Gr. 471 (1918, 130 unità). Con l'evoluzione tecnologica che aveva imposto la tecnica del surriscaldamento, nel giro di pochi anni, la larga maggioranza delle 470 venne trasformata a vapore surriscaldato. Con l'occasione la cabina venne ricostruita nella foggia normale aperta, abbinando un tender tradizionale. In questa forma le 471 sono rimaste in servizio fino agli anni '60, sia in Sicilia, sia nell'Italia centrale (depositi di Foligno, Fabriano e Sulmona). |
Gr. 688 (1909-16, 28 unità ex kkStB 429). Un mondo a parte è quello delle locomotive a vapore arrivate in Italia come risarcimento bellico negli anni seguenti la Grande Guerra, sia dalla Germania sia dall'ormai dissolto impero austriaco. Si trattava di un gran numero di gruppi, spesso di rilevante qualità, anche se il ridotto numero di esemplari per gruppo e la differente scuola costruttiva resero relativamente breve la carriera italiana di molte di queste macchine. Il gruppo 688 andò a comprendere 28 unità provenienti dalle Ferrovie imperial-regie dello Stato austriaco (kkStB) dove erano classificate come 429. Erano locomotive a doppia espansione, secondo la tecnica di fine ottocento, ma già con l'innovazione novecentesca del vapore surriscaldato; avevano due cilindri, salvo due unità di una differente serie costruttiva, a quattro cilindri. Negli anni '30 erano ripartite tra Venezia e Trieste. Un totale di 7 o 9 unità (secondo le fonti) finirono in Jugoslavia dopo la seconda guerra mondiale, costituendo il gruppo JZ 106, mentre alcune altre tornarono in Austria nel 1950-51 (probabilmente senza essere rimesse in esercizio). Le unità italiane vennero radiate entro il 1952. Tra i vari dettagli, la forma della cabina è quella che rivela in modo più marcato la scuola austriaca. |
Gr. 625 (1910-22, 188 unità). Con questa e le prossime tre macchine, ci occupiamo di una delle famiglie più diffuse e significative del parco a vapore FS. Dobbiamo tornare poco prima della nascita delle FS (1905) per incontrare la loro progenitrice, la 600, ideata da Giuseppe Zara (1856-1915), celebre progettista della Rete Adriatica. Si trattava di una macchina a vapore di taglia relativamente piccola, con rodiggio 1C, "carrello italiano" anteriore (ideato dallo stesso Zara), cilindri interni, ruote da 1510 mm di diametro, adatte per servizi misti, e velocità di 80 km/h. Secondo la tecnica del tempo, il motore era a vapore saturo, ma solo pochi anni più tardi, l'introduzione del surriscaldamento fece evolvere le 600 nel nuovo Gruppo 625, mantenendone per il resto le linee di base. Le 625 hanno vissuto tutto il '900 fino alla scomparsa del vapore regolare, a metà anni '70, e anche oltre, essendo tutt'oggi attive in alcuni esemplari, come mezzi storici. |
Gr. 625 Caprotti (1904-10, 153 unità ex 600, trasformate 1929-33). Sul finire degli anni '20, completata la costruzione delle nuove 625, si rinnovarono le precedenti 600, trasformandole anch'esse a vapore surriscaldato e dotandole della nuova distribuzione a valvole, sistema Caprotti. Quest'ultima cosa, che eliminava la tradizionale distribuzione Walschaerts, rendeva il biellismo visibile particolarmente semplice, quasi spoglio, dal momento che già mancava la normale biella motrice esterna, a causa dei cilindri interni sin dall''origine. Le 600 trasformate furono classificate anch'esse come 625, con il numero originale aumentato di 300. Un'eredità della locomotiva d'origine fu la cabina di guida, che presentava l'antico profilo inferiore curvilineo, inglobante i gradini di salita, in luogo del profilo orizzontale con scaletta unificata, diffusosi in seguito. |
Gr. 640 (1907-11, 169 unità). Poco dopo le 600, con le FS appena costituite, nacquero le 630, versione più spiccatamente passeggeri, con ruote da 1850 mm di diametro e velocità di 100 km/h. Analogamente all'evoluzione da 600 a 625, di cui abbiamo appena detto, di lì a poco dalle 630 a vapore saturo si derivò la versone a vapore surriscaldato, classificata 640. Anche le 640 hanno vissuto intensamente e diffusamente tutto il '900 a vapore italiano, terminando la carriera regolare a metà anni '70 con gli ultimi servizi a vapore lungo la vasta rete piemontese non elettrificata, da Cuneo alle Langhe e al Monferrato; anche per le 640 alcuni esemplari sono tuttora attivi nel parco storico. L'autore aveva fotografato proprio l'unità 048 a Mantova nel 1974. |
Gr. 640 Caprotti (1906-08, 15 unità ex 630, trasformate c.1930). La trasformazione di alcune 630 in 640 con distribuzione Caprotti si ripropone - sia pure per un minor numero di esemplari - come l'abbiamo già vista per le 600 diventate 625 Caprotti. Anche in questo caso il numero di origine fu aumentato di 300, mentre per variare qualche dettaglio, l'autore propone la 640 Caprotti con il ruotino anteriore pieno anziché a raggi. |
Gr. 685 (1912-27, 241 unità). Le 685 sono considerate le meglio riuscite tra le locomotive per servizio passeggeri delle ferrovie italiane; un carico assiale che non superava le 15,8 tonnellate permetteva loro di viaggiare ovunque, anche all'inizio del secolo, quando pochissime linee ammettevano un carico superiore. Con il passare degli anni, le 685 sono state usate un po' in tutta Italia, sebbene le nuove elettrificazioni ne abbiano man mano ridotto il campo di azione; in particolare, le 685 fecero servizio fino alla fine dell'epoca del vapore sulla Milano-Torino, ultima tra le linee principali a venire elettrificata, nel 1961. Nel 1965, una 685 trainò l'ultimo treno regolare a vapore in partenza da Milano Centrale (verso Mortara e Alessandria). Più tardi, le 685 furono alla testa del treno internazionale "Adria Express" da Rimini a Ferrara, fino al 1967, e infine effettuarono treni locali facenti capo ai depositi di Cremona, Cassino e Udine, fino al 1975. |
Gr. S 685 (1931-34, 50 unità). Una volta realizzate con ottimi risultati le locomotive del Gruppo 685, a semplice espansione e vapore surriscaldato, le FS si trovarono il problema di gestire la generazione di macchine immediatamente precedente, a vapore saturo e doppia espansione, rese superate dall'innovazione del surriscaldamento. Tra queste, vi erano le 151 unità del Gruppo 680 degli anni 1907-11, che vennero progressivamente trasformate in 685. In particolare un lotto di 50 esemplari, oltre al surriscaldamento, ricevette anche la nuova distribuzione a valvole Caprotti (da cui il biellismo esteticamente molto più semplice), andando a rappresentare l'evoluzione finale del progetto delle 680/685. Per distinguerle dalle altre macchine, vennero classificate S 685, dove la S stava per "speciale", e vennero utilizzate soprattutto sulla Milano-Venezia fino all'elettrificazione del 1957. Rispetto alle macchine nate come 685, tutte le ex 680 si riconoscono per avere due duomi anziché uno (quello anteriore è in realtà la sabbiera). La S 685.600, millesima locomotiva costruita da Breda, è conservata nel Museo della Scienza e Tecnologia di Milano. La distribuzione Caprotti, che aveva effetti positivi sul rendimento energetico, fu inizialmente sperimentata nel 1923 su quattro 685 della serie .700 e quindi utilizzata sia per le nuove costruzioni (trenta 685 di quinta serie, così come altri gruppi, quali le 746 e le 744), sia per la ricostruzione di vecchie locomotive a doppia espansione: oltre a queste 680, anche le 600 e 630 trasformate rispettivamente in 625 e 640, e altre ancora. |
685.410 a turbina (1933, esemplare unico). Nel 1933 si sperimentò sull'unità 410 un motore a turbina secondo il progetto dell'ing. Belluzzi. Purtroppo la turbina, che per sua natura ottiene il massimo rendimento solo in un ristretto campo di velocità, si rivelò del tutto inadatta alla trazione ferroviaria, e la 685.410 non andò oltre una breve e sfortunata sperimentazione. Venne poi riconvertita con il motore a stantuffi concludendo la carriera come una normale 685. |
Gr. 672 Franco-Crosti carenata (1936, esemplare unico). L'altro esperimento degli anni '30, di successo e "discendenza" ben maggiore, fu il sistema di preriscaldamento di Attilio Franco, che dopo un primo esperimento in Belgio nel 1932, venne portato a compimento in Italia nel 1937 sotto la direzione di Pietro Crosti, tanto che le locomotive divennero universalmente note come "Sistema Franco Crosti". Come prototipo si scelse la 670.030, una delle unità del peculiare gruppo a cabina anteriore, di cui abbiamo già incontrato le derivate 671. Le 670 erano state dismesse poco prima ed erano pertanto disponibili per l'esperimento, che venne eseguito presso le Officine Reggiane. La macchina venne rinumerata 670.001 e fu dotata di una carenatura aerodinamica - la prima tra le vaporiere FS - che, combinata con la cabina anteriore e prolungata fino al tender, andava a creare una sagoma davvero curiosa, imponente e quasi grottesca. |
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