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Museo di Pietrarsa

Bayard.  Sia la locomotiva, sia il suo treno sono la ricostruzione di un treno originale della Napoli-Portici del 1839, ricostruzione effettuata nel 1939, in occasione del centenario della ferrovia in Italia. Più precisamente, la Bayard originale entrò in servizio a dicembre 1839, classificandosi terza tra le locomotive italiane, dopo la Longridge e la Vesuvio, funzionanti già ad ottobre. Per la ricostruzione venne scelta proprio la Bayard perché era l'unica di cui erano sopravvissuti i disegni costruttivi originali.
Dopo i festeggiamenti del 1939, la Bayard ricostruita è rimasta esposta al museo di Roma Termini e, soppresso quest'ultimo, al Museo della Scienza e Tecnica di Milano. Nel 1988 è stata rimessa in funzione presso il deposito di Cremona e ha poi trainato il treno inaugurale di Pietrarsa il 7 ottobre 1989. Da quella data, ahimè, di nuovo non si è più mossa.
Museo di Pietrarsa - Bayard.

 

896.030  (OM, 1922), una tipica locotender da manovra pesante, a quattro assi accoppiati: questo esemplare era ancora in servizio a Novi Ligure nei primi anni Settanta.
Museo di Pietrarsa - 896.030

 

480.017  (OM, 1923): una delle più imponenti macchine italiane per treni merci, progettata per la linea del Brennero (che in verità la vide poco, a causa della successiva elettrificazione in trifase, assai più risolutiva) e poi utilizzata soprattutto in Sicilia, fino agli anni Sessanta. La 017 in particolare, concluse però il servizio come macchina da manovra a Milano Smistamento.
Museo di Pietrarsa - 480.017

 

R.302.019  (Nicola Romeo, 1922): l'assegnazione al deposito di Castelvetrano fa associare immediatamente questa locomotiva con la rete a scartamento ridotto della Sicilia, nata soprattutto per esigenze di trasporto minerario e la cui ultima linea Castelvetrano-Ribera è stata chiusa nel 1985.
Museo di Pietrarsa - R.302.019

 

744.118  (OM, 1928): con queste macchine, versione con distribuzione a valvole Caprotti, elaborata dalle precedenti 745, alla fine degli anni Venti si concludeva la progettazione di locomotive a vapore di nuovo tipo delle FS. Dopo di loro ci furono solo ricostruzioni (691) e trasformazioni con preriscaldatori Franco-Crosti (743, 741, 623): i grandi successi ottenuti con la trazione elettrica, che negli anni Trenta poneva l'Italia ai primi posti al mondo, rendevano superfluo un nuovo progetto di locomotiva a vapore, anche se questo tipo di trazione sarebbe sopravvissuto fino alla metà degli anni Settanta.
Museo di Pietrarsa - 744.118

 

Nuovo! MMO 22  (Couillet, 1896): una delle 12 macchine del gruppo 250, costruite a cavallo del secolo per le Ferrovie Nord Milano, dove recava il numero 254. Nel 1936 venne ceduta insieme ad altre due unità alla ferrovia in concessione Monza-Molteno-Oggiono, e infine fu l'unica del suo gruppo a confluire nel parco FS nel 1954, a seguito del passaggio alle FS di tale linea, come esemplare unico 850.022. Si trattava di un passaggio puramente amministrativo, perché a quel tempo la macchina era già fuori servizio; ciononostante essa è stata conservata, prima a Roma, poi a Merano e infine a Pietrarsa, dove porta ancora oggi la marcatura "intermedia" della MMO.
Museo di Pietrarsa - MMO 22

 

E.333.026  (Nicola Romeo, 1924): particolare del pancone anteriore di questa inconsueta macchina trifase, progetto di scuola ungherese inizialmente considerato di scarso successo. A seguito di alcune modifiche, fu comunque capace di un dignitoso servizio più che quarantennale, fino al 1968, soprattutto lungo la Riviera di Ponente. La macchina è presentata nel colore originale nero, anziché nel più familiare castano e Isabella, applicato a partire dagli anni Trenta.
Museo di Pietrarsa - E.333.026

 

E.432.001  (Breda, 1928): la vista laterale, per quanto un po' sacrificata dagli spazi ristretti del museo, fa ancora cogliere la linea robusta e il fascino di quello che fu senza dubbio il più evoluto e riuscito Gruppo di locomotive trifasi, progettato autonomamente dalle stesse FS, che alla fine degli anni Trenta erano ormai in grado di fare a meno dell'apporto tecnologico della "scuola ungherese", che tanta parte aveva avuto nello sviluppo della trazione trifase. Le E.432, con le contemporanee E.554 per treni merci e le E.431, ultimi esemplari della generazione precedente, hanno concluso la storia del trifase italiano, la mattina del 26 maggio 1976.
Museo di Pietrarsa - E.432.001

 

E.440.003.  Si tratta di una macchina non FS, appartenuta alla FAV (Ferrovia Alta Valtellina) che la usava sulla propria linea Sondrio-Tirano. In questo caso il colore nero fu usato fino alla fine del servizio regolare.
Museo di Pietrarsa - E.440.003.

 

E.333.026  Interno della cabina (la parete in fronte al fotografo è quella laterale: la macchina è rivolta verso destra). Al centro, il banco di manovra, con la manovella piccola e quella grande (per il comando del reostato, qui entrambe con il solo perno, prive dell'impugnatura). A sinistra il tachimetro; in alto a destra i tre strumenti di misura elettrica: Amperometro, Voltmetro e Wattmetro (quest'ultimo tipico delle macchine trifasi e assente sulle locomotive in corrente continua). Più sotto, nero, il freno Westinghouse, e quindi i manometri del freno e dell'impianto pneumatico.
Museo di Pietrarsa - E.333.026

 

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