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Quadri di Francesco Dall'Armi

Mattina sul Levante Ligure.   All'Esposizione Universale di Parigi del 1900 l'industria italiana era presente con due locomotive, entrambe di rodiggio 2'C ed entrambe progettate per il traino di treni espressi a 100 km/h. La macchina presentata dalla Rete Adriatica - destinata a diventare la futura FS 670 - si caratterizzava per la curiosa disposizione invertita della caldaia, con la cabina di guida in posizione anteriore, e per tale ragione calamitò l'interesse del pubblico e dei tecnici, mettendo quasi in secondo piano l'altro modello, costruito dall'Ansaldo per conto della Rete Mediterranea e destinato a costituire il futuro gruppo FS 660. La macchina della Rete Mediterranea era più tradizionale, con due cilindi a doppia espansione, prototipo di altre 50 unità che sarebbero entrate in servizio nei tre anni successivi.

Senz'altro le 660 furono tra le più belle locomotive che abbiano percorso i binari italiani, ma sin dai primi anni di servizio manifestarono alcuni limiti, in particolare la difficoltà nell'avviamento dovuta al motore a doppia espansione, e soprattutto la tendenza al serpeggio, che costrinse ad abbassarne la velocità massima, rendendo vano il motivo per cui erano state costruite. Le FS non le ebbero in simpatia, e anzichè cercare di migliorarle, le declassarono a ruoli secondari in area piemontese. Nel 1930 risultavano tutte demolite: con una vita più breve della media, le 660 subivano lo svantaggio di appartentere a una generazione precedente, ormai superata dalla tecnica del surriscaldamento.

Questa veduta ligure è ambientata ai tempi d'oro delle 660, attorno al 1906, quando, prima dell'arrivo delle 680, erano le "prime donne" sulla Tirrenica tra Roma e Genova. Il sole appena sorto illumina la costa dall'interno, nella tratta rocciosa e ricca di gallerie tra La Spezia e Sestri Levante. La 660.003 è stata costruita dalla Maffei di Monaco nel 1901; risulta demolita a Torino nel 1926.

Quadri di Francesco Dall'Armi - Mattina sul Levante Ligure.

 

Mattino d'inverno in Brianza.  Se un mattino d'inverno degli anni '20 un viaggiatore fosse entrato nella stazione di Usmate-Carnate, avrebbe potuto assistere ad una scena come quella qui raffigurata.

La Lecco-Monza era stata da poco elettrificata in trifase, e i merci che la percorrevano erano affidati alle E.550 del deposito di Lecco. Compatte, con le ruote piccole, accuratamente progettate per le linee di valico, queste macchine che soprattutto sui Giovi dimostrarono la netta supremazia della trazione elettrica su quella a vapore, svolsero il loro efficiente servizio anche su una rete caratterizzata da ben modeste pendenze, come quella lombarda.

Anche la 910, che si vede di sfondo mentre si riporta in testa al suo treno appena giunto da Seregno, è una macchina studiata per la montagna. La Rete Sicula l'aveva progettata per svolgere servizio sulla Messina-Palermo, linea acclive caratterizzata dal valico dei Monti Peloritani, ma le FS trasferirono al Nord tutte le unità e le utilizzarono proficuamente sui servizi interurbani, grazie al rodiggio simmetrico 1C1 che rendeva superflua la giratura della locomotiva al capolinea. Trascorsero tutta la loro lunga carriera su linee di pianura, fino all'accantonamento delle ultime unità negli anni '50.

Infine, una curiosità riguardo al nome della stazione: pur essendo topograficamente ubicata all'interno del comune di Carnate, essa presenta il fabbricato viaggiatori rivolto verso l'adiacente paese di Usmate. Soprattutto con la viabilità dell'epoca della costruzione della linea, nel 1873, il paese di Carnate era ben più difficilmente raggiungibile dai viaggiatori. Fu solo nel 1952 che a seguito di una diatriba campanilistica, il nome della stazione venne mutato in quello che conosciamo, Carnate-Usmate.

Infine, come singolare curiosità, è interessante accostare a questo dipinto un ex-voto osservato nel Santuario della Madonna del Bosco di Imbersago (LC): ovviamente il disegno non ha scopi di fedeltà realistica, però è chiaro che, trattandosi di una grazia ricevuta sulla linea Monza-Lecco del 1926, l'ignoto pittore aveva inequivocabilmente in mente una macchina trifase.

Quadri di Francesco Dall'Armi - Mattino d'inverno in Brianza.

 

Il tram al Regio Parco di Monza.  Due vetture ad "imperiale" della società Edison corrono lungo il recinto del Regio Parco di Monza in una splendida giornata autunnale dei primi anni del secolo. Sulla sinistra si nota il binario della tranvia a vapore per Carate, della società Lombardy (The Lombardy Road Railway Company) rimasto in esercizio fino al 1932. Nel 1900 la Edison costruì nelle proprie officine sociali 10 motrici ad imperiale appositamente ideate per la linea tranviaria interurbana Milano-Monza, dotandole di 10 rimorchi quasi identici, ma che si differenziavano da queste in quanto erano realizzati con un solo vestibolo d'entrata centrale con porte a cancelletto anziché d'estremità come sulle elettromotrici.

L'autore si è ispirato a una celebre cartolina ma ha poi animato la scena con personaggi legati alla belle epoque: in particolare l'uomo con la bici è una guardia del Parco con la sua regolare divisa, e non mancano i bambini, che senza dubbio si fiondavano al piano superiore. Anche se quando l'elettrificazione è stata inaugurata si era da poco compiuto il regicidio, che aveva avuto un inevitabile impatto sulla fama del Parco, la gita "fuori porta in tram" era molto ambita dai milanesi, tanto che c'è una copertina della Domenica del Corriere con il tram preso d'assalto in piazza Duomo a Milano.

Quadri di Francesco Dall'Armi - Il tram al Regio Parco di  Monza.

 

Vapore in Riviera.  La Riviera di Ponente senza i fili dell'elettrificazione trifase (attivata nel 1931) è un mondo poco esplorato: vederla addirittura a colori sembra un sogno magico e sorprendente. La 640.041, ancora con numerazione a cinque cifre e tre fanali, transita ai piedi del celebre borgo di Cervo, dominato dalla parrocchiale di San Giovanni Battista. Siamo negli anni '10 e le locomotive 640, realizzate in 169 esemplari nel 1907-1911, sono la versione a semplice espansione e vapore surriscaldato delle 630, di pochi anni precedenti. L'adozione del surriscaldamento, nel primo decennio del '900, aveva infatti reso conveniente l'abbandono della doppia espansione, con beneficio di semplicità costruttiva.

Le 640, allora moderne e veloci, con i loro 100 km/h, erano utilizzate in Riviera per i principali treni viaggiatori; a partire dal 1914 sostituivano a Savona le trifasi E.330, che sfruttavano l'elettrificazione appena attivata tra Genova e Savona. Oggi il mare a destra non si vede più (e in realtà non ci sono nemmeno più i binari, dopo la dismissione della litoranea nel 2016) ma negli anni '10 è realistico immaginare che nessuna costruzione ne impedisse la vista.

Quadri di Francesco Dall'Armi - Vapore in Riviera.

 

Pronti a partire.  Le 310 erano un gruppo di 69 locomotive che le FS ereditarono dalla Rete Mediterranea. Di rodiggio C, erano macchine a doppia espansione, adatte per servizi misti sulle linee di valico.

La scelta di ritrarre proprio questa unità non è casuale: la 068 (Breda, 1901), ex RM 3868 "Pietrafitta", dopo oltre trent'anni di onorato servizio, venne accantonata a metà degli anni '30 in previsione di essere esposta alla mostra retrospettiva per il centenario delle ferrovie italiane, che avrebbe dovuto tenersi nel 1939. Ma i venti di guerra mandarono a monte l’esposizione, e la locomotiva nel 1940 fu demolita. Il dipinto quindi è un omaggio postumo ad un pezzo di storia andato perduto.

In questa scena la 068 con i suoi macchinisti è in attesa del via libera, immersa in un tramonto infuocato. La immaginiamo in testa a un merci nei pressi di uno scalo piemontese, magari Alessandria, dove era di casa, pronta a partire verso Genova attraverso il valico del Turchino, prima che l'elettrificazione trifase di questa tratta (1929) togliesse alle 310, e a molto altro vapore piemontese, motivo di esistere.

Quadri di Francesco Dall'Armi - Pronti a partire.

 

Vecchia Centrale.  Una locomotiva importante per una stazione celeberrima, giunta al suo ultimo decennio di vita. La 690.021 parte dalla vecchia Milano Centrale nei primissimi anni '20. La tettoia metallica venne infatti demolita nel 1923, e, come noto, l'intera stazione venne dismessa nel 1931 (e demolita poco dopo), nel quadro della riorganizzazione del nodo di Milano. Il fabbricato a destra non è il fronte principale della stazione lato città (attuale piazza della Repubblica) ma l'edificio per uffici sul fronte nord. Il treno è dunque in partenza verso est, cioè per Genova, Bologna o Venezia. Le carrozze Centoporte a destra sono in sosta su uno dei due binari tronchi aggiunti negli anni per aumentare la capacità della stazione, dato che i binari passanti erano appena sei, di cui solo quattro con marciapiede. Per lo stesso motivo, all'estremo opposto vennero aggiunti dal lato sud altri binari tronchi (mappa)che, con la dismissione di Milano Centrale, diventarono la nuova stazione di Porta Nuova o delle Varesine (dato che vi partivano i servizi per Varese, a terza rotaia fino al 1951). A sua volta Porta Nuova fu dismessa con la realizzazione dell'attuale Porta Garibaldi.

Le 690 erano grandi locomotive "Pacific" - cioè di rodiggio 2'C1 - realizzate in 33 esemplari nel 1911-14. Penalizzate dall'elevato carico assiale, che ne limitava la circolazione alle linee principali, e da prestazioni non del tutto soddisfacenti, le 690 vennero rimaneggiate già al principio degli anni '30, ottenendo il nuovo Gruppo 691; ora con buone prestazioni, le 691 rimasero in servizio soprattutto sulla Milano-Venezia fino alla sua elettrificazione (1957).

L'autore tiene a precisare che questa inquadratura, ancorché interpretata, è ricavata da una celebre fotografia dello stesso soggetto.

Quadri di Francesco Dall'Armi - Vecchia Centrale.

 

Veduta del Bargate a Southampton  La prima tramvia elettrica di Southampton (UK) venne inaugurata nel 1900. La rete vide il suo massimo sviluppo negli anni precedenti la Seconda Guerra Mondiale, con 22 km di linee e un centinaio di vetture circolanti. I tram, tutti a 2 assi e a scartamento ordinario, avevano originariamente il piano superiore scoperto, ma nel corso degli anni vennero dotati di tetto chiuso, di sagoma tale da poter passare, di misura, attraverso il Bargate, l'edificio medievale che costituiva l'unica via di accesso al centro cittadino.

Il dipinto è ambientato negli anni '30, quando la demolizione di alcuni edifici permise di evitare il senso unico alternato sotto il Bargate, che era causa di notevoli aggravi del traffico. Pochi anni dopo, la demolizione della città vecchia fu portata a termine dai bombardamenti aerei della Luftwaffe. Il Bargate fu uno dei pochi edifici a restare in piedi.

L'ultimo tram circolò a Southampton nel 1949, ma fortunatamente alcune vetture sono state preservate.

Quadri di Francesco Dall'Armi - Veduta del Bargate a Southampton

 

Tram STEL al deposito di Monza Borgazzi.  Il deposito tramviario di Monza venne aperto dalla STEL (Società Trazione Elettrica Lombarda) nel 1924. In questa immagine vi è ritratta una delle "littorine" costruita da OEFT nel 1936 e destinate al servizio sulla linea per Milano. Queste elettromotrici, di concezione molto moderna per l'epoca, nel 1939 passarono all'ATM che sostituì la loro caratteristica livrea bianca con il tradizionale colore verde.

L'ultimo tram circolò a Monza nel 1966, e da allora il deposito Borgazzi è stato utilizzato per il ricovero degli autobus. Le ultime "littorine" ATM prestarono servizio fino al 1999 sulla linea Milano-Milanino.

Quadri di Francesco Dall'Armi - Tram STEL al deposito di Monza Borgazzi.

 

Merci in transito.  Le locomotive del Gruppo 421 erano 48 macchine di costruzione prussiana (ex gruppo G7), pervenute in Italia nel 1919 in conto danni di guerra. Le ferrovie prussiane ne avevano costruite oltre 2600 unità nell'arco di oltre vent'anni (la prima era del 1892): da ciò si può capire l'affidabilità del progetto. Si trattava di macchine di rodiggio D, cioè a 4 assi motori accoppiati, adatte ai treni merci, che presso le Ferrovie dello Stato rimasero in servizio sino all'inizio della seconda guerra mondiale. Nel 1920 erano assegnate al deposito di Milano Lambrate, ed è quindi logico immaginarne una a Melzo, lungo la linea per Venezia. L'unità 013 (in origine Magdeburg 4455) appartiene alla serie ex G7.1 a vapore saturo, ma il Gruppo includeva anche macchine ex G7.2 che sfruttavano la tecnica, allora nuova, del vapore surriscaldato.
Quadri di Francesco Dall'Armi - Merci in transito.

 

STANIER 8F.  Nella storia delle locomotive a vapore, le britanniche 8F sono considerate le migliori macchine da merci del Regno Unito, e sicuramente tra le migliori al mondo. Secondo l'uso anglosassone, prendono il nome dal progettista, Sir William Arthur Stanier (1876-1965), mentre il n. 8 indica il gruppo di potenza e la lettera F sta per merci. Ne sono state costruite oltre 900 tra il 1935 e il 1945, e almeno 200 di esse, in carico al War Department, nel 1941 furono inviate via nave nei paesi del mediterraneo orientale, per i trasporti militari legati al conflitto in corso. Si trattava principalmente di macchine funzionanti a olio combustibile, un prodotto di facile reperibilità nell'area interessata. Quindici di esse arrivarono in Italia nel 1944, provenienti dall'Egitto, al fine di affiancare le truppe inglesi nell'avanzata verso Nord lungo il versante adriatico della penisola.

Finita la guerra rimasero in Italia, immatricolate nel gruppo FS 737, e prestarono servizio ancora per una decina d'anni, sempre lungo la dorsale adriatica. Nonostante fossero macchine da merci pesanti, potevano raggiungere gli 80 km/h e per tale ragione vennero impiegate anche per servizi viaggiatori. Anche se molto apprezzate dai ferrovieri italiani, vennero tutte demolite nel 1956, una scelta che appare piuttosto inspiegabile, trattandosi di macchine che non avevano ancora compiuto vent'anni. Nel Regno Unito ne troviamo tuttora alcune in servizio sulle ferrovie turistiche, alcune altre sono sopravvissute in Turchia e una persino in Iraq.

Il dipinto ritrae la FS 737.009 (Vulcan Foundry, 1936), ex LMS 8032, ex WD 70.585, mentre, passata la bufera bellica, transita sotto il pittoresco borgo di Gradara, nelle Marche, al traino di un treno viaggiatori con in composizione una nuovissima (all'epoca) vettura "Corbellini". La linea Bologna-Ancona era stata elettrificata già nel 1939, ma data la penuria di locomotive in grado di marciare, nel dopoguerra le ferrovie cercavano di garantire il servizio utilizzando senza distinzione i pochi mezzi disponibili. Non ci risultano immagini delle 737 in servizio in Italia, nemmeno in bianco e nero: a settant'anni di distanza, una 737 si svela dunque in questo quadro, addirittura a colori, accostando in modo inconsueto la forma inglese della macchina alla livrea prettamente italiana delle carrozze.

Quadri di Francesco Dall'Armi - STANIER 8F.

 

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