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Verso Sud

Spinazzola.  Un caratteristico portale di segnali ad ala era quello di Spinazzola, punto di diramazione delle linee per Gioia del Colle e Barletta.
Verso Sud - Spinazzola.

 

Caltagirone.  Lungo la linea Catania-Gela.
Verso Sud - Caltagirone.

 

Grammichele.  Sperduti campi di grano sulla Catania-Gela.
Verso Sud - Grammichele.

 

 Vizzini.  Lungo la Catania-Gela, in un paesaggio interno di colline sconfinate.
Verso Sud - Vizzini.

 

 Mineo.  Sulla Catania-Gela.
Verso Sud - Mineo.

 

 Mineo.  
Verso Sud - Mineo.

 

 Avigliano Lucania.  Lungo la Foggia-Potenza, è la stazione da cui inizia il tratto a doppio scartamento verso Potenza, utilizzato anche dalle Ferrovie Appulo Lucane. Nell'immagine appare in primo piano lo scambio con cui lo scartamento ridotto entra nel binario FS.
Verso Sud - Avigliano Lucania.

 

Viaggiare in automotrice

 

 

Dal quaderno di appunti del 17 novembre 2006

L'interruzione della linea da Vizzini a Caltagirone mi fa arrivare su fino in centro a Vizzini, città bellissima di crinale e di palazzi, di panorami che si aprono, strade che scendono, piazze nobili di pietra. E la vegetazione intorno brilla oltre ogni immaginazione, dal buio fresco della pineta allo scenario solare dei fichi d'india, dalla macchia mediterranea, fino all'orizzonte infinito del paesaggio, che si apre intorno, che si rivela a ogni curva.

Poi la Catania - Gela, cioè la ferrovia. I treni sono pochi ma non ne perdo uno, e - sembra così strano tornare a dirlo - quelle ALn 668 sono tutte bellissime! Per ogni inquadratura ce ne sarebbero mille altre: i mulini a vento, i prati, gli arati, i rettifili e le curve. E la bici scivola via docile per la strada deserta, persino per le controrampe, fino al discesone su Militello, dove attende l'automotrice per il ritorno: una 1600, wow. Niente fili, niente SCMT, niente di niente, e la guida torna ad essere quella di sempre: le deviate si prendono frenando a 30 km/h esattamente un attimo prima di impegnare lo scambio; e chi lo faceva più? E più che la salita, che la serie 3000 dell'andata aveva affrontato senza sforzo apparente, mi colpisce la discesa, il rotolare giù quasi a rotta di collo, curva dopo curva, mentre il sole, lucentissimo, si fa sempre più radente, e le ombre giocano con le forme aspre dei campi. Ultima sorpresa: né qui né all'andata, i viaggiatori sono il deserto. Certo non folla, ma un'utenza c'è, anche a lunga percorrenza, quella che si riconosce dalle valigie. La ferrovia, questa ferrovia di automotrice e di Sicilia, ha ancora i suoi fedeli, nonostante tutto.

Dal quaderno di appunti del 18 maggio 2007

Il campanile che rintocca le 21, i momenti dell'imbrunire, qui in stazione di Ormea, la luce rossa dei due segnali che diventa sempre più viva, i boschi che avvolgono lo scenario di questa valle, e sembrano già respirare l'umidità fresca della notte. Non è la prima volta che vedo scendere la sera in questi luoghi, ma ero sempre stato in viaggio, scendendo o risalendo il Nava. Oggi rimango qui, in un albergo "Nazionale" che sembra uscito da - non so nemmeno come definirla - un'epopea di turismo alpino, schietto e raffinato insieme, i mobili antichi, la robustezza spaziosa dell'architettura, l'affacciarsi tra la piazza e il borgo, quasi a caposaldo dell'itinerario di valle.

In quanto all'essere arrivato fin qui, che dire? Sembrava tutto così perfetto, spontaneo: una Medie Distanze che corre per i rettifili di pianura, scanditi dai pali a traliccio ex trifasi, Mondovì ad accogliermi, Piazza su in cima, avvolta dalla luce soffice e amabile del pomeriggio, e poi Ceva, un dedalo di vie antiche che conduce all'asse porticato, chiuso dalla sua chiesa. Ed ecco un'ALn 663 che mi attende: carico la bici e comincia il viaggio. Un viaggio che mancava da una vita, anche se le inquadrature mi sono diventate sempre più familiari. I boschi al sole, i prati, le rocce di Eca, il binario e le sue curve, fermarsi al marciapiede e ripartire venti secondi dopo, i fabbricati di stazione - non voglio dire: quanto ne resta - i portali delle gallerie che un tempo lontano ebbero due fili.

Eppure, insieme, si affaccia la sensazione che anche questa è quasi un'ultima frontiera, prima che scompaia; non dico solo l'esistenza stessa della linea, ma tutto il resto: l'affacciarsi al finestrino - il profumo della terra a confronto con l'odore squallido dell'aria condizionata - persino il modo di viaggiare, di fermarsi, paragonato alla marcia assurdamente lenta dell'SCMT. Mah... Qui davanti è rimasto un binario solo, nel piazzale desolatamente vuoto. Ma un binario è rimasto.

(19 maggio 2007) Poi ci sono i paesi che ho attraversato, andandoli a cercare fuori dai rettifili della SS 28. Garessio, a cui arrivavo stamani che non erano ancora le sette, il borgo addormentato, il primo bar che apre. Pievetta e Priola, appartate sui primi rilievi, e, della prima, la chiesa affacciata alla valle, insieme al suo giardinetto. Bagnasco, infine, che si apre con il ponte cinquecentesco e si chiude con il perfetto viale alberato; e di tutti, l'edilizia minore sa nettamente d'alpe.

Ci sarebbe ancora da parlare di un treno che corre così tristemente vuoto, che aspetta di partire all'alba a Ormea, mentre accanto si muovono bus per Ceva, Mondovì, Cuneo (come il se il treno stesso non fosse in grado di arrivarci, in quelle città...!), che risalendo la valle alle 14 è preceduto da tre - dico: tre! - autobus; di stazioni che sarebbe così facile spostare in una posizione più vicina al centro urbano. Anche questo prima o poi dovrò raccontarlo. Però ora voglio solo ricordare le due viaggiatrici di una certa età che stamattina alle 8 scendevano dal treno a Garessio, e una diceva all'altra: "Guarda il signore, che ci fa la fotografia!".

Dal quaderno di appunti del 29 agosto 2007

La discesa su Rocchetta Sant'Antonio, nei momenti del tramonto; un tramonto soffice, quasi velato, proprio dietro la lunga striscia bianca dell'imponente fabbricato viaggiatori (ma la congiunzione delle due linee, viaggiandovi sopra, non è così spettacolarmente "da plastico" come ci si era presentata magica ieri pomeriggio). Ed ecco che a Rocchetta si materializzano persino due viaggiatori con bagagli: chissà da dove vengono! Attendiamo l'incrociante in ritardo - il primo ritardo in due giorni! Ecco i fari già lucenti, giù in fondo tra le curve, la campanella smette di suonare, l'ALn è qui; dalla cabina della mia scatto una foto "d'incrocio". E l'ultimo balzo di questa sera è ancora una linea che percorro per la prima volta: da Rocchetta a Foggia. Ecco l'altra automotrice che risale la collina, mentre noi serpeggiamo tra i viadotti, fino a prendere il rettifilo di pianura: quasi la scena che si vive in partenza da Arth Goldau, ma senza avere in mezzo l'acqua del lago di Zug!

Candela è ora un profilo semi-invisibile, davanti a un cielo solo lievemente segnato di rosa. Sempre più pianura, Ascoli Satriano in cima al suo colle scuro di bosco; scende la sera, ancora calda d'estate. A Cervaro, dopo due giorni, torno a rivedere i fili di una linea aerea.

Dal quaderno di appunti del 28 settembre 2008

Il cielo che si fa scuro a Briga Marittima, l'aria di un freddo ormai pungente, da non sembrare proprio più estate, i campanili, le facciate di un romanico robusto intorno alla piazza; ma c'è un silenzio, una quiete, la voglia di essere notte, ed essere montagna, lontano da ogni altro mondo, ogni altra luce. I miei passi non risuonano nemmeno per i vicoli lastricati, l'odore impercettibile della legna che arde segna l'aria, si mescola alla stessa quiete.

Le ALn 663 ci sono anche loro, e ne ho fatto tesoro: a Breil quella che scende alle 13.45 va sul secondo binario, cioè in luce perfetta, e sosta più che a sufficienza per ogni possibile inquadratura, nel gioco delle esili pensiline, dei due cipressi di sfondo. Poi a Fontan, quella con cui risalgo verso Cuneo arriva per prima e mi lascia tutto il tempo dell'incrocio per fotografarla. Fontan resta per me il luogo più caratterizzante di tutto il Tenda, il "mito" a cui tendere, su cui misurare le giornate, e anche di ciò che vi ho ricavato sono profondamente soddisfatto.

Viaggiare: sì, non c'è confronto; basta un attimo per accorgersi che i finestrini apribili sono un'altra cosa; l'andata sul Minuetto, la Breil - Nizza sulle AGC francesi: belle e confortevoli, ma non posso dire di aver davvero vissuto quella linea, in un certo senso è "passata via", come da un televisore. Invece la rampa della Giandola, quella è tutta un'altra cosa: finisce il rallentamento a 30 e l'ALn 663 comincia a salire, l'aria tersa di sereno, linda e solare, Saorge che compare un attimo di sfondo; poi il cambio di versante, il passaggio della geologia dal calcare alle pietre rosse di Scarassoui, come le si vedono partendo da Fontan, davvero una macchia di colore, già punteggiata dai toni dell'autunno; la sequenza delle gallerie prima dell'elicoidale di Bergue, ancora il campanile di Briga, la rampa fino a Vievola. E a Centallo ti affacci e che cosa vedi? Un mondo di stelle. Prova a cercarle da un Minuetto... Di questi due giorni rimane viva la voglia di un "di più", di un "ancora" per quel legame anomalo e pungente tra la montagna e la sua ferrovia.


 

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