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Museo di Pietrarsa

Locomotive diesel.  Singolare esposizione con i binari posati ad angolo retto per il piccolo mezzo da manovra 215.006 (Badoni, 1855) e la classica locomotiva diesel elettrica D.341.1016 (Stab. Meccanico di Pozzuoli, 1958).
Museo di Pietrarsa - Locomotive diesel.

 

Capannone Tubi Bollitori.  Una piccola scolaresca (francese) ha rappresentato pressoché l'unico altro gruppo di visitatori della mattinata, oltre a chi scrive.
Museo di Pietrarsa - Capannone Tubi Bollitori.

 

235.3005  (OM, 1961): un gioco di luce e di penombre caratterizza il capannone Tubi Bollitori che ospita le locomotive diesel.
Museo di Pietrarsa - 235.3005

 

Locomotive diesel.  Ancora un gioco di luce fra la D.342 e la 235 da manovra.
Museo di Pietrarsa - Locomotive diesel.

 

D.342.4011  (Ansaldo, 1961): il grosso e caratteristico fregio del costruttore è stato senz'altro il più appariscente utilizzato su una locomotiva italiana. Queste macchine, uniche diesel da treno a trasmissione idraulica delle FS, sono rimaste in servizio fino alla metà degli anni Ottanta, soprattutto nell'area di Siena.
Museo di Pietrarsa - D.342.4011

 

D.342.4011  (Ansaldo, 1961): il profilo della locomotiva si staglia contro il fascio di luce proveniente dall'esterno del capannone.
Museo di Pietrarsa - D.342.4011

 

E.626.005  (TIBB, 1928): appartiene al primo gruppo di locomotive a corrente continua delle FS, grazie al quale questo sistema di trazione si impose sulla rete italiana. In particolare, la 005 (ex E.625.005) faceva parte delle quattro unità sperimentali fornite dal TIBB (004-007). Infatti le prime 14 E.625/626 erano state suddivise in piccole sottoserie, realizzate a cura di vari costruttori o delle stesse FS, allo scopo di testare le soluzioni migliori, in vista della successiva produzione di serie che, entro il 1939, avrebbe raggiunto il primato di 448 esemplari.
Museo di Pietrarsa - E.626.005

 

E.326.004  (Breda, 1932): attraverso l'arco che separa i reparti Caldareria e Macchine utensili si disegna il muso di uno dei 12 esemplari di E.326, primo Gruppo di locomotive a corrente continua progettato per l'alta velocità. In realtà questo modello non diede risultati ottimali (di lì a soli quattro anni, la vera alta velocità avrebbe invece trionfato con gli Elettrotreni ETR.200) e queste locomotive passarono quasi tutta la loro vita a trainare treni locali sulla Bologna-Padova, fino al 1982. Quando entrò nel museo, nel 1989, questa macchina era perfettamente funzionante. Da qui però non si è mai più mossa.
Museo di Pietrarsa - E.326.004

 

E.428.209  (TIBB, 1940): l'ultima versione "aerodinamica" di queste celeberrime macchine non ha bisogno di presentazioni: fino a tutti gli anni Cinquanta hanno rappresentato i mezzi più prestigiosi e potenti per i servizi a corrente continua, per poi riadattarsi al servizio merci e ai treni locali, che hanno trainato fino alla metà degli anni Ottanta.
Museo di Pietrarsa - E.428.209

 

E.428.209  (TIBB, 1940): anche il profilo aerodinamico della E.428 si staglia dietro l'arco che dà accesso al reparto Macchine Utensili.
Museo di Pietrarsa - E.428.209

 

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