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Museo di Pietrarsa

E.432.001  (Breda, 1928): la vista laterale, per quanto un po' sacrificata dagli spazi ristretti del museo, fa ancora cogliere la linea robusta e il fascino di quello che fu senza dubbio il più evoluto e riuscito Gruppo di locomotive trifasi, progettato autonomamente dalle stesse FS, che alla fine degli anni Trenta erano ormai in grado di fare a meno dell'apporto tecnologico della "scuola ungherese", che tanta parte aveva avuto nello sviluppo della trazione trifase. Le E.432, con le contemporanee E.554 per treni merci e le E.431, ultimi esemplari della generazione precedente, hanno concluso la storia del trifase italiano, la mattina del 26 maggio 1976.
Museo di Pietrarsa - E.432.001

 

E.440.003.  Si tratta di una macchina non FS, appartenuta alla FAV (Ferrovia Alta Valtellina) che la usava sulla propria linea Sondrio-Tirano. In questo caso il colore nero fu usato fino alla fine del servizio regolare.
Museo di Pietrarsa - E.440.003.

 

E.333.026  Interno della cabina (la parete in fronte al fotografo è quella laterale: la macchina è rivolta verso destra). Al centro, il banco di manovra, con la manovella piccola e quella grande (per il comando del reostato, qui entrambe con il solo perno, prive dell'impugnatura). A sinistra il tachimetro; in alto a destra i tre strumenti di misura elettrica: Amperometro, Voltmetro e Wattmetro (quest'ultimo tipico delle macchine trifasi e assente sulle locomotive in corrente continua). Più sotto, nero, il freno Westinghouse, e quindi i manometri del freno e dell'impianto pneumatico.
Museo di Pietrarsa - E.333.026

 

E.432.001  Interno della cabina e sala macchine. Sullo sfondo, la cabina opposta, di cui si riconoscono gli strumenti elettrici. A destra, bianche, le custodie dei due grandi motori di trazione, del diametro di circa 2 m. Al centro, sul pavimento, le coperture dei contrappesi degli assi motori.
Museo di Pietrarsa - E.432.001

 

E.428.209  Interno della cabina. Si riconosce al centro il classico "maniglione" con cui si variano le combinazioni dei motori (Serie, Serie-Parallelo, Parallelo) e si esclude progressivamente il reostato. A sinistra, rosso, il freno Westinghouse e più sopra (sempre rosso, ma qui privo del volantino), il freno moderabile. Sul banco nero, gli indicatori dei Voltmetri (linea e dinamo) e degli Amperometri (motori, ausiliari ed accumulatori), oltre al tachimetro. In alto a destra i manometri del serbatoio principale e del freno.
Museo di Pietrarsa - E.428.209

 

E.333.026  (Nicola Romeo, 1924): particolare della biella triangolare. Il meccanismo di trasmissione del moto, dai due grandi motori all'asse centrale, ha sempre rappresentato uno dei punti più delicati delle locomotive trifasi. Nel caso dell'E.333, esso è risolto con una biella triangolare particolarmente esile e leggera, derivata da quella della precedente E.330 (si noti che mancano le due bielle di accoppiamento agli altri assi, che troverebbero posto nei due fori cilindrici ai lati della biella).
Museo di Pietrarsa - E.333.026

 

E.551.001  (Breda, 1921): particolare della trasmissione con biella triangolare. Le ruote di minore diametro, tipiche delle locomotive per treni merci, permettono di avere una biella di altezza molto minore, realizzata in forma piena.
Museo di Pietrarsa - E.551.001

 

E.432.001  (Breda, 1928): la trasmissione articolata Bianchi rappresenta l'ultima e più sofisticata risposta al problema, applicata sulle E.432 e sulle corrispondenti E.554 per treni merci.
Museo di Pietrarsa - E.432.001

 

E.440.003  (Cemsa, 1932): i quattro esemplari del gruppo furono realizzati "in economia" utilizzando le parti già costruite del progetto delle E.471 bitensione/bifrequenza, poi abbandonato. La trasmissione è realizzata con un cinematismo vistosamente asimmetrico, frutto di uno dei tanti brevetti di Kalman Kando, che sulle macchine trifasi italiane venne applicato sperimentalmente su due unità E.552 (1922) e poi solo sulle E.440.
Museo di Pietrarsa - E.440.003

 

Automotrici.  A destra, una Littorina di prima generazione, conservata come rimorchio Ln 55.104, ottenuto dalla smotorizzazione della ALb 48.105 a benzina (Fiat, 1933). Con queste automotrici - così minuscole se viste con gli occhi di oggi - nella prima metà degli anni Trenta si inventò letteralmente un nuovo modo di viaggiare per ferrovia, realizzando velocità e comfort di marcia assolutamente impensabili con la trazione a vapore e le carrozze ordinarie. Dopo una lunga varietà di modelli sperimentali, nella seconda metà del decennio la costruzione in serie si concentrò sulle ALn 556, che anche nell'esposizione museale seguono la prima Littorina.
Museo di Pietrarsa - Automotrici.

 

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