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 ETR.252.  Nel 2005, in occasione di una mostra sugli anni '50 al Palazzo Reale di Milano, si vorrebbe esporre anche una carrozza del «Settebello», il celeberrimo elettrotreno ETR.300 Breda (1952) simbolo della ricostruzione del dopoguerra. Ma l'unico esemplare sopravvissuto, dei tre realizzati, stravolto negli arredi da una discutibile ristrutturazione, è accantonato in attesa di tempi migliori. Si sceglie così di esporre una carrozza dell'«Arlecchino», l'ETR.250 (Breda, 1960) successore dell'ETR.300, e di "truccarlo" da Settebello, sebbene gli interni siano completamente differenti, ancorché in questo caso originali.

Tra i passanti non c'è nessuno che non lo guardi: lo indicano al compagno, lo ammirano, lo chiamano per nome - sia pure quello che credono che sia - molti leggono per intero il cartello esplicativo. Non passa inosservato un Elettrotreno. Non passa inosservata la nostra storia ferroviaria. Essere riusciti ad offrire agli italiani solo quell'unica carrozza, così solitaria, non funzionante, prima ancora che una vergogna, o il dire "è quello che ci meritiamo", è la tristezza di una grande occasione perduta.

A 15 anni di distanza, il Settebello "vero" è ancora fermo in attesa di restauro, mentre l'Arlecchino è stato sottoposto a un primo restauro puramente esteriore nel 2009, in occasione dei 170 anni delle ferrovie italiane, e successivamente nel 2019 a un completo restauro funzionale, ed è stato poi utilizzato a partire dal 2022.

Monumenti e altri sguardi - ETR.252.

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