E.453/454 vennero utilizzate per una decina d'anni, con treni navetta nella zona di Firenze, telecomandando carrozze pilota per Medie Distanze appositamente adattate (la comunicazione con la carrozza pilota non usava infatti il tradizionale cavo a 78 poli ma la condotta UIC a 13 poli). L'esemplare E.454.001 è sopravvissuto ed è conservato non funzionante a La Spezia. |
E.444R (trasformazione 1989-97, 113 unità). A partire dal 1989, tutte le E.444 di serie, cioè esclusi i 4 prototipi, vengono trasformate con la sostituzione delle cabine e varie modifiche di tipo elettrico. Per l'occasione, viene applicata una livrea inedita, basata su tinte di grigio e un ampio uso del rosso. In questa versione, definita "R", cioè Riqualificata, le E.444 continueranno a viaggiare per circa trent'anni, fino al 2019. Nei primi anni, le E.444R sono ampiamente utilizzate sugli importanti e numerosi Intercity Milano-Roma, che viaggiano a 200 km/h sulla Direttissima Firenze-Roma, prima dell'arrivo degli ETR.500 "Eurostar" (gli attuali Frecciarossa). Successivamente, con la riduzione di importanza degli Intercity e l'arrivo delle E.402 (A e B), le E.444R vengono utilizzate su tutte le principali linee italiane, e tra l'altro dal 1997 tornano ad arrivare a Ventimiglia (quindi con funzionamento a 1500 V), stazione da cui le E.444 normali erano rimaste assenti sin dal 1985. Ovviamente, al pari di tutte le altre macchine FS, dalla fine degli anni '90 rivestono la colorazione unificata XMPR, dapprima con tutte le cabine verde scuro, e poco dopo con una più ragionevole versione bianca e verde. Sono trasformate in E.444R anche le tre macchine che avevano sperimentato l'equipaggiamento elettronico (005, 056 e 057) e quelle che avevano ricevuto il rapporto di trasmissione "lungo" per raggiungere più agevolmente i 200 km/h (18 unità dell'effimero gruppo E.447): tutte queste macchine, trasformate in E.444R, tornano uguali alla versione base. Risultano oggi conservate funzionanti per mezzi storici la 005 (ex elettronica) e la 046 (prima E.444R), entrambe in colorazione rossa. |
E.402A (1994-96, 40 unità). Sin dalla prima metà degli anni '80, apparve la necessità di superare definitivamente non solo l'azionamento reostatico (ancora presente sino alle E.656) ma anche i motori a corrente continua (che erano rimasti sulle E.632/633, sia pure alimentati a chopper). Un primo prototipo del nuovo Gruppo E.402, con motori trifasi asincroni alimentati con inverter, apparve nel 1985, anche se non si trattava ancora di una macchina autonoma, ma solo di un "simulacro" parzialmente attrezzato per sperimentare la nuova tecnologia. Nel 1988 arrivarono i primi cinque prototipi E.402.001-005 e finalmente, nel 1994, 40 macchine di serie, dall'estetica completamente nuova (differente anche dai prototipi), valorizzata da una sgargiante colorazione rossa. Queste macchine, che saranno poi dette E.402A per distinguerle dalle successive E.402B, vennero utilizzate alla trazione dei treni Intercity, allora numerosi ed efficienti, non essendo ancora nata la rete ad Alta Velocità. La velocità massima era di 200 km/h, coerente con quella delle carrozze Gran Confort e Tipo Z, ed era previsto anche il funzionamento "navetta", con la locomotiva in coda, ma in realtà quest'uso fu quanto mai sporadico, per l'inaffidabilità delle prime pilota tipo Z (risolta solo con le serie successive, circa vent'anni più tardi!). Di lì a poco, apparve la nuova colorazione biancoverde XMPR, che ovviamente venne applicata anche a queste macchine, così che le E.402 rosse viaggiarono per un periodo piuttosto breve, a cavallo degli anni 2000. Tra il 2016 e il 2019, l'intero Gruppo venne convertito in versione monocabina - classificata E.401 - con la nuova livrea bianca Intercity, che tuttavia è stata applicata a queste locomotive in una versione esteticamente molto penalizzante, con una sagoma del grigio frontale inadatta alla forma della cabina. |
E.402B (1997-2000, 80 unità). Per il secondo lotto di E.402, 80 esemplari consegnati dal 1997 al 2000, venne ridisegnata completamente la cabina, grazie anche alla struttura in "materiale composito" (anziché nella tradizionale lamiera) che permetteva di sagomarla a piacimento. Ne uscì una forma significativamente innovativa, forse un po' pesante nella primitiva colorazione bianca con fascia verde, ma che ha dimostrato con gli anni di sapersi adattare a varie nuove colorazioni, guadagnandone in estetica. Dopo la versione XMPR (che semplicemente sostituiva la tonalità e posizione della fascia verde) è arrivata la livrea Frecciabianca, qui illustrata, probabilmente la più riuscita e quella che maggiormente ne valorizza le forme. Ad essa, per la cronaca, ha fatto seguito la versione Intercity bianco-grigia, comunque apprezzabile. Con la scomparsa delle E.444 e di ogni altra locomotiva tradizionale, e la destinazione delle E.401 a composizioni bloccate di treni Intercity, negli anni 2020 le E.402B, insieme al piccolo gruppo delle 24 E.403 poco successive (e tecnicamente non troppo ben riuscite...) sono rimaste le uniche locomotive Trenitalia a disposizione non solo per i servizi ordinari, ma anche per qualunque treno straordinario italiano o estero, come per esempio le composizioni di cuccette dei pellegrini per Lourdes, oppure il servizio di lusso Venice Simplon Orient Express. |
E.412 (1997-98, 20 unità). A metà anni '90, si prospettava l'apertura del mercato ferroviario alle imprese delle altre nazioni, e nel contempo appariva possibile rendere più efficiente e competitivo il servizio viaggiatori e merci, abolendo il tradizionale cambio di locomotiva al confine: le FS ordinarono quindi ad ABB venti locomotive politensioni, entrate in servizio nel 1997-98, e pertanto le prime a uscire già in colorazione XMPR. Le locomotive nascevano con la concezione di "locomotiva universale", in seguito superata perché antieconomica: erano cioè adatte sia ai treni viaggiatori - da cui la velocità massima di 200 km/h - sia a quelli merci. Potevano circolare in Italia, a 3000 V c.c. (e a potenza ridotta a 1500 V) e a 15 kV in c.a., quindi nei paesi di area tedesca. Tuttavia la storia andò diversamente, e di fatto le E.412 furono usate stabilmente solo in Italia e, salvo i primissimi anni, solo per treni merci, soprattutto lungo la linea del Brennero. Anche le E.464 monocabina per treni regionali possono considerarsi un'evoluzione tecnica ed estetica delle E.412: realizzate in oltre 700 esemplari, sono diventate il gruppo di locomotive italiane più numerose di sempre. |
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