Segni di ferrovia

Introduzione

C'era una volta la ferrovia, con i suoi luoghi, gli ambienti, le atmosfere; in una parola: i suoi segni.
Sono dunque segni di ferrovia l'officina da cui si affaccia la nuova locomotiva fresca di verniciatura; il deposito, dove le macchine riposano fianco a fianco; la piccola e ordinata stazione con il suo binario di raddoppio, in cui si danno appuntamento due automotrici; le maestose arcate di Milano Centrale, dove ogni treno sembra pronto per una fotografia ufficiale; e ancora: gli storici tracciati ottocenteschi, come i Giovi, al loro tempo rivoluzionari; la presenza del binario dentro la città, accanto al lungomare di San Remo o persino nell'intrico della periferia urbana, dove la linea trova la sua strada verso la campagna.
I segni di ferrovia sono le locomotive in attesa di demolizione, come lo erano le ultime trifasi al principio degli anni '80, e sono le locomotive che hanno viaggiato per mezzo secolo - le E.626, le E.636 - che è come se portassero ancora dentro il presente il segno della loro storia.
Segni sono le centoporte, forse le più caratteristiche carrozze italiane; le tipo "X", essenziali senza essere scarne; gli splendidi elettrotreni come il Settebello, il cui abbandono, quando non la demolizione, è davvero cosa che grida vendetta. Segno è infine il vapore, a cui sono dedicate le ultime immagini, sia relative ai treni speciali di oggi, sia agli ultimissimi servizi regolari, vent'anni fa.

Ma la ferrovia è ancora di più! Non esiste forse alcun altro oggetto della tecnologia che sia così adatto ad apparire dentro lo scenario della Natura, che in esso porti insieme le esigenze della tecnica e le linee stilistiche dell'ingegno umano; che inserito in un contesto naturale, ne diventi elemento complementare e completante; che così da vicino interagisca con l'urbanistica, pur non essendone, a rigore, parte. Che conservi tutte queste caratteristiche sempre insieme. Per questo ad una locomotiva starà sempre così stretto qualunque museo: lì ha perso il mondo!

Della ferrovia italiana e della sua evoluzione sono stato testimone, in questi ultimi vent'anni. Ho inseguito il suo giocare con la natura, quasi a metà strada tra esserne esploratore e pellegrino; ho fotografato i suoi segni nei vari paesaggi italiani, in qualcuno con più attenzione e affetto. Quello che segue ne è un primo resoconto, ricondotto nelle forme essenziali della fotografia in bianco e nero.