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Pesi, misure e priorità

Parcheggio di Cherasco.  A est di Marene l'autostrada, aperta già nel 2007, in realtà ancora nel 2020 non arriva affatto ad Asti, ma termina a Cherasco. Nel tratto intermedio tra Cherasco e Alba i lavori non sono nemmeno iniziati, a causa della difficoltà tecnica di scavare una galleria sotto Verduno (solo nel 2019 si è definitivamente abbandonata l'idea della galleria, scegliendo un differente percorso in superficie). Questo è purtroppo un altro caso ricorrente: le opere vengono realizzate non in base all'effettiva utilità, ma in base alla facilità di realizzazione, lasciando indietro quelle più complesse. Se però la tratta lasciata indietro è parziale, come in questo caso, si ottiene l'ulteriore effetto negativo di sotto-utilizzare - per un tempo spesso lunghissimo - le tratte già completate. E difatti la maggioranza della A33 in esercizio ha oggi un traffico irrisorio.

Il breve tratto tra Marene e Cherasco è il meno trafficato di tutti, perché chi deve proseguire verso Alba non passa affatto da Cherasco, ma lascia l'autostrada già a Marene; eppure proprio qui si è realizzato una grande area di parcheggio per camion: 700 m di lunghezza per 400 di larghezza! Probabilmente è anche ben fatta, con tante aree verdi, ma da ormai 13 anni - e per molti altri ancora - è semplicemente inutile, perché nessuno passa di lì. Era proprio necessario realizzarla da subito? Non valeva la pena di aspettare e vedere come si evolveva il traffico, prima di consumare qualcosa come 15 ettari intorno all'autostrada?

Pesi, misure e priorità - Parcheggio di Cherasco.

 

Svincolo Cuneo Est.  Un altro aspetto che balza all'occhio viaggiando sulla A33, soprattutto nel ramo tra la A6 e Cuneo, è la "larghezza di vedute" del progettista. Probabilmente anche grazie allo scrupoloso rispetto di tutte le norme, l'autostrada è ampia e gli svincoli lo sono ancora di più, con corsie di accelerazione e decelerazione "da manuale", come in questa immagine di Cuneo Est. Che cosa c'è di male, ci si domanderà. In senso stretto nulla è malfatto, e tuttavia è impossibile non domandarsi se non si sia esagerato, in confronto con il traffico ancor oggi così modesto.

Questa "esagerazione" non è gratis: consuma territorio e, obbligando spesso a giri tortuosi, come nel caso di Marene (o quello di Cuneo Ovest), incrementa le percorrenze. Ciò contribuisce a sua volta al basso utilizzo, con il risultato che un'autostrada enorme & deserta è circondata da strade statali trafficate o spesso addirittura congestionate; è ancora una volta lo stesso problema visto con la TEEM: anche la statale 231 Asti-Cuneo era sicuramente tra le strade più trafficate del basso Piemonte, eppure l'autostrada non ha "indovinato" la soluzione. Si sarebbe potuto capirlo fin dal principio?

Pesi, misure e priorità - Svincolo Cuneo Est.

 

Svincolo Pescate.  Si potrebbe più facilmente accettare la "grandiosità" di autostrade come la A33, se la situazione media della viabilità italiana fosse ugualmente ottimale. In realtà, ovviamente, i casi sono assai vari, e mediamente assai meno rosei. Ma non soltanto, come parrebbe logico, su strade di vecchia concezione. Prendiamo ad esempio l'attraversamento di Lecco della nuova SS 36, qui completata nel 1999: gli svincoli mostrano corsie di accelerazione e decelerazione brevissime, quasi nulle, a fronte di un traffico che è drammaticamente superiore a quello di Cuneo. Del resto le immagini dello Street View possono essere considerate un campione abbastanza casuale, e la differenza di traffico, rispetto alla foto precedente, balza subito all'occhio.

Ancora una volta si realizza bene quello che è "facile", mentre là dove è difficile, come in questo caso, si accettano soluzioni decisamente più brutali. Ma quando il difficile si abbina anche al traffico intenso, scegliere queste soluzioni significa considerare accettabile un rischio nettamente superiore, dato che ovviamente il rischio cresce con entrambi i fattori. Quanti ne sono davvero consapevoli?

Pesi, misure e priorità - Svincolo Pescate.

Si noti che lo svincolo visto sopra non è affatto un caso isolato: l'attraversamento di Lecco è pieno di svincoli "azzardati", alcuni addirittura in galleria.


 

Maps.  Torniamo al traffico dell'Est Milano e in particolare della strada Paullese. La congestione tipica dell'ora di punta del mattino, nella sua tratta finale prossima a Milano, comporta un perditempo di 10-15 minuti pressoché costante. La coda è strettamente connessa con i due semafori di San Donato, ancor oggi esistenti (su una superstrada a 4 corsie!) e che, guarda caso, si trovano in posizioni in cui è urbanisticamente complesso realizzare un sottopasso. L'altra tratta congestionata è quella a due corsie tra Paullo e Zelo. Dopo il ponte sull'Adda cominciano 13 km a 4 corsie fino alle porte di Crema, ovviamente interessati da un traffico via via minore, in quanto più lontani da Milano. Nel 2020 dovrebbero iniziare i lavori di ampliamento di una prima parte del tratto a 2 corsie presso Paullo, ma, ancora una volta ci si domanda quale fosse la vera priorità, se gli 8 km di Paullo e Zelo (più difficili) o i 13 km verso Crema (più facili).
Pesi, misure e priorità - Maps.

 

SP Paullese.  C'è tuttavia un'altra cosa non marginale da osservare. In un mondo perfetto (ad esempio senza i semafori di San Donato) la congestione non esiste, e la fluidità del traffico è un vantaggio sia per le auto, sia per i bus. Nel mondo reale, tuttavia, dove la congestione esiste, è facile intuire che, essendo qui molto ben localizzata, a ridosso dei semafori di San Donato, basterebbe realizzare una corsia preferenziale per i bus, e si darebbe in un batter d'occhio un vantaggio di competitività al trasporto pubblico di ben 15 minuti, tutte le mattine (la sera ovviamente la congestione è in direzione opposta, ma meno accentuata).

L'attuale superstrada a 4 corsie è una realizzazione abbastanza recente, intorno agli anni 2000: nel momento in cui la si è progettata, ad esempio dimensionando questi sottopassi, si è rinunciato per sempre a realizzare una corsia preferenziale per i bus. Allora forse non sarebbe stato impossibile, oggi è chiaro che nessuno si metterà mai a demolire sottopassi come questi per far spazio alla corsia aggiuntiva, e il bus continuerà a fare la sua coda: un'occasione progettuale sprecata.

Pesi, misure e priorità - SP Paullese.

 

Il prolungamento della A15.  Ignoravo questo tema, o meglio questa ennesima, inutile devastazione, fino a quando mi è stato segnalato l'ottimo articolo su La Stampa. Sotto l'immagine riporto il testo completo dell'articolo.
Pesi, misure e priorità - Il prolungamento della A15.

Nove chilometri in direzione del nulla. Da qualche mese vicino al casello di Parma Ovest, nel bel mezzo della pianura Padana, ruspe e betoniere stanno alacramente lavorando per costruire una nuova autostrada: è la TiBre, l’autostrada Tirreno-Brennero. Sulla carta collegherà, prolungando la Camionale della Cisa, il porto di La Spezia all’autostrada del Brennero. Ma con ogni probabilità il collegamento da Parma Ovest a Nogarole Rocca, in provincia di Verona, non verrà completato mai. E quasi certamente della TiBre alla fine verranno costruiti soltanto i 9 chilometri dove ora lavorano macchine e operai del costruttore Pizzarotti, un tratto che si concluderà al paesello di San Quirico di Trecasali. Sarà, chissà per quanto tempo, l’autostrada più breve d’Italia. E - insieme - una tra le meno utili e tra le più costose.

Prodigi che avvengono solo in Italia. Immaginata negli anni ’70, per decenni la TiBre è rimasta solo un progetto. E per andare dalla Spezia all’AutoBrennero si è dovuto passare per l’A1 e lo snodo di Modena, allungando il tragitto di una ventina di minuti. Poi, nel 2006, una serie di circostanze - anche queste tipicamente italiane - cambiano la situazione. Quell’anno il governo Berlusconi decide di concedere senza gara pubblica alla società Autocisa, di proprietà della famiglia Gavio, una proroga di 34 anni della concessione di gestione dell’autostrada Parma-La Spezia. Bruxelles protesta, minaccia l’infrazione alle regole e pesanti sanzioni.

Per aggiustare le cose l’Italia firma un accordo con l’Unione europea: Autocisa avrebbe finanziato la realizzazione della TiBre, acquisendo così il diritto al rinnovo automatico della concessione per la Parma-La Spezia. Nel 2010 il Cipe approva il progetto, ma solo per il primo tratto di una decina di chilometri. I soldi, la bellezza di 513 milioni, 40 milioni di euro per chilometro di piattissima pianura, li mette Autocisa. Che però ottiene il permesso di aumentare i pedaggi della Parma-La Spezia del 7,5% annuo dal 2011 al 2018, incrementando per più di un miliardo le sue entrate.

Insomma, Gavio ha mantenuto la sua concessione, ha accollato la spesa dei lavori agli utenti della Camionale della Cisa (tra le più care d’Italia), e addirittura è riuscito a guadagnarci. Lo Stato, stavolta, non ci ha rimesso un soldo; ma il prezzo è stato quello di dare via libera a una folle autostrada che non va da nessuna parte, e che forse mai ci andrà, nonostante mezza città di Parma sia favorevolissima. Sì: perché sia per la Regione Emilia-Romagna che per il governo il completamento dell’opera - che costerebbe altri 2,2 miliardi - fino all’AutoBrennero «non è di interesse prioritario». Come ha dichiarato il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio, «il resto dell’autostrada è condizionato molto dalla sostenibilità finanziaria, e dalla sua reale utilità nei pezzi che mancano».

E a parte la logica e il buon senso, in questa storia italiana c’è un’altra vittima: l’ambiente. In una pianura altamente cementificata, l’area interessata oggi dai lavori era una specie di isola felice: «terreni agricoli a prativi - spiega Rolando Cervi, presidente del Wwf di Parma - usati come foraggio per le mucche che danno il latte per il parmigiano nella food valley. E ancora, una importante risorgiva a un passo dal corso del Taro, che aveva creato bei fontanili e i laghetti del Grugno, protetti come Zona d’Interesse Comunitario; e un bel pioppeto, anch’esso protetto, che era l’habitat privilegiato del raro e tutelato Falco cuculo». Adesso sulla risorgiva ci corre il viadotto dell’autostrada; e difficilmente i falchi vorranno nidificare a dieci metri dalle automobili.

Un altro pezzo di pianura che si copre di cemento. Quel che più addolora, è che questo cemento chissà per quanto tempo non servirà a niente e nessuno.


 

Il prolungamento della A15.  La mappa di Openstreet riporta già la nuova autostrada: dopo aver attraversato il Taro, finisce circa 6 km più a nord, con uno svincolo talmente nel nulla che non si sa nemmeno come chiamarlo, e che, per raggiungere la viabilità ordinaria, richiede la costruzione di altri 2 km di strada (il ramo di destra termina comunque anch'esso nel nulla, stando alla medesima mappa).
Pesi, misure e priorità - Il prolungamento della A15.

 

Svincolo di Parma.  In linea con il filo conduttore di questa pagina, è importante sottolineare non soltanto l'inutilità dell'opera (e in questo caso, non marginale, l'annesso dolo), ma anche la devastazione che vi si accompagna. Si poteva fare decorosamente un'opera utile. Si poteva fare decorosamente anche un'opera inutile. Ancora una volta si è fatta un'opera inutile esageratamente enorme. A destra si vede l'area occupata dallo svincolo originale tra A1 e A15: svincolo peraltro di dimensioni generose, coerenti con il flusso da smistare. A sinistra il cantiere del nuovo svincolo, con la prosecuzione a nord "verso il nulla".

Ho evidenziato le aree occupate: con uno strumento di misurazione delle aree come ad esempio CalcMaps non è difficile verificare che lo svincolo originale occupa intorno ai 15-16 ettari. Quello nuovo supera i 48: esattamente il triplo! Per confronto, gli svincoli a quadrifoglio delle tangenziali milanesi, che realizzano lo stesso tipo di interconnessione, non superano di norma i 20 ettari, salvo quello con la Paullese che arriva a 28.

Pesi, misure e priorità - Svincolo di Parma.

 

Terzo Valico.  In un racconto che parla di strade, vale comunque la pena di fare un accenno alle ferrovie, quando si ravvisano tematiche simili riguardo alle scelte progettuali e alle priorità. Con il termine di "Terzo Valico" si intende una nuova linea ferroviaria, appunto la terza dopo le due ottocentesche oggi in funzione, che in circa 53 km (di cui 27 della galleria di valico) dovrà connettere la periferia di Genova con Tortona, al costo stimato di 6,2 miliardi di euro (120 milioni al km). Visto il costo e l'importanza dell'opera, la più semplice e spontanea domanda è: come è fatta la ferrovia che si sta costruendo? Qual è il suo piano schematico? Come si allaccia alle altre linee? Qual è il modello di esercizio che si realizzerà qui e nel complesso, quando si disporrà di tre linee per valicare i Giovi? Con quali orari, frequenze, tracce tipo?

Cercando sul web si trova questa pagina: www.terzovalico.it/progetto/il-tracciato.html. E basta. Nel senso che c'è solo questa descrizione di mezza paginetta e questa carta disegnata con Paint.

In un mondo non dico normale, ma almeno con un po' di sale in zucca, sarebbe del tutto legittimo aspettarsi che il sito ufficiale dell'opera riporti le risposte, e anzi che queste siano già state pensate e scritte, nero su bianco, ben prima di spendere 6 miliardi di euro. Mah.

Pesi, misure e priorità - Terzo Valico.

 

Terzo Valico.  C'è purtroppo dell'altro, al limite dell'imbarazzante: guardo la mappa e mi dico: be', a questo livello di dettaglio la sapevo disegnare anch'io. La guardo meglio e aggiungo: in verità non l'ho disegnata ma...l'ho scansionata io!! Al di là di ogni ragionevole dubbio si tratta infatti della carta all'1:800.000 del Touring Club Italiano della mia collezione. Per inciso è una carta del 1975: si vede la A26 disegnata in costruzione! Se per realizzare la documentazione pubblica di un'opera da 6 miliardi di euro si mettono a saccheggiare un sito amatoriale di cartografia storica... tranquilli, siamo in una botte di ferro.

A conclusione di questo racconto, un testo più teorico (senza foto) aggiungerà presto qualche altra considerazione sulle priorità per gli investimenti infrastrutturali.

Pesi, misure e priorità - Terzo Valico.

 

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