Genova Pegli. A dicembre 1964 si attiva la tratta tra Genova Aeroporto e Voltri, con lo svincolo intermedio di Pegli (aperto nel 1968). I due rami a est e a ovest di Pegli sono però molto diversi. Da Pegli a Voltri, l'autostrada è a singola carreggiata, del tutto analoga alla tratta già aperta (che nel frattempo, nel 1960, è giunta fino ad Albisola). Dal lato di Genova, invece, l'autostrada è già realizzata nella configurazione "moderna" a due carreggiate indipendenti, con due corsie ciascuna, secondo il modello che, in Italia, era stato inaugurato nel 1959 con il primo tratto dell'Autostrada del Sole, da Milano a Bologna. L'immagine è pertanto particolarmente interessante, in quanto, proprio a Pegli, si vedono le quattro corsie confluire nell'unico fornice della galleria sullo sfondo. |
Genova Ovest. Andiamo ora a guardare qualche altro punto significativo della rete autostradale, cominciando dal punto terminale della "Autocamionale dei Giovi", cioè la prima autostrada di valico prebellica, aperta nel 1935 da Serravalle a Genova. Data la rilevante funzione merci a cui l'autostrada era destinata fin dall'origine, a Genova essa è stata dotata di un vasto piazzale di sosta per i mezzi pesanti, ottenuto attraverso l'imponente sbancamento del Colle di San Benigno. Grazie a questo sbancamento si ricavò nel contempo il materiale necessario a interrare il bacino di Sampierdarena, realizzando il corrispondente porto. Sullo sfondo si vede chiaramente quello che ancora restava del Colle di San Benigno, e che sarebbe stato rimosso negli anni a venire: oggi non ne rimane più alcuna traccia, se si eccettua il piccolo sperone su cui sorge la Lanterna. Davanti al colle, si vede un altro elemento celebre, realizzato con l'autostrada, e cioè la rampa elicoidale, che aveva il compito di superare la sottostante Via di Francia e smistare il traffico tra l'autostrada e il porto (di Genova percorrendo l'elicoidale, di Sampierdarena utilizzando la rampa sul bordo destro della foto). La mappa di Genova del 1943 aiuta a capire il quadro urbano. |
Milano (v.le Certosa). Non può mancare un'immagine del primo ingresso autostradale in assoluto, quello della Milano-Laghi lungo il viale Certosa. Mentre oggi le barriere si trovano vari kilometri più in là, lungo la A4 e la A9, all'origine la barriera era proprio qui all'ingresso. Sullo sfondo si notano le ancora numerose ciminiere della periferia industriale della città, mentre la Certosa di Garegnano è oltre il bordo sinistro dell'immagine. |
A6 Millesimo. Mentre cominciavano a nascere le prime autostrade a carreggiate separate, nel gennaio 1960 si inaugurava la tratta appenninica della A6 da Savona a Ceva, ancora a carreggiata unica come la vicina Voltri-Albisola. L'uso della sezione ridotta trovava verosimilmente giustificazione nella difficoltà del tracciato di valico e anche in previsioni di traffico più modeste (ancora oggi la A6, eccettuati i picchi turistici, ha un livello di traffico non paragonabile alle altre autostrade liguri e piemontesi). Analogamente alla Genova-Savona, anche la A6 aveva richiesto un buon numero di viadotti, spesso realizzati con le esili forme dell'arco parabolico, come in questo caso sulla Bormida di Millesimo. |
A1 Merizzano. Arriviamo ora alla prima vera autostrada moderna, o di seconda generazione, e cioè la celeberrima Autostrada del Sole, tutta a due carreggiate e quattro corsie, aperta da Milano a Napoli tra il 1959 e il 1964. Il tratto più complesso era ovviamente quello appenninico tra Bologna e Firenze, inaugurato nel dicembre 1960, per il quale si dice che non si limitò a migliorare un itinerario stradale, ma realmente ne creò uno dal nulla: prima di allora, nessuna delle statali di valico poteva essere considerata un'alternativa efficace alla ferrovia direttissima del 1934. Proprio sull'Appennino tosco-emiliano si trovavano i viadotti più significativi, ancora una volta realizzati nella forma elegante dell'arco parabolico, ma larghi quasi il doppio di quelli della Genova-Savona, per via delle loro quattro corsie. Uno dei più celebri, e dunque ricorrenti sulle cartoline dell'epoca, è quello di Merizzano, di 420 m, appena a sud dello svincolo di Roncobilaccio. |
A1 Roncobilaccio. Ancora più complesso è il viadotto "Poggettone e Pecora Vecchia", di complessivi 456 m, a più archi parabolici, situato esattamente sul confine tra Emilia e Toscana, a sud di Roncobilaccio. La fotografia guarda a sua volta in direzione sud e la galleria di valico Citerna, di 760 m, si trova circa 1,5 km più in là. |
A1 Barberino di Mugello. Poco a nord di Barberino di Mugello, dove oggi la variante di valico si stacca dal tracciato storico, si trova il viadotto Aglio, di 440 m. Come si può vedere, i viadotti differiscono uno dall'altro per alcuni particolari costruttivi: questo ad esempio ha gli archi parabolici realizzati con due bande continue, anziché con un'unica struttura reticolare, come nel caso di Merizzano. |
A5 Quassolo. Nel 1961 apre la tratta piemontese della A5, da Torino a Quincinetto, che raggiungerà poi Aosta tra il 1967 e il 1970. Dopo il primo tratto dell'Autostrada del Sole e la A7 Milano-Serravalle (1960), è la terza autostrada a nascere già nella configurazione "moderna" a quattro corsie. L'unica galleria della tratta è quasi al capolinea, presso Quassolo, ed è lunga 547 m. |
A4, A1, A12, A5. Biodiversità delle autostrade negli anni '60. Nell'ordine, il ponte sull'Oglio, lungo la A4 tra Bergamo e Brescia mostra la struttura "doppia" tipica delle autostrade a carreggiata unica, raddoppiate in seguito: la versione ad arco parabolico del ponte prebellico è stata abbinata a un'impostazione ad architravi, delle medesime luci. Lungo l'Autostrada del Sole, a sud di Firenze, il ponte sull'Arno presenta un meno comune arco parabolico ribassato. Con la realizzazione di svincoli in morfologie più complesse, si sviluppano soluzioni alternative al classico ricciolo: a Recco, lungo la A12 (1969), le quattro rampe di accesso sono tutte distinte, al prezzo di avere due ponti sopra l'autostrada, anziché uno. Infine anche per i caselli si tentano soluzioni architettoniche un po' più ricercate, sfruttando la duttilità delle realizzazioni in cemento armato, come in questo caso lungo il primo tratto della A5 (1961). |
Genova Sampierdarena. Il viadotto Polcevera tra la A10 e la A7 (1967) tristemente noto per il drammatico crollo del 2018, è stato considerato a lungo un elemento architettonico di rilievo, sottovalutandone l'intrinseca delicatezza strutturale, l'invecchiamento del calcestruzzo armato (che era un fenomeno pressoché ignorato al tempo della realizzazione) e infine, a quanto si sta apprendendo a posteriori, trascurandone gravemente la manutenzione. Con il senno di poi, è facile immaginare che una struttura tanto singolare, realizzata in appena quattro o cinque esemplari al mondo, avesse un carattere sperimentale del tutto inadatto a gestire permanentemente sul lungo periodo un traffico ordinario intenso. In primo piano a sinistra del ponte si notano gli stabilimenti Ansaldo; dall'altro lato della valle, la A7 in direzione Milano a sinistra e in direzione Genova con le due gallerie a destra; al centro, i due grandi parchi ferroviari, allora in piena attività: la scelta della soluzione strutturale del viadotto era stata dettata prioritariamente dalla necessità di non interferire con l'esercizio ferroviario, nemmeno durante la costruzione. |
Foto 9-18/32 ^ Indice ^ Pag. successiva >>