Il sottopasso attuale. Se quello che "doveva essere fatto" - e come tale era stato pianificato - non ha visto la luce, ci si potrebbe domandare che cosa invece è stato fatto, a livello di gestione urbanistica della città. Il problema di Diano e di tanti altri luoghi simili sta tutto lì: non è stato fatto quasi nulla. La sgradevolezza di un luogo, quello che nel linguaggio comune si chiama solitamente cementificazione selvaggia o scempio ambientale, si misura proprio nel rapporto tra lo spazio privato e lo spazio pubblico, nella capacità dell'amministrazione pubblica di contrapporre i propri spazi a quelli lasciati al privato. Una ferrovia messa "al posto giusto" o una circonvallazione utile sono esempi di spazio pubblico corretto, ma lo sono anche un parco urbano, un viale alberato, un'area per bambini, un tessuto viario coerente con l'edificato. Questo, sulla sponda sinistra del Torrente S.Pietro, è l'unico sottopasso ferroviario esistente a Diano, una minuscola strada a senso unico alternato, dove persino un'auto deve transitare con attenzione. Nell'autunno 2016 proprio questo sottopasso ha avuto ampi onori di cronaca, perché questo è anche l'unico accesso alla nuova stazione ferroviaria(!). Probabilmente, con la dismissione della ferrovia storica, si risolverà il problema demolendo il rilevato e ampliando quindi la strada, ma come è possibile che si sia arrivati al 2016 senza riuscire a realizzare una viabilità alternativa, pedonale o veicolare, che potesse coesistere con la ferrovia storica? |
Il "guado". Non si pensi però che la ferrovia sia l'unica cosa irrisolta di questi luoghi. Avevamo visto che il Piano Regolatore prevedeva un nuovo ponte sul torrente S.Pietro, a monte della ferrovia, poi non realizzato. Come si passa allora il torrente oggi? Semplice, con questo guado: una cosa che, a meno di un kilometro dal lungomare di Diano, non appare esagerato definire da terzo mondo. Quando si ripete ostinatamente che la ferrovia è una barriera per la città, si dovrebbe pensare più onestamente che non la ferrovia, ma l'incapacità di gestione della cosa pubblica è la vera barriera. Non costruire sottopassi utili e lasciar transitare le auto su questo scampolo di tratturo africano sono due facce della stessa medaglia. Fino ad arrivare al punto che una qualunque circonvallazione stradale non sia più nemmeno immaginabile, perché dovrebbe demolire troppi edifici, e l'unica ferrovia possibile sia relegata a due kilometri dalla costa. |
S.Bartolomeo, sovrappassi. Il caso di Diano Marina è sicuramente uno dei più critici, perché la ferrovia è stata costruita tutta a piano campagna (ma nel 1872 era appunto campagna, letteralmente!). A Cervo e a San Bartolomeo la ferrovia è sempre risultata più "permeabile", sfruttando adeguatamente ponti e sottopassi (cfr. la precedente ortofoto). Un esempio intelligente è questo, presso il santuario di Rovere: un sovrappasso pedonale già affiancava il passaggio a livello ubicato sulla via del Santuario (oltre l'immagine, sulla sinistra). Poi si è chiuso il passaggio a livello, riuscendo a ricavare il cavalcavia veicolare visibile a destra in sfondo. |
Celle Ligure. E' interessante concludere con un documento relativo alla tratta Varazze-Savona, il cui raddoppio venne completato nel 1977, insieme alla successiva tratta per Finale. Diversamente dal caso di quest'ultima, che perse le stazioni di Bergeggi, Varigotti e Finalpia, sulla Varazze-Savona le stazioni sono state tutte confermate, in posizione lievemente più arretrata ma del tutto ragionevole. Nell'immagine si vede in primo piano in basso il binario semplice della linea originale, e sullo sfondo a sinistra il tracciato della linea nuova. Il libro da cui è tratta la foto è però del 1964, cioè quasi quindici anni prima dell'inaugurazione del raddoppio! La nuova ferrovia venne infatti ideata addirittura anteguerra, e poi rimase mezza abbozzata per decenni: una situazione certamente scandalosa; ma anche utile, a guardare con il senno di poi, per far sì che la linea inaugurata nel 1977 potesse "ignorare" tutti i vincoli del boom edilizio degli anni '60. Se il disegno del Piano Regolatore di Diano non fosse rimasto solo sulla carta, oggi ci ritroveremmo con un risultato ben diverso. |
Foto 7-10/10 ^ Indice ^
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