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Vapore tra storia e paesaggio

La 880.045 manovra a Cuneo il 9 febbraio 1983 (foto G. Demuru).
Vapore tra storia e paesaggio - Cuneo

 

640.121, Alessandria, 12 luglio 1983 (foto G. Demuru).
Vapore tra storia e paesaggio - Alessandria

 

Il 17 aprile 1993, la 625.100 (Officine Meccaniche di Saronno, 1914) percorre la linea della Valsugana, al traino di un merci straordinario, all'uscita da una galleria tra S. Marino e Carpanè-Valstagna.
Vapore tra storia e paesaggio - Carpanè-Valstagna

 

625.142, Castelnuovo Berardenga (Siena), 5 maggio 1998.
Vapore tra storia e paesaggio - Castelnuovo Berardenga

 

Il vapore, come fosse un gioco senza tempo: 625.142, Monte Amiata (Siena), 5 maggio 1998.
Vapore tra storia e paesaggio - Monte Amiata

 

La 740.278 effettua un merci straordinario lungo la linea della Garfagnana, a Gragnola, il 6 maggio 2001. Questa stessa stazione è ricordata come capolinea di uno degli ultimissimi servizi locali a vapore della rete FS (treni 8392/8395 tra Aulla e Gragnola, con locomotive 940, fino al 1977).
Vapore tra storia e paesaggio - Gragnola

 

685.196, Milano Centrale, 8 aprile 1995.
Vapore tra storia e paesaggio - Milano Centrale

 

La 740.293 a Dueville (Vicenza), il 25 febbraio 2001.
Vapore tra storia e paesaggio - Dueville

 

Nuovo! Negli anni '80, la 880.051 ha trainato numerosi treni speciali nelle regioni del nord-est, come in questo caso, lungo la linea Palmanova-Cervignano (foto G. Demuru).
Vapore tra storia e paesaggio - Strassoldo

 

E poi?


San Lorenzo-Cipressa: le mensole della linea aerea private dei fili, due mesi dopo la chiusura della linea, il 23 novembre 2001.

E poi? Come si presenta la ferrovia davanti al secolo nuovo?

Dal punto di vista fotografico, gli ultimi anni sono stati segnati da una successione di "sventure", dal problema dell'amianto, che ha spazzato via un'intera generazione di rotabili, ai graffiti vandalici, che hanno reso infotografabili i rimanenti, fino alla colorazione unificata XMPR che ha generato un'assoluta monotonia estetica prima sconosciuta.

Ma al termine della nostra raccolta, vale la pena di guardare un po' più in là della sola fotografia. Intorno alla fine degli anni '80, le FS hanno effettivamente compiuto notevoli passi avanti, legati prima di tutto all'istituzione dell'orario cadenzato. Per la prima volta relazioni comode e veloci non erano più limitate a poche corse al giorno, ma diventavano disponibili con regolarità per tutto l'arco della giornata, mentre l'utilizzo generalizzato di mezzi con velocità massima di 140-160 km/h consentiva buoni tempi di percorrenza per tutte le corse.

Ma poi, dalla metà degli anni '90, è come se si fosse rotto qualcosa: la ricerca ossessiva dell'economia e della redditività ha portato all'abbandono di un sempre maggior numero di servizi, dalle corse festive ed estive alle fasce serali, penalizzando l'"effetto rete" che dovrebbe stare alla base di ogni moderna ferrovia. A molti treni interregionali è stato assegnato il compito improprio di un servizio quasi capillare, così da compensare la riduzione dei servizi locali autentici, mentre, all'estremo opposto, i servizi rapidi sono stati resi molto più costosi, trasformandoli in Eurostar, il più delle volte senza alcun miglioramento di percorrenza. E anche se meno visibile al cittadino, un decadimento simile, se non peggiore, si è verificato e si sta tuttora verificando per il trasporto merci. A questo si aggiungano i continui mutamenti organizzativi e societari delle FS (con tutti i loro costi!), che si sono susseguiti quasi ininterrottamente dal 1985 per vent'anni.

Eppure, come è comodo il treno! Senza semafori, senza congestione, senza fatica. Come è triste pensare che basterebbe che la ferrovia funzionasse in maniera decente, per ogni servizio che le è proprio, e non solo per tener buoni i pendolari e raggranellare soldi sugli Eurostar: davvero sembrano queste le uniche preoccupazioni al giorno d'oggi! E come è altrettanto triste vedere tutte queste stazioni minori, letteralmente ridotte a gusci vuoti... che nostalgia, non dirò di un'eleganza, ma quanto meno di una compostezza che è ormai perduta, quasi ovunque.

Vi è infine la questione degli itinerari. Per quasi un secolo, la ferrovia è rimasta legata ad una trama viaria che era quella che era quella economica e urbana dell'Ottocento, mentre spesso il Paese si evolveva altrove. Oggi si parla finalmente di nuove linee, specie ad alta velocità: sono certo opere importanti, ma non prive di pericoli, che la naturale amicizia tra treno e ambiente non deve far sottovalutare, specie nella multiforme, movimentata geografia italiana. E' davvero giusto voler ignorare a tutti i costi la morfologia naturale e antropica di una terra, con una progettazione ad essa del tutto estranea, che insegua - inevitabilmente in galleria - il solo obiettivo della velocità? O non sarebbe forse più onesto accettare i vincoli che la terra e la storia hanno posto, e che, magari inconsapevolmente, le linee di concezione ottocentesca così bene hanno fatto propri?

E' un discorso assai complesso, che unisce la ferrovia con l'urbanistica, lo studio della mobilità con l'ecologia. Ma occorre saper guardare il mondo insieme e da più punti di vista: è questa la vera sfida della ferrovia nel secolo nuovo.


 

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