Gr. 530 (1881-86, 72 unità). Il rodiggio 2'B, con ruote motrici di grandi dimensioni (diametro 1830 mm) ci porta alle macchine veloci della seconda metà dell'800. Queste locomotive furono le ultime destinate alle Strade Ferrate Romane e anche le prime progettate dall'Ufficio Studi di Firenze, costituito nel 1880 dalla Società Italiana per le Strade Ferrate Meridionali, quella che di lì a poco, con la riorganizzazione del 1885, sarebbe diventata la Rete Adriatica. Vennero costruite da Borsig, Ansaldo ed Henschel e furono classificate inizialmente 801-848 (le prime unità, che fecero in tempo ad entrare in servizio ancora per le Strade Ferrate Romane), poi 1501-1572 dalla Rete Adriatica. Diventarono infine le 5301-5372 nella numerazione originale a quattro cifre delle FS, con una breve parentesi intermedia in cui vennero classificate 540 (un intricato cambio di numerazioni nel corso degli anni è una caratteristica comune a molte macchine ottocentesche). Raggiungevano gli 85 km/h e avevano una distribuzione Stephenson esterna (se ne vedono i grandi eccentrici traforati, sulla prima ruota motrice). Alcune unità erano dotate di tender a due assi, di minore capienza. Scomparvero nella seconda metà degli anni Venti. In origine erano dotate di forno Belpaire, riconoscibile per la sommità piana, ma le FS lo rimpiazzarono con un normale forno con la sommità arrotondata. La 5316 venne costruita dalla Borsig di Berlino nel 1881 come RA 1502, ma è qui disegnata nello stato finale presso le FS, e quindi con il forno definitivo e il tender a tre assi. Il finestrino laterale è invece comune con le locomotive del gruppo RA 3301 (future 206 FS), prima che la stessa RA elaborasse una cabina di foggia più lineare ed elegante, senza questo finestrino. |
Gr. 650 (1884-96, 55 unità). Nel 1884, quando venne alla luce il primo esemplare di questo gruppo, realizzato dalle Officine di Torino della SFAI, si trattò di una novità di rilievo: la prima locomotiva in Europa di rodiggio 2'C, e anche la prima progettata da Cesare Frescot, che dirigerà la scuola di Torino fino al principio del nuovo secolo. I successivi 54 esemplari si diluirono tra il 1887 e il 1896, costruiti da Ansaldo, Miani e Silvestri e dalla Maffei di Monaco. Presso la Rete Mediterranea erano classificate da 3001 a 3055 e divennero poi le 6501-6555 delle FS. Con una velocità massima di 80 km/h, erano state pensate in primo luogo per la nuova linea "Succursale", ovvero la seconda linea che valicava l'Appennino dalla Pianura Padana verso Genova, inaugurata nel 1889 con pendenza sensibilmente minore di quella cavouriana (16 per mille contro 35). Le 650 avevano distribuzione esterna Gooch e forno superiormente cilindrico (in luogo del forno Belpaire fino ad allora in uso a Torino). Gli ultimi esemplari arrivarono agli anni '20 e nessuno è stato conservato, che per una macchina di rilievo tecnico, storico ed estetico come questa è decisamente un peccato... Il disegno si riferisce in particolare all'unità 6533, costruita da Ansaldo di Sampierdarena nel 1889, già RM 3033, intitolata al poeta Arnaldo Fusinato, scomparso l'anno prima. |
Gr. 552 (1899-1900, 36 unità). Le 36 locomotive, classificate presso la Rete Adriatica come gruppo 180 bis, rappresentano l'evoluzione finale del modello a due assi accoppiati, per i servizi viaggiatori rapidi. Costruite da Breda e Ansaldo e inizialmente numerate da 1865 a 1900, con la costituzione delle FS andarono a formare il gruppo 552. Erano una versione migliorata e potenziata delle precedenti 550, sempre della Rete Adriatica, e potevano raggiungere i 100 km/h, anche grazie alle ruote di ben 1920 mm di diametro; l'uso del vapore saturo a semplice espansione, la distribuzione Stephenson interna e vari altri dettagli costruttivi, come ad esempio i contrappesi delle ruote a settore circolare, ne rivelano la concezione ottocentesca. Inizialmente destinate ai treni più prestigiosi, già negli anni '30 erano state concentrate in Veneto, al deposito di Verona. L'ultima unità del gruppo, che era dunque l'ultima locomotiva di rodiggio 2'B costruita in Italia, terminò il servizio a Treviso nel 1946. E' stata poi conservata ed è oggi esposta al Museo della Scienza di Milano, unico esemplare sopravvissuto della famiglia di macchine veloci di fine '800. |
Gr. 290 (1899-1913, 338 unità). Progettate sin dal 1899 dalla Rete Adriatica, erano macchine a tre assi, a semplice espansione e vapore saturo, di foggia ancora ottocentesca. Si trattava dell'ultimo stadio evolutivo dell'ampia famiglia delle Bourbonnais - cioè appunto le locomotive di rodiggio C - e precisamente di una evoluzione del Gruppo 270 (350 RA). Le prime 112 unità, costruite entro il 1904, entrarono in servizio come 3631-3742 RA, ma le FS inclusero anche le 290 all'interno dei tipi unificati di locomotive a vapore della nuova amministrazione statale, e ne proseguirono quindi la costruzione fino a un totale di ben 338 esemplari. E' significativo pensare che quando usciva di fabbrica l'ultima 290, nel 1913, erano già nate le prime 685, macchine concettualmente ed esteticamente ben più moderne. Le prime 30 unità vennero accoppiate a piccoli tender a due assi, per potersi girare anche sulle piattaforme di minore lunghezza, ma forse l'elemento più saliente delle 290 è proprio il nuovo tender a tre assi da 12 metri cubi d'acqua e 7 ton di carbone, che venne introdotto nel 1901 e diventò poi uno standard per le FS. Le 290 vennero radiate entro gli anni '50, ma l'unica unità sopravvissuta, la 290.319, viene ricordata per essere stata la prima macchina portata al museo di Pietrarsa nel 1982. |
Gr. 671 (1900, trasformazione 1921-37, 29 unità). Nel 1900 il celebre progettista Giuseppe Zara realizzò la prima locomotiva a doppia espansione della Rete Adriatica, utilizzando il motore di tipo Plancher (cilindro ad alta pressione da un lato e a bassa pressione dall'altro). La struttura era anticonvenzionale e non passava inosservata: la macchina era infatti disegnata "al contrario", con la cabina, di tipo chiuso, in posizione anteriore, poggiata insieme al forno su un carrello portante a due assi, mentre la caldaia, alle sue spalle, poggiava sui tre assi accoppiati. Il carbone era stivato a fianco del forno, come sulle locotender; per le scorte d'acqua si utilizzava invece un vero e proprio carro serbatoio, con cisterna cilindrica. La cabina frontale avrebbe dovuto proteggere il personale dal fumo e dare migliore visibilità sulla linea, ma in realtà all'atto pratico si preferì tornare alla soluzione tradizionale per tutte le realizzazioni successive. Negli anni '20 oltre metà del Gruppo fu trasformato a vapore surriscaldato, seguendo l'evoluzione tecnologica di quegli anni e creando il nuovo Gruppo 671, ma sia le 670, sia le 671 uscirono di scena entro il 1940, e nessuna è oggi sopravvissuta. |
Gr. 660 (1900-04, 51 unità). Le 660 nacquero come gruppo RM 3100: furono progettate a Torino per la Rete Mediterranea negli anni immediatamente precedenti la nascita delle FS. Il primo esemplare, inizialmente classificato RM 3151 e costruito da Ansaldo, partecipò all'Esposizione Universale di Parigi del 1900. Le successive macchine vennero prodotte dalla Maffei di Monaco, dalle OM di Milano, dalle Costruzioni Meccaniche di Saronno e infine dalla Hawthorn-Guppy di Napoli. Coerentemente con la tecnica dell'epoca, erano macchine a vapore saturo e doppia espansione, a due cilindri esterni (uno ad alta pressione e uno a bassa), con distribuzione Walschaerts. Il rodiggio 2'C con ruote da 1830 mm di diametro le destinava al servizio viaggiatori, per cui potevano sviluppare la velocità massima di 90 km/h. La caldaia aveva due differenti diametri, con un elemento di transizione conico in corrispondenza del duomo. Il disegno riproduce la 660.038 con numerazione originale a quattro grandi cifre in bronzo e con tre fanali anteriori, quindi nei primissimi anni dopo il passaggio alle FS. Le 660, rapidamente superate dalla tecnica del surriscaldamento del vapore, scomparvero negli anni '30. |
Gr. 750 (1902-06, 40 unità). Anche le 750 erano macchine dell'ufficio studi di Torino, progettate prima del passaggio alle FS. Delle 40 totali, le prime 30, costruite da Ansaldo e Breda, arrivarono ancora alla Rete Mediterranea, dove costituirono il gruppo 4500. Le ultime 10, di costruzione OM, vennero invece consegnate alle neonate FS nel 1906.Con questo gruppo la Rete Mediterranea contava di migliorare il servizio sull'importante linea Succursale dei Giovi, sia per i passeggeri, sia per i merci - rispettivamente 150 ton a 45 km/h e 500 ton a 20 km/h - permettendo di coprire il percorso Genova-Ronco senza rifornimenti intermedi e senza pulire la griglia. Per quest'ultimo aspetto giocava a favore il forno Wotten di concezione americana con focolare largo. Per il resto, anche queste macchine confermavano la tecnica della doppia espansione a due cilindri e distribuzione Walschaerts. Avevano una velocità massima di 60 km/h, e le ultime 10 con caldaia potenziata furono anche le prime macchine italiane a toccare la potenza di 1000 CV (735 kW). La storia ci racconta come finì la corsa: appena una decina d'anni dopo, proprio sui Giovi, si rivoluzionò la ferrovia con l'adozione della trazione elettrica trifase, e l'esercizio sulle difficili linee di montagna cambiò per sempre. |
Gr. 320 (1904-07, 201 unità). Le 320 furono un Gruppo di ampia diffusione, sviluppato dalla Rete Mediterranea, che nel 1904 mise in servizio i primi 59 esemplari, classificati 3601-3659. Dopo la costituzione delle FS, tra il 1906 e il 1907, arrivarono le restanti unità. Erano macchina a vapore saturo e doppia espansione, a quattro cilindri, con distribuzione Walschaerts e un diametro delle ruote intermedio, che permetteva di raggiungere i 65 km/h e le rendeva adatte sia ai servizi viaggiatori, sia a quelli merci. Negli anni '30, l'ultimo decennio che le vide in servizio, si trovavano nel Nord-Ovest (Novara, Genova Rivarolo, Savona e Ventimiglia), a Roma e a Civitavecchia. È interessante confrontare la potenza delle macchine a vapore di questa generazione con le prime locomotive trifasi che nascevano negli stessi anni: le 320 avevano una potenza di 570 cavalli, ovvero circa 420 kW. Le primissime E.430 del 1901 sviluppavano una potenza oraria di 440 kW, cioè pressoché identica, ma già le E.360 - le trifasi del Sempione, del 1904 - raggiungevano i 600 kW, che sarebbero saliti a 1500 con le celebri E.550 del 1908: nel giro di meno di un decennio, la locomotiva trifase aveva più che triplicato la sua potenza, racchiudendola in una forma compatta, persino meno ingombrante delle piccole 320. |
Gr. 720 (1906, 10 unità). Appena costituite, le FS provarono a giocare la carta della produzione americana: locomotive rapidamente disponibili, e utili anche a scopo di confronto. Dieci macchine per treni merci del Gruppo 720 furono consegnate dalla Baldwin di Filadelfia nel 1906, seguite l'anno successivo da altre dieci per treni passeggeri (gruppo 666). Entrambe erano a vapore saturo (le 666 anche a doppia espansione) e introdussero tra l'altro un nuovo tender a carrelli che qualche anno più tardi sarebbe diventato la base per il classico modello FS. Le 666 e le 720 furono dismesse negli anni '30 e nessun esemplare è sopravvissuto. |
Gr. 666 (1907, 10 unità). Ecco dunque la 666, versione passeggeri del costruttore americano Baldwin, arrivata anch'essa in 10 esemplari, quasi insieme alle 720 che abbiamo appena visto. In questo caso si tratta di macchine a doppia espansione a 4 cilindri, distribuzione Stephenson e tre grandi ruote motrici, con un carrello portante anteriore. La velocità massima di 110 km/h era persino eccessiva per l'epoca, superiore a quella della maggior parte delle linee, mentre il carico assiale di 16 ton era sufficientemente contenuto da non dare molti problemi di circolabilità. L'autore ha arricchito il disegno con le figure del macchinista e del fuochista. |
Foto 4-13/46 ^ Indice ^ Pag. successiva >>