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Quadri di Francesco Dall'Armi

L'alba del trifase.  Nel 1902 venne inaugurata l'elettrificazione in corrente alternata trifase (3600 V) delle linee Lecco-Sondrio e Colico-Chiavenna. Furono le prime ferrovie ad alta tensione al mondo. Il progetto dell'intera infrastruttura era frutto della mente geniale dell'ingegnere ungherese Kálmán Kandó, il quale progettò anche i mezzi di trazione (10 elettromotrici per servizio viaggiatori e 2 locomotive per treni merci), la cui costruzione venne affidata alla Ganz di Budapest. A buon diritto, quindi, le due piccole motrici della serie RA 34 devono essere considerate in assoluto le prime locomotive elettriche ad alta tensione. Si trattava di mezzi snodati a 4 motori e 4 assi, che potevano viaggiare ad una sola velocità prestabilita, 33 km/h (alla frequenza originale di 15 Hz), adatta ai servizi che erano chiamate a svolgere: la trasmissione del moto avveniva attraverso un complesso sistema di bielle articolate interne, è questo un caso unico di locomotiva trifase priva di bielle esterne.

Questo dipinto rappresenta una scena ambientata dalle parti di Dervio, sul Lago di Como, prima del 1905, anno in cui la RA (Rete Adriatica) confluì nelle neonate Ferrovie dello Stato, con conseguente cambio di numerazione dei rotabili. La presenza in cabina di altre persone oltre ai macchinisti (ispettori, ingegneri, tecnici, o forse lo stesso Kandó) fa pensare a una corsa prova, magari precedente l'inaugurazione. Fortunatamente, data la notevole importanza storica, una di queste macchine è giunta fino a noi, e conservata al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano, con la numerazione definitiva FS E.430.001.

Quadri di Francesco Dall'Armi - L'alba del trifase.

 

Veduta di Villa Cipressi a Varenna.  Qualche kilometro più a sud rispetto al quadro precedente è ritratta una delle cinque elettromotrici trifase della serie 32 della Rete Adriatica (321-325 RA, poi E.21-E.25 FS), dotate di prima e terza classe. Altre cinque, appartenenti al gruppo 30, disponevano invece di un salone di sola prima classe (301-305 RA, poi E.1-E.5 FS).

Erano state tutte costruite nel 1901 dalla Ganz di Budapest. Alla frequenza originale di 15 Hz potevano viaggiare a 32 e a 64 km/h: erano dotate di quattro motori, uno per ogni asse, ma curiosamente alla velocità più alta ne rimanevano attivi soltanto due (gli schemi elettrici per sfruttare appieno i motori con tutte le velocità di sincronismo si sarebbero sviluppati nel corso del decennio successivo). Potevano normalmente rimorchiare fino a 180 tonnellate, e in ogni caso la composizione massima ammessa era di 7 vetture a due assi.

Con l'inaugurazione ufficiale, dal 15 ottobre 1902 tutti i treni viaggiatori sulle linee Lecco-Sondrio/Chiavenna furono effettuati con queste elettromotrici. C'era anche un diretto Milano-Sondrio che impiegava 3h 13m e che da Milano a Lecco era trainato da una locomotiva a vapore (elettromotrice compresa). Le cronache dicono che i primi viaggiatori erano intimoriti dall'avere 3000 volt sul capo, ma ben presto il viaggio sulle elettromotrici, soprattutto quelle lussuosissime di prima classe, divenne una moda.

Tra il 1925 e il 1927, a seguito dell'immissione in servizio di nuove locomotive trifase, le elettromotrici vennero demotorizzate e trasformate in carrozze.

Quadri di Francesco Dall'Armi - Veduta di Villa Cipressi a Varenna.

 

Il deposito dei locomotori trifasi.  L'elettrificazione pionieristica in corrente alternata trifase della linea della Valtellina venne estesa nel 1914 alla tratta Lecco-Monza. Non è chiaro il motivo per cui i lavori non procedettero sino a Milano: mancavano infatti solo 12 km (su 130) per attivare la trazione elettrica sull'intero itinerario Milano-Sondrio. Tuttavia, in conseguenza di ciò, a partire dal 1914 tutti i treni della linea Milano-Lecco effettuavano il cambio della locomotiva a Monza, dapprima tra trifase e vapore, successivamente tra trifase e corrente continua. Infatti, per la trazione elettrica della Milano-Monza-Como-Chiasso, attivata nel 1939, si optò per la corrente continua, essendo il trifase ormai tecnicamente superato: il cambio di trazione per i treni della direttrice di Lecco si protrasse quindi fino al 1951, quando anche la Monza-Lecco venne convertita in corrente continua, facendo scomparire definitivamente il trifase dalla scena ferroviaria monzese.

E' comunque curioso notare come siano pochissime le immagini note che documentino i 37 anni - dal 1914 al 1951 - in cui i locomotori trifasi erano di casa a Monza; questo dipinto fa dunque rivivere quel periodo, ritraendo la rimessa a due binari dove le macchine del deposito di Lecco venivano ricoverate: le E.330 per i treni viaggiatori e le E.550 per i merci. L'edificio è tuttora esistente, a fianco della linea per Molteno, ma in stato di abbandono.

La scena può essere ambientata attorno alla metà degli anni '30, quando la colorazione nera ereditata dal vapore cedette il posto al castano e Isabella: a fianco di macchine già riverniciate nella nuova livrea, la E.330.9, a trolley alzati e pronta per prendere servizio, sfoggia ancora, con orgoglio, il suo elegante abito scuro.

Infine ci pare interessante segnalare un corposo articolo apparso sul Cittadino nel febbraio 1914, alla vigilia dell'attivazione della trazione elettrica, che offre un quadro storico assai interessante, partendo dal confronto con il precedente sistema ad accumulatori (sperimentato proprio sulla Milano-Monza nel 1899) ed esaminando gli aspetti tecnici, allora avveniristici, della corrente trifase a 3500 V. L'articolo si conclude immaginando una rapida prosecuzione verso Milano e addirittura l'elettrificazione della Milano-Bergamo. Ma poi la storia andò diversamente.

Quadri di Francesco Dall'Armi - Il deposito dei locomotori trifasi.

 

Locomotore a terza rotaia.  Agli inizi del XX secolo, contemporaneamente alla sperimentazione della corrente alternata sulle ferrovie valtellinesi, la linea Milano-Varese-Porto Ceresio fu il banco di prova per la corrente continua a 650 V, con alimentazione a terza rotaia. La dotazione iniziale di rotabili elettrici era limitata a 20 elettromotrici per il servizio passeggeri, e solo nel 1915 entrarono in servizio 5 locomotive E.320, costruite da OM/TIBB, che all’epoca, con i loro 1500 kW, risultavano essere le più potenti motrici a corrente continua al mondo. Il rodiggio di queste macchine era identico a quello delle "cugine" trifasi, le E.330: tre ruote motrici da 1,5 m di diametro e due assi portanti alle estremità. La carriera di queste locomotive però fu breve: la trasmissione meccanica, caratterizzata dai due grossi bilancieri su cui agivano le bielle motrici inclinate collegate ai motori, era soggetta a frequenti guasti e rotture, che indussero i tecnici a modificare il progetto: le E.320 vennero quindi sostituite dalle E.321, entrate in servizio nel 1923, quasi identiche alle prime ma che adottavano una più collaudata biella triangolare, diventata nel frattempo comune anche per le macchine trifasi.

Delle E.320 si conoscono pochissime foto, e anche i servizi da loro svolti sono poco noti. Sicuramente sostituirono il vapore alla trazione dei servizi merci, ed è in questo ruolo che la E.320.1 è qui immaginata a Porto Ceresio nei primi anni di servizio, mentre si lascia alle spalle il lago di Lugano con le sue nubi temporalesche.

Quadri di Francesco Dall'Armi - Locomotore a terza rotaia.

 

Mattina sul Levante Ligure.   All'Esposizione Universale di Parigi del 1900 l'industria italiana era presente con due locomotive, entrambe di rodiggio 2'C ed entrambe progettate per il traino di treni espressi a 100 km/h. La macchina presentata dalla Rete Adriatica - destinata a diventare la futura FS 670 - si caratterizzava per la curiosa disposizione invertita della caldaia, con la cabina di guida in posizione anteriore, e per tale ragione calamitò l'interesse del pubblico e dei tecnici, mettendo quasi in secondo piano l'altro modello, costruito dall'Ansaldo per conto della Rete Mediterranea e destinato a costituire il futuro gruppo FS 660. La macchina della Rete Mediterranea era più tradizionale, con due cilindi a doppia espansione, prototipo di altre 50 unità che sarebbero entrate in servizio nei tre anni successivi.

Senz'altro le 660 furono tra le più belle locomotive che abbiano percorso i binari italiani, ma sin dai primi anni di servizio manifestarono alcuni limiti, in particolare la difficoltà nell'avviamento dovuta al motore a doppia espansione, e soprattutto la tendenza al serpeggio, che costrinse ad abbassarne la velocità massima, rendendo vano il motivo per cui erano state costruite. Le FS non le ebbero in simpatia, e anzichè cercare di migliorarle, le declassarono a ruoli secondari in area piemontese. Nel 1930 risultavano tutte demolite: con una vita più breve della media, le 660 subivano lo svantaggio di appartentere a una generazione precedente, ormai superata dalla tecnica del surriscaldamento.

Questa veduta ligure è ambientata ai tempi d'oro delle 660, attorno al 1906, quando, prima dell'arrivo delle 680, erano le "prime donne" sulla Tirrenica tra Roma e Genova. Il sole appena sorto illumina la costa dall'interno, nella tratta rocciosa e ricca di gallerie tra La Spezia e Sestri Levante. La 660.003 è stata costruita dalla Maffei di Monaco nel 1901; risulta demolita a Torino nel 1926.

Quadri di Francesco Dall'Armi - Mattina sul Levante Ligure.

 

Mattino d'inverno in Brianza.  Se un mattino d'inverno degli anni '20 un viaggiatore fosse entrato nella stazione di Usmate-Carnate, avrebbe potuto assistere ad una scena come quella qui raffigurata.

La Lecco-Monza era stata da poco elettrificata in trifase, e i merci che la percorrevano erano affidati alle E.550 del deposito di Lecco. Compatte, con le ruote piccole, accuratamente progettate per le linee di valico, queste macchine che soprattutto sui Giovi dimostrarono la netta supremazia della trazione elettrica su quella a vapore, svolsero il loro efficiente servizio anche su una rete caratterizzata da ben modeste pendenze, come quella lombarda.

Anche la 910, che si vede di sfondo mentre si riporta in testa al suo treno appena giunto da Seregno, è una macchina studiata per la montagna. La Rete Sicula l'aveva progettata per svolgere servizio sulla Messina-Palermo, linea acclive caratterizzata dal valico dei Monti Peloritani, ma le FS trasferirono al Nord tutte le unità e le utilizzarono proficuamente sui servizi interurbani, grazie al rodiggio simmetrico 1C1 che rendeva superflua la giratura della locomotiva al capolinea. Trascorsero tutta la loro lunga carriera su linee di pianura, fino all'accantonamento delle ultime unità negli anni '50.

Infine, una curiosità riguardo al nome della stazione: pur essendo topograficamente ubicata all'interno del comune di Carnate, essa presenta il fabbricato viaggiatori rivolto verso l'adiacente paese di Usmate. Soprattutto con la viabilità dell'epoca della costruzione della linea, nel 1873, il paese di Carnate era ben più difficilmente raggiungibile dai viaggiatori. Fu solo nel 1952 che a seguito di una diatriba campanilistica, il nome della stazione venne mutato in quello che conosciamo, Carnate-Usmate.

Infine, come singolare curiosità, è interessante accostare a questo dipinto un ex-voto osservato nel Santuario della Madonna del Bosco di Imbersago (LC): ovviamente il disegno non ha scopi di fedeltà realistica, però è chiaro che, trattandosi di una grazia ricevuta sulla linea Monza-Lecco del 1926, l'ignoto pittore aveva inequivocabilmente in mente una macchina trifase.

Quadri di Francesco Dall'Armi - Mattino d'inverno in Brianza.

 

Il tram al Regio Parco di Monza.  Due vetture ad "imperiale" della società Edison corrono lungo il recinto del Regio Parco di Monza in una splendida giornata autunnale dei primi anni del secolo. Sulla sinistra si nota il binario della tranvia a vapore per Carate, della società Lombardy (The Lombardy Road Railway Company) rimasto in esercizio fino al 1932. Nel 1900 la Edison costruì nelle proprie officine sociali 10 motrici ad imperiale appositamente ideate per la linea tranviaria interurbana Milano-Monza, dotandole di 10 rimorchi quasi identici, ma che si differenziavano da queste in quanto erano realizzati con un solo vestibolo d'entrata centrale con porte a cancelletto anziché d'estremità come sulle elettromotrici.

L'autore si è ispirato a una celebre cartolina ma ha poi animato la scena con personaggi legati alla belle epoque: in particolare l'uomo con la bici è una guardia del Parco con la sua regolare divisa, e non mancano i bambini, che senza dubbio si fiondavano al piano superiore. Anche se quando l'elettrificazione è stata inaugurata si era da poco compiuto il regicidio, che aveva avuto un inevitabile impatto sulla fama del Parco, la gita "fuori porta in tram" era molto ambita dai milanesi, tanto che c'è una copertina della Domenica del Corriere con il tram preso d'assalto in piazza Duomo a Milano.

Quadri di Francesco Dall'Armi - Il tram al Regio Parco di  Monza.

 

Vapore in Riviera.  La Riviera di Ponente senza i fili dell'elettrificazione trifase (attivata nel 1931) è un mondo poco esplorato: vederla addirittura a colori sembra un sogno magico e sorprendente. La 640.041, ancora con numerazione a cinque cifre e tre fanali, transita ai piedi del celebre borgo di Cervo, dominato dalla parrocchiale di San Giovanni Battista. Siamo negli anni '10 e le locomotive 640, realizzate in 169 esemplari nel 1907-1911, sono la versione a semplice espansione e vapore surriscaldato delle 630, di pochi anni precedenti. L'adozione del surriscaldamento, nel primo decennio del '900, aveva infatti reso conveniente l'abbandono della doppia espansione, con beneficio di semplicità costruttiva.

Le 640, allora moderne e veloci, con i loro 100 km/h, erano utilizzate in Riviera per i principali treni viaggiatori; a partire dal 1914 sostituivano a Savona le trifasi E.330, che sfruttavano l'elettrificazione appena attivata tra Genova e Savona. Oggi il mare a destra non si vede più (e in realtà non ci sono nemmeno più i binari, dopo la dismissione della litoranea nel 2016) ma negli anni '10 è realistico immaginare che nessuna costruzione ne impedisse la vista.

Quadri di Francesco Dall'Armi - Vapore in Riviera.

 

Pronti a partire.  Le 310 erano un gruppo di 69 locomotive che le FS ereditarono dalla Rete Mediterranea. Di rodiggio C, erano macchine a doppia espansione, adatte per servizi misti sulle linee di valico.

La scelta di ritrarre proprio questa unità non è casuale: la 068 (Breda, 1901), ex RM 3868 "Pietrafitta", dopo oltre trent'anni di onorato servizio, venne accantonata a metà degli anni '30 in previsione di essere esposta alla mostra retrospettiva per il centenario delle ferrovie italiane, che avrebbe dovuto tenersi nel 1939. Ma i venti di guerra mandarono a monte l’esposizione, e la locomotiva nel 1940 fu demolita. Il dipinto quindi è un omaggio postumo ad un pezzo di storia andato perduto.

In questa scena la 068 con i suoi macchinisti è in attesa del via libera, immersa in un tramonto infuocato. La immaginiamo in testa a un merci nei pressi di uno scalo piemontese, magari Alessandria, dove era di casa, pronta a partire verso Genova attraverso il valico del Turchino, prima che l'elettrificazione trifase di questa tratta (1929) togliesse alle 310, e a molto altro vapore piemontese, motivo di esistere.

Quadri di Francesco Dall'Armi - Pronti a partire.

 

Vecchia Centrale.  Una locomotiva importante per una stazione celeberrima, giunta al suo ultimo decennio di vita. La 690.021 parte dalla vecchia Milano Centrale nei primissimi anni '20. La tettoia metallica venne infatti demolita nel 1923, e, come noto, l'intera stazione venne dismessa nel 1931 (e demolita poco dopo), nel quadro della riorganizzazione del nodo di Milano. Il fabbricato a destra non è il fronte principale della stazione lato città (attuale piazza della Repubblica) ma l'edificio per uffici sul fronte nord. Il treno è dunque in partenza verso est, cioè per Genova, Bologna o Venezia. Le carrozze Centoporte a destra sono in sosta su uno dei due binari tronchi aggiunti negli anni per aumentare la capacità della stazione, dato che i binari passanti erano appena sei, di cui solo quattro con marciapiede. Per lo stesso motivo, all'estremo opposto vennero aggiunti dal lato sud altri binari tronchi (mappa)che, con la dismissione di Milano Centrale, diventarono la nuova stazione di Porta Nuova o delle Varesine (dato che vi partivano i servizi per Varese, a terza rotaia fino al 1951). A sua volta Porta Nuova fu dismessa con la realizzazione dell'attuale Porta Garibaldi.

Le 690 erano grandi locomotive "Pacific" - cioè di rodiggio 2'C1 - realizzate in 33 esemplari nel 1911-14. Penalizzate dall'elevato carico assiale, che ne limitava la circolazione alle linee principali, e da prestazioni non del tutto soddisfacenti, le 690 vennero rimaneggiate già al principio degli anni '30, ottenendo il nuovo Gruppo 691; ora con buone prestazioni, le 691 rimasero in servizio soprattutto sulla Milano-Venezia fino alla sua elettrificazione (1957).

L'autore tiene a precisare che questa inquadratura, ancorché interpretata, è ricavata da una celebre fotografia dello stesso soggetto.

Quadri di Francesco Dall'Armi - Vecchia Centrale.

 

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